Covid, Todisco: la crescita dei contagi? Essere responsabili per evitare il collasso – IL CIRIACO

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«Ognuno di noi è chiamato a tenere comportamenti responsabili per sé e per la comunità. Con una tale diffusione del contagio, bisogna ridurre al minimo indispensabile le relazioni sociali. Se crescono i contagi, crescono le ospedalizzazioni e il sistema sanitario collassa».

Anna Todisco, ex direttore di Microbiologia e Virologia dell’ospedale “San Giuseppe Moscati”, a tutto campo sulla seconda ondata Covid.

In molti dicono che gli sforzi e i sacrifici di primavera sono stati vanificati dal “liberi tutti” estivo, altri invece addossano la recrudescenza dei contagi alla riapertura delle scuole e ad un sistema trasporti inadeguato. Qual è la verità?

«La verità è molto variegata perché il problema che abbiamo di fronte è molto complesso. A questa seconda ondata hanno contribuito una serie di fattori, certamente gli assembramenti estivi, la decisione complessa di riaprire le scuole provando a bilanciare un problema di tipo sanitario con uno di tipo sociale, mezzi pubblici non sempre all’altezza della situazione. Purtroppo però la seconda ondata sta nella storia naturale delle pandemie virali, quasi sempre dovute al fatto che i virus non si spengono mai nel breve tempo, a meno che non ci sia un rimedio efficace e veloce che non può esserci per Sars Cov2 visto che non era conosciuto prima. Ma non mi appassiona la ricerca delle responsabilità o di quei comportamenti che hanno contribuito a rianimare il virus. Credo che in questo momento non bisogna perdere di vista il nemico, che è il Covid, e ognuno deve provare, per le sue competenze, a dare un contributo a trovare soluzioni rispetto a quella che è la situazione attuale. Fomentare la caccia agli untori o agli irresponsabili, genera solo rabbia e disillusione nelle persone che, invece, hanno bisogno di messaggi di speranza chiaramente avallati da dati scientifici».

Viaggiamo ormai sui 30mila contagi nazionali, 3mila regionali e oltre cento provinciali al giorno. Bastano le attuali restrizioni per frenare la diffusione del virus?

«Sono tentativi anche estremi per poter in qualche modo bilanciare l’emergenza sanitaria con quella economica. Ma si tratta di decisioni politiche che vengono prese anche e soprattutto con l’ausilio di un comitato tecnico scientifico di cui fanno parte professionalità di tutto rispetto. Parliamo di disposizioni talmente complesse che diventa difficile dirsi d’accordo o contro su due piedi. Dal punto di vista scientifico, ho certamente condiviso la lettera appello al Governo firmata da dieci accademici di tutto rispetto (tra loro Andrea Crisanti ndr), che indicavano alcune misure mirate su tracciamento, studi analitici e statistici per capire dove effettivamente si rinfocolavano i contagi. Ma, ripeto, siamo in un quadro talmente complesso che nessuno può ergersi a giudice».

Stando ai report ufficiali la maggior parte dei positivi è di asintomatici o paucisintomatici. Questo deve tranquillizzare o no rispetto alla capacità di trasmissione del virus e dei danni che può comportare?

«Covid 19 è un virus parzialmente aggressivo che colpisce in modo più violento alcune fasce di età o persone più deboli, ma quando i contagi si allargano tanto anche la percentuale di paucisintomatici e sintomatici si alza e cominciamo a vedere gli ospedali affollati. Questo crea il collasso del sistema sanitario e mina la possibilità di cura di tutte le altre patologie che non sono certo scomparse. E’ il dilagare dei contagi che genera il problema: se cresce il numero di casi, cresce automaticamente il numero di positivi sintomatici che necessitano di ricovero ospedaliero. E poi chi è asintomatico è comunque infettivo quanto il sintomatico, l’unica differenza è nel periodo di durata dell’infettività minore in persone che non presentano sintomi. Negli asintomatici semplicemente la carica virale diminuisce o si esaurisce in un periodo minore».

C’è molta confusione, in qualche caso anche speculazione, su tamponi naso faringei, antigenici, test rapidi, sierologici. Quali sono gli strumenti realmente efficaci?

«Il test molecolare su tampone è certamente quello di riferimento perché ha una sensibilità e un’attendibilità molto alte, pari al 98%. Per quanto riguarda i test antigenici, sempre su tampone, questi vanno a cercare le proteine del virus e hanno una forte attendibilità, ma minore sensibilità del molecolare. Nel 65% dei casi si riesce ad intercettare i positivi reali, ma resta una certa quota di falsi negativi. Sui test sierologici va fatta una distinzione, tra i cosiddetti pungi dito e quelli con dosaggio anticorpale. I primi sono al momento poco attendibili, anche se certamente qualche azienda avrà affinato la sensibilità e la specificità del test. I secondi invece, quelli che prevedono un prelievo venoso, sono attendibili ma non vanno alla ricerca del virus, bensì degli anticorpi che però si sviluppano almeno sette giorni dopo l’infezione. Quindi nel momento in cui un test è negativo potremmo trovarci di fronte al caso di un positivo che però non ha ancora sviluppato gli anticorpi e dunque risulta falso negativo».

In che modo dunque convivere con il virus in attesa del vaccino?

«In un momento di alta contagiosità come quello che stiamo vivendo, bisogna essere molto pignoli e adottare tutte le precauzioni possibili. Distanziamento fisico, mascherina, continua igienizzazione delle mani restano fondamentali ma a tutto questo dobbiamo aggiungere una riduzione al minimo indispensabile dei contatti sociali. A chiunque può capitare di abbassare la guardia. Ognuno di noi vede quotidianamente persone che per parlare con altre o per rispondere al telefono si abbassano la mascherina. Questo è uno di quei momenti in cui il virus può colpire, un gesto quasi automatico che però rappresenta un rischio concreto».

Sarebbe auspicabile una sorta di lockdown individuale?

«Ad ognuno è demandata la propria responsabilità individuale. Bisogna certamente osservare sempre la massima attenzione tenendo presente che, nel caso del Covid, ognuno è chiamato a dare il proprio contributo di cittadino per il bene comune e, quindi, ad adottare il comportamento più responsabile possibile».

 

 

 



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