Un clan, il processo e gli enti locali: la grande occasione di Festa (e D’Alessio) – IL CIRIACO

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Le parole liquidatorie, peraltro pronunciate con malcelata indolenza, del sindaco di Avellino sulla mancata costituzione in giudizio dell’ente da lui governato nel processo al Clan Partenio, non sono un bel segnale. Cosi come non lo è l’incertezza del suo collega di Mercogliano che ha genericamente promesso di rifletterci sopra, quasi che l’interrogativo a cui dare risposta fosse il colore della cravatta da indossare la mattina e non quello di schierare la propria comunità dalla parte della legalità. Non sono, dicevamo, segnali incoraggianti non tanto per il riflesso che potranno avere nel processo, benchè la presenza di esponenti del clan nei territori dei due comuni fosse conclamata, quanto per la percezione che queste decisioni possono avere nella pubblica opinione. E questo lo si può facilmente intuire senza doversi addentrare in analisi socio-politiche o scadere nell’insopportabile moralismo d’accatto pure dispensato in notevoli dosi per fatti di questo genere. Il processo è cominciato ed è stato immediatamente rinviato (al 20 novembre), fornendo cosi alle due amministrazioni un’altra decina di giorni di tempo per tornare sui loro passi ed evitare di commettere un grosso errore. Se le parole del sindaco D’Alessio lasciano intravedere una possibilità di ripensamento, proprio non si comprende la pervicacia, decisamente fuori luogo, con la quale il sindaco Festa continua ad escludere il Comune di Avellino tra i soggetti che si costituiranno parte civile. Il primo cittadino del capoluogo è alla sua prima volta alla guida dell’ente di Piazza del Popolo, ma ha una lunga militanza in quell’aula ed ha fatto parte anche di altri consessi istituzionali e per questo ha l’esperienza necessaria per capire che la vita di un amministratore (e di un’amministrazione) non è fatta solo di bilanci da approvare, opere pubbliche da appaltare e da inaugurare con tagli di nastro e cosi via. C’è di più. Il rapporto diretto e la fiducia della  comunità degli amministrati, che pure Festa indubbiamente ha, non può costruirsi e cementarsi limitandolo solo alle dirette facebook del lunedì o a banali affermazioni tipo “la nostra risposta alla criminalità organizzata la diamo ogni giorno con la massima trasparenza e legalità” (ci mancherebbe pure che fosse il contrario). No, non può bastare. Ci sono invece dei momenti dove la forma si fa sostanza, dove una scelta diventa il modo di incidere sulla vita di una comunità facendole chiaramente capire da che parte stanno i suoi governanti e quali sono i confini oltre i quali niente sarà più tollerato. Questo è uno di quei momenti e Festa non può ignorarlo perchè sa bene che sarebbe un errore in primo luogo verso la città. Non solo. Sempre facendo ricorso alla memoria che al sindaco non manca di certo, siamo sicuri che Festa ricorderà certamente le considerazioni amare che circa tre anni fa, a novembre del 2017, l’ex Procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo, fece a proposito, di una serie di fatti di cronaca avvenuti in città in rapida successione e che culminarono nel raid incendiario contro un senzatetto a Piazza Macello. «Dai primissimi giorni in cui sono arrivato ad Avellino, ormai quattro anni fa, dissi che questa non era un’isola felice. Qualcuno protesta, qualcuno dice di non essere d’accordo poi però quando avvengono cose simili, fatti di una certa gravità, ci si rende conto che questa città corre il rischio di essere uguale ad altre realtà campane», furono queste le parole di Cantelmo che poi aggiunse: «La legalità non può partire solo dalla repressione, possiamo continuare ad arrestare all’infinito, ma ci vuole una nuova coscienza della gente. Ho l’impressione che ad Avellino ci sia troppo l’abitudine di farsi scivolare addosso le cose». Ecco, il punto è questo, la nuova coscienza. Un’amministrazione può anche distinguersi per la sua opera di formazione di una nuova coscienza e questo passa anche e soprattutto per decisioni come quelle che, non si sa per quale ragione, Festa non vuole prendere e che invece sarebbero un segnale chiaro di quello che questo governo vuole essere per la sua città, oltre al Tunnel, alla Smile Arena e alla piscina “riconquistata”. Ci sono, come detto, altri dieci giorni di tempo per porre rimedio a quello fhe resta, ribadiamo, un gravissimo errore. Speriamo che il sindaco D’Alessio rifletta nel modo giusto e che il sindaco Festa comprenda che su questa vicenda si è infilato in un vicolo cieco. Va bene sorridere sempre per non finire nel girone dei rosiconi (anche se dovremmo avere una qualche ragione per farlo), ma ci sono dei momenti della vita nei quali occorre essere seri nel modo in cui lo affermava Pasolini: dunque esserlo, non dirlo e magari neppure sembrarlo.



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