Lioni-Grottaminarda, Bruno: i tempi sono un problema. La burocrazia lenta crea sottosviluppo – IL CIRIACO

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La vicenda della Lioni-Grottaminarda è un esempio, quello di più stretta attualità, di come non dovrebbero andare le cose. Uno di quei casi che fanno sbottare Pino Bruno, presidente di Confindustria, che non riesce a trattenere disappunto, amarezza e delusione. Non tanto o non solo per quello che è l’episodio specifico in sé, quanto piuttosto perché simili accadimenti rappresentato un colpo duro ad uno dei capisaldi per chi intende investire: la fiducia. «Vede – dice – il problema non è tanto se la strada si farà o meno, si deve completare necessariamente, ma è la tempistica a rappresentare un problema serio».

E la tempistica è un problema atavico delle opere pubbliche, specialmente nel Mezzogiorno…

«Vuol sapere qual è il problema vero?».

Certamente.

«Il fatto che scontiamo l’assuefazione ad accettare delle tempistiche irragionevoli, non c’è più la determinazione necessaria ad opporsi ai tempi lunghi della burocrazia. Mi auguro che il finanziamento si possa recuperare ma certamente è una situazione che crea disagio».

Magari il finanziamento si recupera, il problema della tempistica però rimane…

«Vado per paragoni. A metà del 1956 sono stati avviati i lavori dell’Autostrada del Sole, 759 km completati sette anni più tardi quando ci fu l’inaugurazione. Qualche giorno fa abbiamo rivisto ancora una volta le immagini del terremoto. Ebbene quello che si notava era l’arretratezza tecnologica, la modestia dei mezzi in uso allora rispetto a quelli di oggi, eppure all’epoca sono state realizzati 759 km in sette anni, mentre oggi in sette anni non si riesce nemmeno a completare l’appalto di una strada interpoderale».

Ma per quale motivo secondo lei?

«Il vulnus l’ha creato la legge Bassanini ed il trasferimento del procedimento in capo ad un burocrate. Questo vuol dire tempi più lunghi e spesso c’è anche il rischio che questa persona non sia all’altezza e la procedura diventi un Ucas, ovvero ufficio complicazioni affari semplici…».

Ce n’è parecchi di questi uffici e per le più svariate materie…

«Non mi meraviglio. I tempi lunghi della burocrazia alimentano il sottosviluppo e fanno il gioco di quei politicanti che hanno tutto l’interesse a mantenere uno stato di bisogno nel quale proliferano i questuanti…».

Parole amare, anche perché calate in questo contesto di emergenza che al Sud non può che nuocere…

«L’emergenza è pericolosa per tutto il sistema Italia, il Pil scende ed il debito pubblico aumenta, arriveremo al 160 per cento del Pil ovvero una cifra astronomica. La presenza di Draghi alla Bce è stata una manna per il Paese, ma ora c’è un problema Italia e dentro un problema di un Sud soccombente e che finisce con il demotivare i suoi giovani che se ne vanno perché siamo noi a mandarli via».

In che senso?

«Perché qui le cose non funzionano come dovrebbero a cominciare dalle scuole e dalle università. Altrove si segue il modello del college dove il contatto con i professori è costante, cosa che non avviene qui. Non solo. A nessun professore universitario interessa vedere come funzione una piccola azienda, non c’è quel trasferimento reciproco di competenze tra artigiano, imprenditore e professore che rappresenta una indubbia ricchezza».

Comunque, volendo essere ottimisti tra qualche mese avremo le risorse del Recovery Fund…

«Il problema non sono le risorse ma come saranno spese, ammesso che riusciremo a spenderle. Il problema saranno i progetti carenti che dovranno rispettare quello che è un modo di fare della politica: il risultato in tempi brevi perché c’è sempre una scadenza elettorale da rispettare e bisogna presentarsi con qualcosa in mano…».

Beh, la politica deve risolvere i problemi…

«Certo, ma deve farlo con progetti seri che siano in grado di produrre risultati anche sul lungo periodo. Per questo credo che occorre in primi luogo che il politico sappia assumersi le proprie responsabilità, a me non spaventa lo stipendio alto di un parlamentare perché è legato ad una funzione che comporta delle responsabilità. E il politico deve necessariamente assumersele e non pensare all’utilità immediata. Guardi alla vicenda della Lioni-Grottaminarda: due parlamentari fanno un comunicato stampa per prendersi il merito del finanziamento. Poi accade quello che sappiamo e arriva la nota nella quale si dolgono, ma due anni qualcuno del loro stesso partito aveva detto che quella strada non serviva. E i consiglieri regionali, dove sono finiti? A questo punto, pur non essendo su posizioni lontanissime delle sue, ho apprezzato l’impegno di Maraia».

Per lei sono le ultime settimane alla guida di Confindustria. Il 14 dicembre sarà eletto il nuovo presidente (dovrebbe essere Emilio De Vizia ndr): qual è l’identikit ideale del suo successore?

«Dovrà essere capace di ascoltare, analizzare e fare proposte, avere competenza ed esperienza che potranno renderlo uno dei migliori presidenti del sistema confindustriale. Ma tanto voi giornalisti sapete già chi è…».

E il suo bilancio?

«Mi sono insediato il 12 dicembre del 2016, andrò via quattro anni dopo, anche se resterò nel consiglio direttivo, decisamente soddisfatto. Si è fatto molto, e non lo dico per una sorta di autocelebrazione, con risultati che prima non erano stati mai raggiunti. Abbiamo avviato progetti di sviluppo con le università, avviato atti che abbiamo seguito passo dopo passo, intessuto relazioni, abbiamo portato Confindustria sul territorio, anche a Solofra, una realtà imprenditoriale forte che non aveva un rappresentante nel consiglio direttivo. Direi che Confindustria mi ha dato tanto, ma anche io credo di aver ricambiato e lascio con assoluta serenità anche perché Confindustria sarà in buone mani…».



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