Mainolfi: riallacciare il legame con il passato e con la natura – IL CIRIACO

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Tra i figli dell’Irpinia che hanno lasciato una traccia significativa nel mondo della cultura, merita senz’alto una menzione d’onore lo scultore Luigi Mainolfi, partito negli anni ’70 dalla Valle Caudina per approdare con le sue opere nei musei di tutti il mondo e stabilire il proprio atelier a Torino sin dal 1973.

Proprio la natura visionaria del lavoro di Mainolfi, iniziato con l’indagine del corpo e del gesto negli anni ’70 e con performances come a Cavriago (1977) dove lascia un calco in gesso del proprio corpo a consumarsi nell’acqua o lo fa precipitare al suolo come alla Galleria Civica d’arte di Bologna (1977); il legarsi alla natura grazie alle sue Terrecotte e alle Campane degli anni ’80, esposte anche in Cina e in Brasile, e alla fiaba come “La nascita di Orco ed Elefantessa” realizzata per la Biennale di San Paolo del Brasile (1981) e tante altre, ci hanno fatto immaginare che da una mente così fertile e allenata alla visione, potessero scaturire nuove prospettive rispetto al tema della rinascita del territorio irpino chiamato, ancora una volta, a una rinascita.

L’esperienza drammatica del Covid-19, ancora tristemente attuale, infatti, si è andata a sommare alla ferita del Sisma del 1980 e alle ataviche questioni che affliggono un territorio tanto ricco di risorse quanto apparentemente incapace a renderle fattore critico di successo.

Nell’intervista che segue, la risposta di Mainolfi è chiara, tornare alle radici e riconciliarsi con la natura, fuori onda il Maestro ci aveva confidato la sua nostalgia per il calore del Sud e il desiderio di tornare nel paese natale, Rotondi, e nella Verde Irpinia.

 



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