Per molte donne la secchezza vaginale è ancora un tabù, eppure quasi la metà (47%) della popolazione femminile ne soffre.
La secchezza vaginale è un’inadeguata lubrificazione spontanea della vagina che può essere osservata a qualsiasi età, anche se il problema è più comune nel periodo pre e post menopausa.
«Spesso la secchezza vaginale rappresenta un freno alla serenità sessuale, sia perché i rapporti intimi diventano dolorosi sia perché la lubrificazione femminile costituisce uno dei principali segni di eccitazione fisica che quando manca può preoccupare il partner», spiega la dottoressa Francesca Frizzi, specialista in Ostetricia e Ginecologia. «Ma la secchezza vaginale può farsi sentire anche nella vita di ogni giorno, perché inizia a dare fastidio la biancheria intima, avvertita come irritante e “ruvida” al contatto».
Un altro sintomo insidioso è il prurito, che può comparire anche la notte, talvolta coinvolge solo una parte della vulva e non è accompagnato da secrezioni (come nel caso della candida).
Cosa provoca la secchezza vaginale
La principale causa della secchezza vaginale è il calo degli ormoni (estrogeni e androgeni) che si verifica dai 40-45 anni in poi: «Questo comporta un progressivo assottigliamento della mucosa vaginale, che nel tempo diventa come “carta velina” ed è quindi suscettibile alle abrasioni aprendo facilmente la strada anche alla cistite, tipicamente dopo 24-72 ore da un rapporto sessuale, perché i batteri presenti in vagina entrano nell’uretra e scatenano l’infiammazione».
Ma la secchezza vaginale può presentarsi anche in età fertile, soprattutto quando vengono assunte pillole anticoncezionali non adeguate e in particolare nelle donne con la pelle molto delicata.
«Esistono inoltre co-fattori che possono favorire il problema, come un’eccessiva igiene intima e l’uso continuativo dei salvaslip, che possono alterare la qualità e la quantità dei lattobacilli “buoni” rendendo più vulnerabili».
Perché affrontare il problema
«Se non viene opportunamente trattata, la secchezza vaginale tende a peggiorare nel tempo, perché non si tratta di un problema temporaneo che si risolve da solo», tiene a precisare la dottoressa Frizzi.
«Per di più, si crea un circolo vizioso: la donna tende ad avere meno rapporti intimi a causa del dolore e questo comporta un’atrofizzazione dei tessuti e un restringimento dell’introito vaginale, cioè del punto di apertura, aggravando la situazione».
Come migliorare la situazione
Per affrontare la secchezza vaginale sono disponibili diverse soluzioni. La più semplice consiste nell’applicazione locale di acido ialuronico, sotto forma di crema oppure di ovuli a lento rilascio, che sono acquistabili in farmacia senza ricetta medica. «Questi prodotti non risolvono il problema, ma regalano comunque sollievo se vengono utilizzati con costanza. Per l’igiene quotidiana va sempre abbinato un detergente intimo adeguato, a base oleosa e con pH neutro intorno a 7.0, evitando invece le lavande vaginali e i tea tree oil, troppo aggressivi».
Per idratare la cute e lenire il prurito, invece, possiamo nebulizzare dell’acqua termale oppure praticare dei massaggi esterni con olio di cocco o burro di karitè.
«Un altro trattamento possibile è l’uso di ormoni locali, sempre in crema oppure in ovuli: in questo caso si tratta di una terapia curativa, perché non va ad agire solamente sui sintomi ma anche sulla causa sottostante. Si tratta però di preparati che vanno prescritti dal medico dopo una visita accurata, sia perché il dosaggio va regolato in base alla risposta individuale sia perché vanno evitati nelle donne che sono in trattamento chemioterapico per un cancro della mammella».
Secchezza vaginale, le cure più innovative
Un’alternativa ai precedenti trattamenti è la laser terapia vaginale (per esempio quella di MonnaLisa Touch a CO2 frazionato), una procedura mini-invasiva che permette il ringiovanimento funzionale della vagina.
«È assolutamente indolore, dura pochi minuti e ne occorrono tre sedute, a distanza di 40 giorni l’una dall’altra, per ottenere un effetto che può durare anche 3-4 anni se abbinato a trattamenti locali di mantenimento», racconta l’esperta.
«Un’altra novità del settore è un protocollo mensile di stimolazione della mucosa vaginale che si basa sull’utilizzo combinato di ossigeno ad alta pressione e una soluzione di acido ialuronico a basso peso molecolare, che vengono veicolati in vagina attraverso una cannula. È ancora poco conosciuto, ma molto promettente».
Cosa fare durante i rapporti intimi
La mancata lubrificazione spontanea crea dispareunia, un termine medico che indica il dolore genitale durante la penetrazione e nel caso della secchezza vaginale è superficiale, cioè localizzato all’introito vaginale e non in sede profonda.
Lo sfregamento doloroso porta alla comparsa di micro-lacerazioni, simili a taglietti, che si formano sulla mucosa: «Ecco perché il sintomo successivo è il bruciore, che può persistere anche dopo il rapporto».
E allora che fare? I lubrificanti tanto pubblicizzati possono essere utilizzati al bisogno, ma non sono la soluzione giusta. «L’unica strada davvero efficace è intervenire tempestivamente ai primi sintomi di secchezza. Infatti, se la donna arriva troppo tardi dallo specialista, quando presenta un introito vaginale già molto ristretto, il dolore durante i rapporti persisterà, perché l’entrata in vagina resterà comunque ridotta, nonostante il ripristino della lubrificazione. In questo caso può essere utile il massaggio perineale, che solitamente viene praticato prima del parto, ma in generale aiuta ad allargare delicatamente l’introito», conclude l’esperta.
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