di Laura Della Pasqua
1. Dobbiamo preoccuparci della variante Omicron 3?
2. Il virus lascia il segno anche sulla pelle?
3. Dopo aver contratto il virus, quali conseguenze rischiamo su olfatto e memoria?
1. Dobbiamo preoccuparci della variante Omicron 3?
Spunta una terza variante di Omicron, ma secondo i virologi non dovrebbe destare preoccupazioni o allarmismo. Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, ha spiegato che “la differenza tra Omicron 1, 2 o 3 interessa solo cacciatori di virus e chi studia il sequenziamento. Ma hanno effetti identici, ovvero sono varianti gemelle. A livello di aggressività e di risposta ai vaccini non c’è differenza”. Secondo l’esperto, in sostanza, “occorre evitare il terrorismo delle varianti. La situazione in ospedale è tranquilla e senza pressioni” e ha sottolineato che “i vaccini funzionano”. Quanto al tema dell’aumento dei contagi osservato nell’ultima settimana, per Bassetti si tratta di “un rimbalzo tipico della dinamica del virus soprattutto in questa fase che arriva dopo una amplissima circolazione nel mese passato”. Occorre “vigilare e far sì che le persone tornino a pensare che il Covid sia un problema e che non è tutto finito, che ci sarà da fare un richiamo del vaccino”.
«Bisogna capire che potenzialità ha l’Omicron 3, al momento è rara. Piuttosto stiamo seguendo l’aumento della circolazione della variante 2 che non ci sappiamo spiegare. In altri Paesi ha sostituito l’Omicron 1, arrivando all’80%.Con la stagione calda ci dovrebbe essere una regressione della pandemia, ma questo non vuol dire che è finita e che le varianti non possono generarsi in altre parti del mondo e arrivare da noi nel prossimo autunno. È uno scenario possibile», afferma il virologo Maria Chironna.
2. Il virus lascia il segno anche sulla pelle?
Il Covid può avere manifestazioni diverse dalla febbre, dalla tosse e dalla polmonite che ci siamo abituati ad associare ad esso. Infatti, oltre ai sintomi classici, l’infezione si può rivelare anche sulla nostra pelle. Sono segni che difficilmente siamo portati ad associare al virus.
Angelo Valerio Marzano, Direttore dell’UOC di Dermatologia all’Ospedale Policlinico di Milano e Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Milano, ha studiato in profondità le manifestazioni del virus sulla pelle, cominciando dall’esperienza personale. «Sono stato il primo medico ufficialmente malato di Covid a Milano il 18 febbraio 2020. Ho visto su di me lesioni che somigliavano a quelle della varicella. Esse emergono di solito pochi giorni dopo l’esordio della malattia, anche se talvolta possono precederla, e guariscono dopo sette giorni senza terapia», spiega.
Qual è il meccanismo di queste manifestazioni?
Il virus raggiunge la cute, ma non sempre genera una risposta del sistema immunitario. Due sono gli scenari possibili: un danno diretto del virus alla pelle oppure una reazione immunitaria.
Durante la prima ondata della pandemia, Marzano, coordinando una rete di 21 ospedali, ha raccolto ben 200 casi di persone colpite da Covid con lesioni sulla pelle. «Non sappiamo ancora in che percentuale il virus determini queste lesioni, potrebbe essere il 5-10%». Nello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American Academy of Dermatology, Marzano ha descritto sei possibili spie della malattia rilevabili a livello della cute: “un arrossamento simile a quello del morbillo che può interessare gli arti e il tronco; una specie di orticaria; una simil varicella, di cui ho accennato prima. In effetti, sono stati segnalati anche dei casi di varicella vera e propria indotta dal Covid, che si pensa possa portare a sua volta alla riattivazione della stessa varicella. Poi ci sono altri tre tipi: uno più frequente nei giovani con Covid lieve o portatori asintomatici, che presentano mani e piedi con lesioni di colore rosso; poi casi di livedo e infine casi di vasculite, ma questi ultimi sono davvero rari”.
Queste manifestazioni cutanee sono legate alla gravità dell’infezione?
Non c’è correlazione tra questi casi e il Covid grave. Possono manifestarsi anche in chi contrae il virus in forma lieve, un esempio in questo senso sono proprio le lesioni che colpiscono mani e piedi nei soggetti giovani. Questo accade anche con Omicron, ma al momento non siamo in grado di dire se ci siano differenze o se siano meno frequenti rispetto alle altre varianti.
3. Dopo aver contratto il virus, quali conseguenze rischiamo su olfatto e memoria?
Il Covid rischia di influenzare quella parte del cervello legata all’olfatto e alla memoria. Si stanno moltiplicando gli studi attorno alle conseguenze del contagio e si fanno numerose ipotesi. Tra questi segnaliamo un report pubblicato sulla rivista scientifica Nature a cura di Gwenaëlle Douaud, ricercatrice e professore associato al Wellcome Center for Integrative Neuroimaging presso l’Università di Oxford. La studiosa ha descritto il risultato di alcune risonanze su pazienti che hanno avuto il Covid dalle quali emerge che dopo l’infezione la dimensione del cervello si era ridotta, con meno materia grigia nelle parti dell’olfatto e della memoria. In pratica il virus avrebbe portato cambiamenti strutturali nel cervello.
La ricerca si è basata sull’esame di un campione di 785 pazienti che sono stati sotto posti a risonanze, di cui 401 guariti dal Covid da 4 mesi e mezzo e 384 che non erano mai stati malati. Nel campione solo 15 avevano avuto il virus in forma grave tale da richiedere l’ospedalizzazione. Lo studio non deve portare a estendere i risultati alla generalità di coloro che sono stati contagiati e quindi va preso con molta cautela. Sarebbe un errore generalizzare.
I pazienti osservati avevano già effettuato una risonanza prima del Covid. La ricerca ha messo a confronto le due rilevazioni. Sono emersi danni alla corteccia olfattiva e a quella legata alla memoria. Molti guariti, infatti, avevano manifestato problemi a svolgere compiti mentali difficili. Sembrerebbe quindi, è questa l’ipotesi avanzata dagli studiosi (va sottolineato che si tratta di una tesi), che il Covid sia in grado di risalire al cervello grazie ai bulbi olfattivi e causando infiammazioni e danni. Non è ancora chiara la durata dei danni e se questo problema può presentarsi per tutte le varianti. Lo studio infatti si è basato sull’osservazione di pazienti colpiti dal virus originale e dalla variante inglese. Chi è stato contagiato da Omicron ha segnalato che questi sintomi sono meno marcati.