di Ida Macchi e Gerardo Antonelli
Quando il bambino è raffreddato non è sempre facile capire se si tratta di raffreddore o di una rinosinusite perché entrambi i disturbi hanno in comune l’aumento del muco e la congestione nasale. «Inoltre, anche il Covid può manifestarsi inizialmente con gli stessi sintomi di un raffreddore (naso chiuso, secrezione nasale, tosse, iposmia, ossia una riduzione dell’olfatto) e nelle fasi iniziali solo il tampone può consentire una diagnosi differenziale», spiega Giovanni De Vincentiis, direttore dell’Unità operativa complessa di otorinolaringoiatria dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Se l’ipotesi Coronavirus, però, viene esclusa, alcuni dettagli possono fornire importanti indicazioni.
Raffreddore o sinusite?
I primi segnali da valutare sono la durata e l’intensità del malessere: «Di solito i sintomi di un raffreddore durano 5-6 giorni, con una secrezione mucosa dal naso molto fluida», spiega il dottor De Vincentiis. «A volte il bambino può avere qualche linea di febbre, ma in genere la temperatura corporea non supera i 38 °C. Il sospetto di rinosinusite sorge quando il raffreddore si prolunga oltre 10-12 giorni, la febbre non si abbassa e la secrezione nasale diventa densa e di colore giallo verdastro, segno che un’infezione batterica si è sovrapposta alla flogosi (infiammazione) virale».
Attenzione al dolore
«Un ulteriore dato di cui tenere conto è il dolore, generalmente assente nel semplice raffreddore. Con la rinosinusite, invece, il piccolo accusa mal di testa soprattutto quando è sdraiato o si china, oppure avverte fastidio se si esercita una pressione con un dito al centro dell’arcata sopraciliare, al suo angolo interno o sulla guancia, al di sotto dell’occhio», chiarisce De Vincentiis, aggiungendo che «oggi non si fa più ricorso alla radiografia convenzionale per porre diagnosi di sinusite».
Nel caso, il pediatra consiglierà la visita di un otorinolaringoiatra, che potrà confermare la diagnosi attraverso l’endoscopia nasale: «È un esame che consente di esplorare le fosse nasali con ottiche di piccolissimo calibro e visualizzare alcune zone chiave dove, in caso di sinusite, il muco ristagna», aggiunge lo specialista. «Solo in casi particolari, quando una rinosinusite curata male o particolarmente intensa si complica coinvolgendo nel processo infiammatorio la regione orbitaria, con la comparsa di un rigonfiamento palpebrale, sarà necessario effettuare una TC in regime di ricovero ospedaliero», continua De Vincentiis.
Come si curano
Le cure per raffreddore e rinosinusite sono diverse. «Per il primo possono essere sufficienti i lavaggi nasali con soluzioni saline, acido ialuronico o argento vitellinato, che possono essere associati al paracetamolo se c’è qualche linea di febbre. La guarigione è comunque garantita dal sistema immunitario», rassicura l’esperto.
«Per risolvere l’infezione batterica dei seni paranasali, invece, si ricorre agli antibiotici, in età pediatrica soprattutto amoxicillina e acido clavulanico, da assumere per 10-14 giorni. Quando le sinusiti sono ricorrenti (3-4 nell’arco della brutta stagione), meglio fissare una visita dall’immunologo, per valutare se ci sono fattori che favoriscono l’infezione, come allergie respiratorie, immaturità o difetti del sistema immunitario.
Inoltre, può essere d’aiuto l’assunzione di immunomodulanti, sostanze che aiutano le difese del bambino a reagire meglio agli attacchi di germi e virus, così come il ricorso a probiotici locali o sistemici, che favoriscono la risposta del nostro microbioma».
Più a rischio fino a 8 anni
La rinosinusite è più frequente nell’età che va dall’inserimento a scuola ai 7-8 anni. Il perché è facilmente spiegabile: i bambini hanno un sistema immunitario non maturo e durante l’inverno la frequenza delle IRR (Infezioni Respiratorie Ricorrenti) è di 6-8 episodi, mentre gli adulti si raffreddano in media 2 volte l’anno. A favorire l’insorgenza di una rinosinusite interviene la dimensione ridotta degli osti (le piccole aperture che collegano i seni paranasali alle fosse nasali), che rischiano di ostruirsi più facilmente, e il ruolo giocato dalle adenoidi, nei bambini più piccoli spesso voluminose ed infiammate. «Queste si trasformano nella location prediletta dei biofilm batterici, comunità di germi che producono una sorta di schermo protettivo in grado di renderli inattaccabili dal sistema immunitario», afferma l’otorinolaringoiatra Giovanni De Vincentiis.
Fai la tua domanda ai nostri esperti