Uveite: cos’è, quali sono le cause, i sintomi e come si cura

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Il nome, uveite, fa riferimento alla sede oculare in cui si sviluppa, ovvero l’uvea, una membrana posta fra sclera (la parte bianca dell’occhio) e retina, formata da iride, corpo ciliare e coroide. Essendo riccamente vascolarizzata, questa zona è facile bersaglio di processi infettivi e infiammatori, che possono poi diffondersi a quasi tutte le altre strutture oculari, ovvero congiuntiva, cornea, sclera, cristallino, vitreo, retina e nervo ottico. Vediamo che cos’è, quali sono le cause, i sintomi e come si cura.

Che cos’è l’uveite

Come tutte le patologie che terminano con il suffisso “-ite”, dall’otite alla cistite, anche l’uveite è un’infiammazione e non si presenta con regole fisse per tutti: «A seconda dell’estensione, si può classificare come: anteriore, quando sono interessate soprattutto l’iride e la camera anteriore, ovvero la cavità che contiene l’umor acqueo, il liquido incolore e trasparente presente nel segmento anteriore dell’occhio; intermedia, se viene coinvolto anche il vitreo, la sostanza gelatinosa che riempie il bulbo oculare; posteriore, quando si estende fino a retina e coroide», racconta il dottor Alessandro Russo, oculista presso il Centro Medico Diagnostico di Torino. «Ne esiste poi un’ulteriore forma, la panuveite, che colpisce contemporaneamente le varie strutture oculari».

Quali sono i sintomi

In base alla localizzazione, i sintomi possono cambiare ed essere più o meno marcati e invalidanti. «Generalmente i pazienti avvertono dolore all’occhio colpito, anche se spesso la patologia può diventare bilaterale, e manifestano iperemia congiuntivale, cioè il classico arrossamento, soprattutto intorno alla cornea». Ma sono altrettanto tipici il bruciore, la lacrimazione, l’ipertono (aumento della pressione oculare) e la fotofobia (ipersensibilità alla luce), oltre alla miosi, il restringimento anomalo della pupilla che presenta in questi casi un diametro più stretto anche in condizioni di scarsa luminosità, quando invece dovrebbe dilatarsi, e talvolta si deforma a causa di piccole aderenze del margine pupillare con la superficie anteriore del cristallino, dette sinechie, assumendo talvolta conformazioni irregolari a trifoglio o quadrifoglio.

Come vede una persona con l’uveite

La sovrapposizione di uno o più di questi sintomi determina riduzione della vista, annebbiamento e spesso miodesopsie, cioè la sensazione di osservare “corpi mobili” o “mosche volanti” davanti agli occhi, nonché un danno al campo visivo (la porzione di spazio che riusciamo a vedere). «Queste condizioni sono comuni anche ad altre patologie, e talvolta non hanno addirittura alcun significato clinico grave, ma il campanello d’allarme deve suonare quando sono concomitanti e si associano fra loro», avverte l’esperto.

Quali sono le cause

Così come i sintomi, anche le cause sono molteplici. Per esempio, a scatenare l’uveite può essere un trauma: «Fisico, come nel caso di una pallonata, un pugno in pieno viso, una caduta accidentale o lo scoppio dell’airbag in auto, oppure post-chirurgico, dopo un importante intervento oculare. Tutte situazioni che possono scatenare un processo infiammatorio», tiene a precisare il dottor Russo.

Frequentemente, l’origine è infettiva: spesso è colpa di un virus erpetico (come quello della varicella o il Citomegalovirus), ma di mezzo possono esserci anche batteri (Streptococchi, Stafilococchi, Brucella o Mycobacterium tuberculosis), miceti oppure parassiti (come la toxoplasmosi).

«L’uveite è spesso collegata a malattie sistemiche, perché qualsiasi condizione infiammatoria non si limita a un singolo distretto del corpo, ma coinvolge l’intero organismo per un complesso meccanismo di difesa messo in atto dal sistema immunitario, che talvolta può essere “esagerato”.

È il caso delle patologie autoimmuni, come artrite reumatoide, sarcoidosi, sindrome di Behçet, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, rettocolite ulcerosa o malattia di Crohn, fino a condizioni più rare, come la sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada». Non a caso, trattandosi di un organo facilmente ispezionabile, l’occhio rappresenta una buona cartina tornasole per monitorare i livelli di infiammazione cronica e valutare l’efficacia di una terapia o, al contrario, la necessità di revisionarla. «Esiste poi una forma di uveite idiopatica, di cui non sono note le cause scatenanti, perché non è associata a patologie sistemiche né sono inquadrabili specifici problemi oculari», commenta l’esperto.

Come si arriva alla diagnosi

Per arrivare a una diagnosi certa, l’oculista ha diversi mezzi a disposizione: oltre all’anamnesi, dove vengono analizzati i sintomi esposti dal paziente e la storia clinica, possono essere eseguiti l’esame obiettivo dell’occhio con la lampada a fessura, l’ecografia oculare, la tomografia ottica computerizzata o talvolta un prelievo di umor acqueo oppure del vitreo per confermare la presenza di microrganismi patogeni.

«In aggiunta, il medico può prescrivere alcuni esami del sangue, ricercando ad esempio i principali marcatori di infiammazione sistemica, come la proteina C-reattiva, solitamente abbreviata come PCR, e la velocità di eritrosedimentazione, più nota come VES. Oppure si può ricorrere alla tipizzazione tissutale, denominata anche test di istocompatibilità HLA, per ricercare la presenza o l’assenza sulla superficie dei leucociti dell’antigene HLA-B27, quasi sempre anomalo nei pazienti con malattie autoimmuni».

Come si guarisce

Al centro della terapia per contrastare l’uveite ci sono i farmaci cortisonici, da somministrare sia per via topica (sotto forma di colliri) locale (iniezioni sottocongiuntivali o sotto-tenoniane, attraverso la palpebra inferiore) o sistemica (per via orale).

«Oltre poi ai classici antinfiammatori non steroidei, lo specialista può consigliare l’uso dei colliri midriatici, che normalmente vengono utilizzati per dilatare le pupille a fini diagnostici, ma qui sono utilissimi sia per limitare il dolore sia per evitare la formazione delle sinechie», riferisce il dottor Russo.

«Inoltre, in base alla causa sottostante, possono essere prescritti antibiotici, antivirali, antimicotici e immunosoppressori. L’importante è intervenire tempestivamente, perché l’uveite è una condizione da non sottovalutare mai: non può essere trattata con l’automedicazione, rimedi fai-da-te o semplicemente aspettando che “passi” da sola».

Quali rischi e problemi può comportare la malattia

Potenzialmente, se trascurata, l’uveite può portare a gravi problemi di vista, fino alla cecità. «In effetti, alcune forme sono particolarmente gravi e possono degenerare in breve tempo, aprendo la strada a maculopatie o arrivando a interessare il nervo ottico e la retina. In più, se non viene trattata in fretta, può facilmente portare a future recidive, più severe e difficili da contrastare», avverte il dottor Russo.

Quale prevenzione possiamo mettere in atto

Se vogliamo giocare d’anticipo, come si previene l’uveite? «Visto lo stretto legame con le malattie infettive e autoimmuni, chi ne soffre deve rispettare i controlli periodici e seguire le indicazioni di trattamento degli specialisti per “arginare” l’infiammazione», suggerisce Russo.

Altrettanto importante è seguire un’alimentazione sana ed equilibrata, perché una dieta scorretta può trasformare l’intestino in un “colabrodo” (sindrome dell’intestino permeabile) e perdere la sua integrità, lasciando passare nel sangue sostanze tossiche che attivano il sistema immunitario e scatenano l’infiammazione generale. «Ciò significa che dobbiamo mangiare bene, privilegiando vegetali colorati e piatti ben bilanciati in cereali e proteine di buon valore biologico, ed eventualmente assumere una supplementazione di probiotici, previ test specifici per la valutazione del microbiota, per mantenere in salute il nostro intestino. Ma non scordiamo neppure la corretta idratazione, il giusto riposo notturno e di mantenere uno stile di vita attivo: tutto quello che può ridurre l’insorgenza di eventuali stati infiammatori è una buona regola preventiva per l’uveite».

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