Ha scritto sulla sua pagina Instagram: “Ciao Roma! Grazie di tutto!!! Ci vediamo l’anno prossimo!”. L’autore è Nadal e il post aumenta le speranze sulla continuazione della sua carriera. Già, perché il tennista spagnolo, soprannominato la leggenda della terra rossa per la sua bravura, soffre della sindrome di Muller-Weiss, una patologia degenerativa al momento ancora senza terapie risolutive. E che causa dolori a livelli esagerati, tanto da essere stata la causa dell’eliminazione del tennista Nadal nel corso dei Quarti di finale degli Internazionali d’Italia a Roma. Durante la conferenza a Roma, ha dichiarato “Non sono infortunato, sono un tennista che convive eternamente con un infortunio”. Ed è proprio così. La sindrome di Muller-Weiss è una compagnia costante, che dal momento in cui si manifesta in poi, continua a far sentire la sua presenza.
Che cos’è la sindrome di Muller-Weiss
Si sa poco della sindrome di Muller-Weiss. Colpisce lo scafoide tarsale, un osso a forma di navicella situato all’incirca al centro del piede, e si manifesta di solito intorno ai 45 anni, soprattutto tra le donne in un rapporto di sette, contro tre uomini. Nadal, per la sua giovane età, rappresenta un’eccezione, ma c’è una ragione: l’esagerato utilizzo del corpo, piedi compresi, che hanno probabilmente accelerato la sindrome. «La sindrome è atipica nella sua evoluzione», spiega Umberto Alfieri Montrasio, responsabile dell’Unità Specialistica Piede e Caviglia (USPeC) chirurgia del piede e della caviglia dell’IRCSS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. «Probabilmente chi ne soffre, nasce già con la sindrome, ma asintomatica e senza segnali premonitori ad esempio nella postura, che ne facciano sospettare un futuro esordio».
La malattia è caratterizzata da frammentazioni dell’osso, deformità, dislocazione dello scafoide, necrosi di tratti dell’osso, ma senza una spiegazione apparente. Tra le ipotesi, c’è quella relativa a un ritardo nell’ossificazione dello scafoide, che porterebbe l’osso a sfruttare la sua plasticità per mantenere gli equilibri, ma con una durata limitata nel tempo. Secondo alcuni ricercatori spagnoli invece, alla base ci sarebbero carenze nutritive».
Quali sono i sintomi
Quel che è certo, è la presenza dei sintomi, che esplodono improvvisamente con dolori importanti e nel tempo, delle limitazioni funzionali a causa delle deformità. E la chirurgia in questo caso non è una soluzione. «Sono state provate varie strategie, come la rimozione dei frammenti ossei e le fusioni articolari», chiarisce il professor Alfieri Montrasio. «Ma non sempre ci sono benefici, col rischio in più di alterare la fisiologia del piede e di conseguenza, i movimenti, la postura».
Come tenere sotto controllo il dolore
Nadal ha dichiarato più volte di tenere sotto controllo il dolore con antinfiammatori. E di avere utilizzato un plantare con un’azione molto aggressiva, di deviazione del fulcro del piede. Ma ha funzionato solo per un po’ di tempo. «È una malattia degenerativa e proprio per questo, ogni strategia funziona per periodi limitati», dice il professor Alfieri Montrasio. «La terapia si basa su tutori, plantari, fisioterapia, scarpe speciali e antidolorifici al bisogno, con approcci via via da modificare, in base ai cambiamenti nella struttura e non solo a carico dello scafoide. Negli anni, infatti, si manifesta alle articolazioni del piede una forma di artrosi, con un ulteriore peggioramento della condizione dolorosa, oltre che della capacità di movimento».
È vicina quindi l’uscita dalle scene di Nadal? «Nessuno di noi ha visto le radiografie e questo non si può dire», conclude il professor dottor Alfieri Montrasio. «La speranza è che i casi come il suo stimolino la ricerca, che è ancora scarsa in questo ambito. La patologia è stata descritta per la prima volta nel 1927, ma la strada è ancora lunga. Certo, il caso di Nadal è abbastanza atipico. Di solito, chi ne soffre non ha una forma così eclatante come la sua, perché non sottopone l’articolazione del piede alle immense sollecitazioni provocate nel corso delle gare, oltre che degli allenamenti intensivi». Una cosa è certa però: nessuna correlazione tra il vaccino anti-Covid e la sindrome di Muller-Weiss. La notizia è un fake, senza alcun avvallo da parte della scienza.
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