Sonnambulismo: cos’è, da cosa dipende e come si cura

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Spesso usiamo l’espressione “dormire in piedi” per indicare tutte quelle circostanze in cui sentiamo di avere talmente sonno da poterci addormentare praticamente ovunque. Ma c’è chi dorme in piedi per davvero, o meglio, chi cammina o compie attività complesse mentre non è ancora del tutto sveglio. «Il sonnambulismo è una parasonnia di natura benigna, cioè un disturbo del sonno caratterizzato da comportamenti anomali ma a risoluzione generalmente spontanea e piuttosto raro in termini di frequenza», spiega il dottor Alfonso Mastropietro, responsabile della Neurogeriatria e della Sleep Clinic presso la Clinica Santa Caterina da Siena a Torino.

Cos’è il sonnambulismo

Più tipico della prima infanzia e della pre-adolescenza, ma talvolta presente anche in età adulta, il sonnambulismo consiste in uno stato di dissociazione fra il sonno e la veglia: «Sedersi, camminare e compiere altri movimenti, a volte anche complessi, sono azioni che possono verificarsi dopo e durante il risveglio dal sonno non REM. Nel corso degli episodi di sonnambulismo, il paziente ha gli occhi aperti ma non è cosciente dell’ambiente circostante e non reagisce agli stimoli: nonostante l’attività motoria, quindi, sta continuando a dormire ma può talvolta parlare o emettere suoni incomprensibili», racconta l’esperto.

Quali sono le cause del sonnambulismo

Al momento è sconosciuta la causa precisa del sonnambulismo, anche se l’origine sembra essere di natura ereditaria. Di certo, però, per i soggetti predisposti esistono fattori che possono innescarlo o peggiorarlo, come gli stati di ansia e stress, le infezioni con febbre, il consumo eccessivo di alcol, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, ma anche le apnee ostruttive del sonno o la sindrome delle gambe senza riposo. «Nei bambini potrebbe essere legato a un’immaturità della sostanza reticolare, quell’area della corteccia cerebrale che è deputata proprio alla gestione del sonno e delle emozioni».

Perché non si può svegliare un sonnambulo

È credenza comune che la cosa migliore da fare sia quella di non svegliare un sonnambulo, perché si rischierebbe di comprometterne la salute o, nei casi più gravi, di metterne a repentaglio la vita. Ma è davvero così? «Non si tratta di comprometterne la salute, ma di certo la persona si troverebbe in uno stato confusionale, sarebbe disorientata e potrebbe reagire in maniera brusca o anche aggressiva nei confronti di chi le sta vicino», avverte Mastropietro. Meglio limitarsi a proteggere il sonnambulo per evitare che si faccia male, allontanandolo da situazioni e oggetti pericolosi, magari riaccompagnandolo con calma a letto per garantirne la sicurezza.

Quanto dura un episodio

La maggior parte degli episodi di sonnambulismo dura pochi secondi, ma in alcuni casi può protrarsi più a lungo, fino a una decina di minuti. Di solito, alla fine, la persona torna a letto e continua a dormire, per cui la mattina non ha memoria dell’accaduto.

Come capire se si è sonnambuli

«Ciò significa che da soli è impossibile capire se soffriamo di questo disturbo», commenta il dottor Mastropietro. «Tra l’altro, il sonnambulismo potrebbe essere confuso con un sogno lucido, cioè con quelle manifestazioni oniriche vissute in uno stato di coscienza. Nei sogni lucidi, infatti, possiamo prendere il controllo delle nostre azioni, esplorare o modificare le situazioni, condurre gli eventi consapevoli del fatto che stiamo ancora dormendo, perché ne siamo pienamente protagonisti e non semplice spettatori come nei sogni tradizionali. In questo caso potremmo anche compiere dei movimenti, per cui risvegliarci in un luogo diverso rispetto a quello in cui ricordiamo di esserci addormentati non è per forza sinonimo di sonnambulismo».

Quali cure esistono per il sonnambulismo

L’unico modo per arrivare a una diagnosi certa di sonnambulismo è effettuare una polisonnografia, un test diagnostico che si esegue mentre il paziente dorme per studiare la durata e la qualità del sonno, i risvegli, i movimenti notturni e tutte le informazioni sui livelli di ossigeno, l’attività cardiaca, la pressione arteriosa e respiratoria: «In questo modo è possibile anche capire se sono presenti apnee ostruttive, che possono favorire il sonnambulismo, o altri fenomeni di stress».

«Una volta arrivati a una diagnosi, non esiste però una terapia specifica, ma possono essere di aiuto alcuni comportamenti virtuosi, anche se si tratta di un disturbo benigno, ed è bene non preoccuparsi e attendere che si risolva da sé, come avviene nella maggior parte dei casi», conclude il dottor Mastropietro. Ecco alcuni consigli:

  •  dormire per un tempo adeguato e mantenere una routine regolare e rilassante prima di andare a dormire
  •  utilizzare la stanza da letto solo per dormire evitando di mangiare, leggere eccessivamente, studiare o utilizzare computer e televisione;
  • essere costanti e abitudinari, coricandosi e svegliandosi a orari regolari
  • evitare bagni o docce calde prima di coricarsi per non sfasare la temperatura corporea che, se diminuisce, aumenta la propensione al sonno).

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