Disturbi all’apparato urinario: quale acqua bere

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Ebbene sì: l’urologo ha precise preferenze sull’acqua che devono bere i pazienti. E che cambia in base al disturbo di cui si soffre (o si è portati a soffrire), ma anche relativamente allo stile di vita e alla stagione.

«Se ci si abitua a bere l’acqua giusta per le nostre esigenze urologiche, in modo regolare e nella quantità ideale, possiamo prevenire la maggior parte delle malattie dell’apparato urinario, quali per esempio la calcolosi e la cistite, diffusissime, e persino i fastidiosi effetti collaterali dell’ipertrofia prostatica, come le levatacce notturne all’insegna dell’ormai famosa pubblicità “ho sentito un rumore in garage”», spiega Riccardo Galli, urologo e andrologo.

«È stato provato scientificamente che se poi si associa l’atto del bere una delle quattro bottigliette da 33 cl giornaliere a una routine quotidiana consolidata, per esempio quella del consumo durante il tragitto casa-ufficio, questa abitudine rimane per la vita».

Prima mossa, saper leggere l’etichetta

Ma perché, da un punto di vista prettamente urologico, è così importante bere almeno due litri di acqua al giorno? «Per la diuresi innanzitutto: se diluiamo i liquidi presenti nel nostro corpo si moltiplicheranno meno eventuali batteri nelle vie urinarie, ma anche il nostro intestino funzionerà meglio, e non ci saranno episodi ripetuti di stipsi, la strada maestra per incorrere in cistiti e prostatiti», spiega l’esperto.

Detto questo, via libera alla selezione dell’acqua migliore: per farlo occorrono le indicazioni dello specialista (che noi vi anticipiamo in generale per i vari disturbi, da riscontrare poi con il vostro curante), ma non occorre una laurea breve per poi leggere le etichette: i parametri che interessano il vostro benessere urologico sono solo cinque (leggi sotto).

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Anche l’acqua gassata va bene

Quanta acqua bere al giorno? «Circa due litri, fra bottiglie e bicchieri a pasto, ma questo fabbisogno aumenta se si fa sport regolarmente e quando, col caldo, si suda di più», avverte Galli.

«Esiste poi un metodo infallibile per capire se stiamo bevendo abbastanza: la pipì. Se è poca, non limpida e magari odora di più vuol dire che non stiamo bevendo abbastanza, e la prima cosa da fare è aggiungere almeno un bicchiere».

Seconda regola: via libera all’acqua gassata. «Urologicamente va benissimo, non ha controindicazioni se non un possibile gonfiore locale, limitato e temporaneo, ma non è indicata per chi soffre di reflusso», conclude l’esperto.

  • Cistite, l’acqua giusta

La cistite è il disturbo al femminile più diffuso e fastidioso, ed è legato strettamente al consumo d’acqua.

«In questi casi consiglio acque oligominerali con residuo fisso sotto i 50 mg per stimolare meglio la diuresi, importante perché evitiamo il ristagno e la concentrazione/ploriferazione dei batteri che fanno esplodere l’infiammazione della vescica. Bere elimina molte tossine», spiega il nostro esperto.

«Occhio al sodio se utilizziamo queste acque “leggere”: occorre rivederlo con l’urologo ai primi caldi (sono abituato a leggere le etichette che mi mandano i pazienti) e fare un compromesso fra il residuo fisso e questo singolo parametro. La cistite poi è spesso provocata (o almeno peggiorata) dalla stipsi, cioè da una funzione intestinale non regolare: per questo raccomando che ci sia la giusta quantità di magnesio, che la combatte».

Ma l’errore più frequente di chi ha la cistite è limitare la quantità d’acqua durante il giorno. «E lo capisco, perché già la cistite costringe ad andare in bagno più del dovuto, in più si sente bruciore a ogni minzione: è normale evitare questi momenti», commenta Galli. «Ma è sbagliatissimo. L’acqua, nella cistite, è davvero una medicina che va assunta regolarmente, anche soffrendo un po’. Quindi sforziamoci di bere il minimo raccomandato (2 litri) ma sempre e regolarmente, anche se brucia. Brucerà sempre meno, è questione di ore».

  • Prostatite, l’acqua giusta

La prostatite è la cistite al maschile fa diventare l’acqua una specie di nemico dal quale scappare per evitare il fastidioso bruciore durante la minzione. «È la cosiddetta pollachiuria: ma non bere a sufficienza ritarda la guarigione», sottolinea l’urologo.

«E in questo caso, al contrario di chi ha l’ipertrofia prostatica, occorre farlo particolarmente prima di dormire, perché i reni recuperano terreno proprio di notte, filtrando più urina, che viene così “depurata” e resa ideale per lavare via i batteri. In più, una buona diluizione dei liquidi corporei attiva la risposta immunitaria contro l’infezione in atto e, se come spesso succede dobbiamo anche fare una cura antibiotica, questi farmaci funzionano meglio se c’è abbastanza acqua».

L’urologo in tali casi raccomanda una oligominerale ricca di magnesio, anche per contrastare la stipsi, alleata della prostatite.

  • Ipertrofia prostatica, l’acqua giusta

In caso di ipertrofia prostatica il bere poco ha a che fare con le levatacce notturne, tipiche di chi ha la prostata ingrossata. «A maggior ragione la regola dei due litri consumati prima delle 18 funziona», sottolinea il dottor Galli.

«Evitare quindi di bere l’ultimo bicchiere d’acqua proprio prima di coricarsi è una buona strategia per non interrompere il sonno. L’errore però che fanno molti è quello di ingolfarsi di acqua durante la cena, che oltre a non garantire visite in bagno dopo la mezzanotte non fa bene neanche alla digestione, aumentando la congestione intestino-vescica-prostata. Molti over 60 poi hanno l’abitudine di consumare a cena minestre, brodi e cibi liquidi. È stato dimostrato che se concentriamo alimenti solidi in questa fascia della giornata ci risparmiamo mediamente due visite notturne al bagno».

In questi casi non ci sono raccomandazioni speciali per il tipo di acqua: l’urologo però tiene conto soprattutto del sodio e del residuo fisso, se come spesso avviene all’ipertrofia prostatica si accompagna la pressione alta o addirittura un’ipertensione.

  • Calcolosi, l’acqua giusta

I calcoli sono lo spauracchio di molte persone (250mila nuovi casi all’anno, comprese le recidive), che spesso proprio a causa del loro problema imparano a leggere le etichette e a scegliere l’acqua per prevenirli.

«In generale però il fai da te in questo campo parte da un errore: il terrore per il calcio», spiega il nostro esperto. «Che il calcio presente nell’acqua provochi la comparsa dei famigerati sassolini non solo è una fake news, ma è vero esattamente il contrario. L’acqua ideale per chi soffre di calcolosi, salvo diversa prescrizione medica (l’urologo può decidere di scegliere in certi casi un’acqua particolare e “medicata”) è infatti del tipo calcico, povera di sodio e con una buona quota di magnesio, quindi il calcio ci deve essere eccome. E diventa fondamentale anche in un momento particolarmente predisponente a questo disturbo, la gravidanza. Sarà poi un’abitudine da conservare anche dopo l’arrivo del bambino, perché gestazione e allattamento possono impoverire le riserve di calcio e quindi predisporre la donna a una futura osteoporosi. Quindi in chi rischia, ha sofferto o soffre di calcolosi urinaria non basta “togliere il sasso” quando arriva, ma occorre lavorare sulla predisposizione individuale. Lavandola via».

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Acqua del rubinetto? Ok

Ma va bene anche l’acqua di rubinetto? «È la domanda che mi fanno più spesso i pazienti, perlopiù abituati a consumare quella in bottiglia», spiega il dottor Galli. «La risposta è sì da un punto di vista batteriologico: le acque di rubinetto italiane sono in generale sottoposte a severi controlli, anche del cloro che le disinfetta. Per quanto riguarda i 5 parametri che ci interessano (aggiungi magari i nitriti e i nitrati, per valutarne la “purezza”) occorre invece richiedere un’analisi casalinga delle acque, meglio se condominiale, che si può fare una volta all’anno».

Un’analisi casalinga fatta da un laboratorio (in genere più precisa) costa dai 60 ai 200 euro, a seconda dei parametri richiesti.

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