Sonnellino: perché fa bene, quando farlo, per quanto tempo

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In Spagna la chiamano “siesta”, in Giappone “inemuri”, oltreoceano parlano di “power nap”. Tanti modi diversi per indicare la stessa cosa, ovvero il sonnellino pomeridiano, quello che spesso e volentieri schiacciamo dopo pranzo per affrontare con più slancio le attività successive. «Quando è permessa dalle condizioni di vita, la pennichella può avere effetti positivi sulla salute perché rigenera, riduce lo stress, migliora il metabolismo e, secondo alcuni studi, abbassa addirittura la pressione sanguigna», racconta il professor Fabio Cirignotta, responsabile della Sleep Clinic alla Clinica Privata Villalba di Bologna. «L’unica controindicazione riguarda chi soffre di insonnia, perché la pennichella può compromettere il cosiddetto processo omeostatico del sonno: quest’ultimo, infatti, è simile a una molla che si comprime man mano che restiamo svegli. Se dormiamo al pomeriggio, la molla si rilassa e la “pressione del sonno” diminuisce in vista della notte, ritardando l’addormentamento in chi ha già difficoltà a riposare».

Perché fa bene fare il sonnellino

Fare un pisolino a metà giornata aumenta le prestazioni cognitive, rende più produttivi sul lavoro, aiuta il ​​cervello a ripulirsi dai prodotti di scarto che ne inibiscono l’attività e migliora le capacità di apprendimento perché ottimizza l’attivazione dell’ippocampo, un’area cerebrale che è fondamentale per immagazzinare nuove informazioni. Alcuni studi hanno dimostrato che la pennichella aiuta anche a combattere l’ipertensione, perché abbassa mediamente del 4% la pressione sanguigna rispetto a chi non sonnecchia: un valore minimo eppure sufficiente a preservare la salute di cuore e arterie, proficuo tanto quanto altri cambiamenti nello stile di vita, come tagliare il consumo di sale e alcol. «I benefici riguardano anche l’umore, perché i brevi sonnellini sembrano collegati a una maggiore positività, una migliore tolleranza alla frustrazione e una felicità più appagante», assicura il professor Cirignotta.

Per quanto tempo

Gli esperti consigliano di non superare i 30 minuti di pennichella, perché dormire più a lungo fa entrare nelle fasi più profonde del sonno, da cui è difficile svegliarsi. Risultato: dopo la siesta, ci sentiremo più intontiti, confusi, rallentati. «Una mezz’ora, invece, rappresenta il giusto compromesso e andrebbe ritagliata nella fascia oraria che va dalle 14 alle 16, quando fisiologicamente l’organismo vive una riduzione dei suoi livelli di vigilanza, attenzione e concentrazione», consiglia il professor Cirignotta. «Infatti, nonostante si parli di stanchezza post prandiale, in realtà il pranzo c’entra poco o nulla. Ovviamente abbuffarci non aiuta e può accentuare la naturale tendenza all’assopimento, ma quest’ultima è indipendente dai cibi che introduciamo, perché è dovuta ai ritmi circadiani che scandiscono la nostra vita come un orologio interno».

Cosa succede se dormiamo subito dopo aver mangiato

Molti pensano che addormentarsi subito dopo pranzo possa compromettere la digestione, ma le ultime evidenze scientifiche lo smentiscono: anzi, pare che riposare dopo aver mangiato consenta al sangue di “concentrarsi” sull’attività digestiva, senza altre distrazioni. «Basta evitare la posizione sdraiata, appisolandosi sulla poltrona ad esempio», suggerisce l’esperto. Piuttosto, può essere deleterio schiacciare un pisolino al di fuori della fascia oraria 14-16: «Tra l’altro, dalle 17 alle 19 si parla di “forbidden zone”, cioè di zone proibite per il sonno, perché è più difficile indurlo visto che l’organismo si trova in uno stato di attivazione molto alto. Quindi, al ritorno dal lavoro oppure al termine di una giornata stressante, è inutile provare a riposare prima di cena.

Se invece la sonnolenza si fa sentire a qualunque ora, forse è il caso di approfondirne le cause: alla base potrebbe esserci una deprivazione cronica di sonno, magari dovuta alle apnee notturne, oppure qualche malattia organica che provoca astenia come sintomo aspecifico».

Quattro consigli per un pisolino energetico

  • impostiamo una sveglia dopo 20-30 minuti al massimo, assicurandoci di non avere nulla da fare subito dopo che è suonata. Anche se dovremmo svegliarci riposati e non intontiti, è meglio concederci qualche minuto prima di tornare al lavoro;
  • spegniamo il computer e mettiamo il ​​telefono in modalità silenziosa, per eliminare ogni fonte di distrazione. Se non possiamo stare lontano dal rumore, proviamo i tappi per le orecchie o ascoltiamo un po’ di musica rilassante con le cuffie;
  • prepariamo la mente a ottenere il massimo dalla pennichella, iniziando il riposo con una meditazione rilassata e gentile, che consenta di rilassarci e addormentarci, allontanando tutti i pensieri e le preoccupazioni della giornata;
  • non usiamo il sonnellino pomeridiano per rimediare alla carenza di sonno notturno. «Per dormire bene la notte bisogna educarsi, avere buone abitudini quotidiane, coricarsi e svegliarsi a orari regolari, evitare attività particolarmente coinvolgenti sul piano mentale o emotivo ma anche l’esercizio fisico di medio-alta intensità prima di metterci a letto. La pennichella non può riparare ai nostri comportamenti viziati, ma di certo può aiutarci se la qualità del sonno notturna è buona e regolare», conclude l’esperto.

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