Per svolgere correttamente le sue funzioni vitali, l’organismo deve mantenere un preciso equilibrio acido-base (o pH), che rappresenta uno dei grandi pilastri del nostro benessere. Ciò significa che il sangue non deve essere né troppo acido né troppo alcalino, ma una giusta via di mezzo, di cui 7.4 rappresenta il valore ottimale. «Al di sotto di questa soglia si parla di acidosi, al di sopra invece di alcalosi», spiega il professor Lelio Morricone, responsabile del Servizio di Diabetologia e Malattie metaboliche all’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano. Ma che cosa può determinare una riduzione del pH? Talvolta può esserci un’anomalia della funzione respiratoria, per cui i polmoni non riescono a espellere abbastanza anidride carbonica prodotta dal corpo (acidosi respiratoria), mentre altre volte ci sono malattie metaboliche, infezioni gravi, disidratazione o intossicazioni (acidosi metabolica).
Cos’è l’acidosi metabolica
Tutte le attività che si svolgono nel corpo per rifornire organi e muscoli di energia, come il metabolismo di grassi, carboidrati e proteine, generano scorie (molte delle quali sono acide) che vengono eliminate attraverso l’intestino, i reni, la pelle e i polmoni. Se qualcosa va storto, l’organismo non riesce più a rimuovere questi prodotti di scarto, che iniziano ad accumularsi: «Nella maggior parte dei casi, questa situazione si verifica in caso di insufficienza renale oppure di diabete scompensato», tiene a precisare il professor Morricone.
Quali sono le cause dell’acidosi metabolica
I reni eliminano le sostanze (sia acide sia basiche) che l’organismo deve espellere, fra cui l’urea, la creatinina, l’acido urico e il fosfato. Quando la funzionalità renale viene meno, gli acidi prodotti dai processi metabolici si accumulano nel sangue e questo è associato a catabolismo muscolare (smantellamento delle proteine dai muscoli per ricavare energia), riassorbimento osseo e ulteriore progressione della malattia renale.
«Nel caso del diabete invece, soprattutto in quello di tipo 1, può crearsi una situazione di chetoacidosi. In parole povere, a causa della mancanza di insulina, si innescano dei meccanismi a livello cellulare che portano all’eccessiva formazione di corpi chetonici, composti normalmente presenti nel sangue in piccole quantità: questi costituiscono una sorta di “carburante” d’emergenza per le cellule e vengono prodotti in condizioni di scarsità di glucosio o nel caso in cui la carenza di insulina determini l’impossibilità di utilizzare il glucosio come fonte energetica da parte delle cellule».
La maggior parte di questi composti (il più noto viene comunemente chiamato acetone) è fortemente acida, per cui un eccesso “acidifica” anche l’intero organismo. «Oggi si tratta comunque di un’evenienza rara, perché il diabete viene più facilmente monitorato e compensato rispetto a un tempo», tiene a precisare il professor Morricone.
Quali sono le conseguenze
Se non opportunamente trattata, una condizione protratta di acidosi metabolica può intossicare il corpo e portare a diverse conseguenze, che vanno da un generico rischio per diverse co-morbilità fino al pericolo di coma, se il fenomeno è acuto o molto intenso.
I sintomi dell’acidosi metabolica e la diagnosi
È possibile sospettare l’acidosi metabolica in base a diversi sintomi. «Al di là di una stanchezza cronica che persiste anche dopo aver riposato o che comunque è esagerata rispetto allo sforzo compiuto, si manifestano spesso nausea, vomito, mancanza di appetito, respiro irregolare, alito cattivo, crampi muscolari e, nel caso del diabete scompensato, la sintomatologia si accompagna a un aumento della sete e una maggiore frequenza di minzione».
Ma una diagnosi certa può arrivare solamente con un’indagine di laboratorio denominata emogasanalisi (EGA), un esame “istantaneo” che sfrutta un prelievo arterioso (di solito a livello del polso, arteria radiale, oppure nella piega del gomito, arteria brachiale) e non venoso come le comuni analisi del sangue: «Dal risultato, i medici riescono a rilevare con precisione il pH del sangue, l’eventuale grado di acidosi e il modo in cui l’organismo sta tentando di correggere questa situazione», illustra l’esperto.
Gli altri esami
Nei pazienti con diabete può essere utile il dosaggio dei corpi chetonici nelle urine, che possono essere “testate” anche con delle comuni cartine indicatrici vendute in farmacia: basta mettere una cartina sotto il getto dell’urina e verificare, dopo pochi istanti, il cambiamento di colore.
Come si tratta
Mentre nel caso del diabete il trattamento consiste in una dose di insulina adeguata per bloccare il rilascio dei corpi chetonici, nell’insufficienza renale o in altre situazioni di acidosi metabolica viene prescritto generalmente del bicarbonato di sodio in compresse, che viene assorbito dall’intestino e poi introdotto nel circolo sanguigno dove neutralizza gli acidi accumulati. «Spesso si legge anche di diete alcalinizzanti o, al contrario, di cibi acidificanti che possono peggiorare la situazione. In realtà, da sola, l’alimentazione non può risolvere né provocare il danno, perché il nostro organismo possiede un sistema di regolazione perfetto. È solo in conseguenza a patologie organiche importanti che l’acidosi può farsi strada, ma oggi gli specialisti sono molto abili a individuare precocemente il problema per evitare danni a lungo termine», conclude il professor Morricone.
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