di Filomena Carrella
Nicola Scanga e’ nato a Lago (CS) nel 1955 il 13 aprile.Pittore e fotografo, i suoi studi sono stati sempre orientati verso corsi artistici. Ha studiato presso Accademia di Belle Arti di Napoli. Docente di Discipline pittoriche nella provincia di Brescia dal 1984, ha rivestito il ruolo di Preside incaricato. Espone con assiduità in tutta Italia accolto da siti prestigiosi. Ha all’attivo raffinate e ricercate pubblicazioni, in particolare sei raccolte di poesie: Parole, Vento, Oceano, Cartavetrata, Prospettive, Stagioni e un saggio sulla sepoltura nella storia, l’analisi del procedimento di sepoltura e del processo di tanatometamorfosi, estendendosi al Culto dei defunti. E’ in uscita ‘’l’Albero’’ interazioni tra testi e immagini. E’ in preparazione una nuova raccolta di poesie: Orizzonti. ‘’Stagioni’’ è la sua ultima raccolta di ben 120 poesie. A firmare la prefazione è la prof.ssa Rosaria Tarantino, che ama definire la prosa di Scanga come una: ‘’ Poesia che si fa riflessione filosofica sull’essenza del vivere, è quanto si può trovare nei versi, non convenzionali, della silloge Stagioni di Nicola. Sono 120 poesie che conducono il lettore a riflettere, a ri-piegare il pensiero sull’Io, a scavare nella profondità del suo animo per cogliere il vero significato del suo percorso esistenziale, breve o lungo che sia. E nel suo ri-piegarsi si trova a dover fare i conti con il tempo, nel suo succedersi di stagioni e nel suo susseguirsi di giornate lunghe, di giornate senza sole. E così, verso dopo verso, si giunge alla consapevolezza che, nella dura partita che è l’esistenza, il tempo scorre, usurando tutto di quel mondo in cui si è immersi.Cancella i segni del passaggio di ogni uomo, o graffiti della memoria, i ricordi dei suoi incontri, di quelli mancati, di quelli che hanno deluso.’’ La raccolta si chiude con questi versi che l’autore ci tiene a mettere in evidenza sulla copertina finale: ‘ Si smette di ridere. Si smette di sorridere. Nel tempo perso. Nel tempo disperso. Nel tempo svanito. TIC TAC,TIC TAC. In un bacio sfuggevole. Il bacio sfuggente. Quello che resta tra i ricordi.’’ Ma mi piace rivedere l’autore nei versi di una sua poesia che lo ritraggono nel pieno della sua sensibilità, della sua spiccata gentilezza verso il mondo, la natura e la gente. Un Nicola che in unta dei piedi non tralascia nessun particolare di tutto quello che avviene intorno a lui perché non ne è capace, perché lui è fatto per vivere intensamente la vita, anche se qualche volta da lontano con una macchina fotografica ed un taccuino per non perdere nessun particolare. Un cuore che sussulta sul mondo e che per l’amore dei suoi figli. Vorrebbe che tutto il pianeta terra si muovesse nella direzione giusta, salvando la natura, gli animali e la specie umana. Un autore che ama gridare al mondo, un po’ capovolto, un po’ trafitto da questi eventi non facili, tra covid e guerra:‘’Io che vivo, io che non vivo. Io che prendo gioia. Io che la vivo in un modo intenso. La mia giornata, il mio tempo. Io che vivo nascosto, narrando.La vita che scorre, il sangue che scorre.Un cuore afferrato. Un cuore lasciato.’’
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