Vincere il pericolo astensionismo | Corriere dell’Irpinia

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Stando alle previsioni, nelle prossime elezioni politiche del 25 settembre un italiano su tre diserterà le urne. Secondo il prof. D’Alimonte la media dei votanti del 72,9% potrebbe scendere al 70%.

L’astensionismo non è un fenomeno solo italiano. E’ presente le nazioni più democratiche e solide della nostra. In Francia nelle ultime politiche la partecipazione al voto è stata del 47,6%. L’Italia sotto questo punto di vista, fino a qualche decennio fa, è stato un paese virtuoso. Nelle prime elezioni politiche del 1948 votò il 92,23% degli aventi diritto. Il fenomeno cominciò con la crisi dei partiti alla fine della prima Repubblica, ed è andato aumentando in maniera costante, soprattutto nelle elezioni amministrative dove la maggioranza dei non voti a volte ha superato il 50%.

Il voto è un diritto sancito costituzionalmente: e il suo esercizio è un dovere civico, un obbligo morale tipico di ogni democrazia liberale perché dà ai cittadini il diritto di concorrere alle scelte dei partiti e dei protagonisti della vita politica, morale ed economica della nazione.

Quali le cause della non partecipazione al voto?

Sostanzialmente tre: la prima è una tendenza, affermatasi nelle democrazie più solide, di partecipare alle tornate elettorali ritenute più importanti. Negli ultimi decenni specie con i referendum sono stati chiamati troppo più spesso gli italiani alle urne.

La seconda, più importante, è legata alla crisi dei partiti che li ha completamente destrutturati e trasformati da soggetti ideologicamente definiti e aventi progettualità diverse ispirati dalle grandi correnti filosofiche e sociali del pensiero europeo dal liberalismo al socialismo e al marxismo, ingruppi di interessi e di potere.

La terza, strettamente collegata alla seconda, è la sfiducia nei confronti dei partiti e in genere delle Istituzioni. Molti, anche e soprattutto giovani, si trincerano dietro il facile slogan “La politica non m’interessa!”, Se una certa dose di astensionismo è fisiologica nelle democrazie occidentali, un elevata astensione finisce per favorire quei partiti che fanno del populismo, delle facili promesse e delle proteste generalizzate, dell’uso dei social e della televisione la loro unica propaganda fidando nella par condicio e nella compiacenza dei tanti conduttori e giornalisti affiliati e messi in azienda dai partiti stessi. Molti cittadini hanno praticato un voto di protesta  a favore di chi prometteva miracoli o cose irrealizzabili ignorando il principio che la politica è l’arte del possibile alle condizioni date e che le riforme devono essere coerenti ed hanno bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti. Abbiamo assistito ai trionfi ingiustificati di un Berlusconi, primo populista e raccontatore di favole d’Italia, poi di Renzi, il rottamatore, infine del movimento di Grillo, che voleva “svuotare” il Parlamento come una scatola di tonno, in caduta libera nonostante Conte. Ora molti elettori vogliono “provare” la Meloni, erede degli antichi fasci mai sconfessati, che insieme a Salvini il fanfarone, senza alcun senso dello Stato, e al redivivo Berlusconi con seguito di badante, vorrebbero prendere il potere per modificare la Costituzione.

Il momento è uno dei più difficili della seconda Repubblica e i partiti del centro sinistra non hanno, finora, dimostrato uno scatto d reni necessario per ribaltare una situazione molto difficile che i sondaggi danno per vinta dalla peggior destra che abbia avuto l’Italia.

Occorrerebbe un risveglio popolare ed una partecipazione compatta per sconfiggerla. Ci auguriamo che la nostra democrazia non sia arrivata ancora alla frutta e che coloro che avrebbero mille ragioni per non andare al voto si convincessero che il centrosinistra, con tutte le sue divisioni, resta ancora un baluardo della nostra Costituzione antifascista.

di Nino Lanzetta



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