A dispetto degli interessati sondaggi che sfornano mirabolanti previsioni sui risultati del voto di settembre, si può azzardare un’ipotesi basata su dati di fatto, per quanto aleatori: a destra come a sinistra il “centro” potrebbe diventare centrale. Non prenderà tanti voti, ma potrebbe risultare determinante più per la sconfitta che per la vittoria di uno dei due poli maggioritari. L’attenzione dei media si è finora concentrata prevalentemente sul “centro” del centrosinistra, cioè sull’accoppiata Calenda-Renzi, un matrimonio di convenienza fra due personalità debordanti, e quindi destinato a durare poco, se non addirittura a sfasciarsi in autunno; ma conviene prestare attenzione anche alla nascita dell’altro “centro”, quello del centrodestra, meno chiassoso del primo ma egualmente frutto di una provvisoria convergenza di tre personalità eterogene, due delle quali –Toti e Brugnaro – destinate a restare confinate nella dimensione regionale o municipale, mentre il terzo lato del triangolo, Maurizio Lupi, cattolico moderato ma già ministro con Letta e Renzi, è il più politico dei tre e non nasconde grandi ambizioni: vorrebbe recuperare i milioni di elettori persi dal Pdl di berlusconiana memoria. Nel “centro” del centrodestra ci sarebbe anche l’Udc di Lorenzo Cesa, il cui nome e simbolo non compaiono, almeno per ora, nel composito logo dell’alleanza.
Perché diciamo che i due “centri” potrebbero scompaginare i giochi dei principali contendenti? Perché sottraendo anche pochi seggi ai progressisti da una parte e ai conservatori dall’altra potrebbero vanificare i progetti dei due antagonisti. Ciò è evidente soprattutto per il “centro” di Calenda e Renzi, che ha reclutato personalità di pregio della destra come le ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, che potrebbero richiamare voti di opinione togliendoli a Forza Italia, già in difficoltà nonostante i fuochi d’artificio scatenati da Silvio Berlusconi, che peraltro ieri ha commesso un grave fallo istituzionale ai danni del Presidente della Repubblica. Il fatto che da giorni i media simpatizzanti per la destra sparino a palle incatenate contro il duo Calenda-Renzi dimostra quanto su quel versante politico si tema una perdita di voto moderato. Lo stesso dicasi per Matteo Renzi, che può esercitare un certo richiamo presso elettori progressisti sconcertati dalla scelta di campo a sinistra operata da Enrico Letta alleandosi con Fratoianni e Bonelli.
Naturalmente sono ragionamenti e ipotesi che si dovranno verificare alla luce dei risultati elettorali, ma che per il momento hanno una loro validità anche in considerazione del fatto che c’è un 40% di votanti che non ha ancora deciso, e sia Calenda che Renzi dispongono di capacità dialettiche considerevoli.
Nell’altro “centro”, il ragionamento è più sottile. Qui l’intenzione di Lupi, Toti e Brugnaro non è di togliere voti a Forza Italia ma semmai di frenare l’emorragia verso Azione-Italia viva; ma un successo parziale della lista, a scapito di Berlusconi (e di Salvini) farebbe comodo a Giorgia Meloni cui un indebolimento degli alleati spianerebbe la strada per palazzo Chigi. Insomma, nell’un caso e nell’altro, i due “centri” potrebbero giocare un ruolo da outsider in una partita appena cominciata.
di Guido Bossa
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