I sondaggi che i vari istituti di rilevazione dell’orientamento dell’elettorato italiano in vista delle elezioni politiche del 25 settembre sfornano ogni giorno che sembrano una scarica continua di mitragliatrice contro qualsiasi velleità del centrosinistra, se non di vincere, di fermare la destra in qualche modo. Si riassumono nell’annuncio di una vittoria squillante e immancabile di Meloni e soci e della debacle dei loro avversari. Se le urne confermassero i sondaggi, saremmo di fronte a un fatto politico clamoroso quanto preoccupante per ogni democratico: l’Italia che si tinge di nuovo di nero, esattamente un secolo dopo la Marcia su Roma.. Infatti il partito che traina la coalizione conservatrice, con forti venature reazionarie, è Fratelli d’Italia, erede dell’MSI, a sua volta erede del fascismo. Si tratterebbe anche del partito di maggioranza relativa, dal momento che distanzierebbe il PD di due tre punti percentuali. Anche Salvini sarebbe in ripresa, mentre i berlusconiani pare dovranno fare salti mortali per non precipitare verso il 5%. Confortante appare solo la ripresa dei pentastellati in versione Conte, che sarebbero già oltre il 10%. Sta portando loro bene la connotazione di partito più di sinistra e ancorato a una intransigente difesa della legalità democratica. Ne sono una meravigliosa prova la candidatura dell’ex procuratore della Repubblica di Palermo Scarpinato e dell’ex Procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho. A sua volta, il centrino del gatto (Calenda) e la volpe (Renzi) oscillerebbe tra il 4 e il 5%, in rappresentanza di quell’elettorato italiota fatto di furbacchioni e di curatori appassionati del proprio “particulare”, tendenzialmente di destra.
Andrà proprio così alle elezioni? Si vedrà. So che è mio dovere dare il mio contributo per cercare di impedire che l’Italia abbia come Presidente del Consiglio un’esponente dell’estrema destra come Giorgia Meloni. Che fare, dunque? Parafrasando Marx, rispondo che non ho ricette per la cucina della vittoria elettorale. Ma qualche idea, sì, ce l’ho, e ne ho già parlato in precedenti scritti su questo giornale democratico, su cui Gianni Festa, il direttore, ha offerto, con il suo editoriale di domenica scorsa, ha offerto alla riflessione dei lettori grande saggio di nobile etica pubblica e di autentico senso umano, solidale e democratico-egualitario.
Quel che mi pare urgente è che bisogna smetterla di dire che Meloni è fascista. Gli italiani, in buona pare, mafia e fascismo ce l’hanno nel sangue, e non se ne vergognano. E neppure fa breccia dire che la Costituzione è in pericolo e che l’elezione diretta del Presidente della Repubblica è una iattura antidemocratica. Vi sono diversi grandi paesi occidentali a regime presidenziale o semi-presidenziale. Bisogna, invece, elaborare un programma con scelte forti e radicali e favore dei ceti popolari, dei giovani e delle donne e del Sud e della lotta al crimine organizzato. Ponendo la salvezza del pianeta come problema dei problemi. E, perciò, dimostrarsi una forza riformatrice, capace di mediazione progettante degli interessi, sapendo comporre in sintesi anche quelli più lontani.
E’ il momento delle scelte. Il PD deve darsi un’identità vera. Ovvero scegliere tra moderatismo e riformismo. Non scegliendo, si fa rischia di fare la fine dell’asino di Buridano, che morì di fame e di sete avendo parimenti fame e sete.
di Luigi Anzalone
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