Ghosting, quando si lascia sparendo: 3 consigli strategici

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La sparizione è la più crudele delle azioni che si possano mettere in atto, perché lascia l’altro in sospeso. Ce lo ha scritto una lettrice, proponendoci di affrontare l’argomento su Starbene, e riassume bene il concetto di Ghosting, un fenomeno oggi dilagante, secondo gli esperti. Tant’è che nelle Filippine Arnolfo Teves, membro della Nationalist People’s Coalition, ha appena proposto un disegno di legge che configuri il Ghosting come reato emotivo, perché provoca traumi e “sviluppa sentimenti di rifiuto e abbandono. Può essere paragonato a una forma di crudeltà, e dovrebbe essere punito”, ha dichiarato il deputato. Esagerato? Tutt’altro per la dottoressa Maria Giovanna Luini, che di casi di questo tipo ne vede tanti. «E sempre di più, perché il Ghosting è diventato una “moda”. Ormai tutti credono che ci si possa comportare così normalmente, impunemente. E invece le conseguenze per chi lo subisce possono essere molto pesanti».

Ghosting, un fenomeno nato dai social

La fortuna del Ghosting l’hanno fatta i social. Sono loro, con le amicizie e i flirt mordi e fuggi, che ci hanno “insegnato” le modalità delle sparizioni. Oggi tanto è facile contattare una persona per corteggiarla, quanto è semplice, dopo averla inondata di messaggi e carinerie (si chiama tecnicamente love bombing) sparire, bloccare gli accessi a tutti i profili e fonti di informazione online, escluderla e cancellarla dalla nostra vita, virtuale e non. In un clic.

Il promotore del disegno di legge intitolato “Un atto che dichiara il Ghosting come un reato emotivo“, afferma che questa pratica è una forma di crudeltà diffusa nel mondo di oggi, che è appunto incentivata dalle tecnologie perché “il regno degli appuntamenti è cambiato in modo esponenziale rispetto agli anni precedenti“, portando con sé una maggiore facilità a recidere i legami anche a discapito dei sentimenti dell’altra persona.

«I social c’entrano senz’altro, ma soprattutto per un effetto trascinamento: così fan tutti, quindi lo posso fare anch’io», commenta Maria Giovanna Luini. «Di sicuro “lo faccio per non far soffrire l’altro” è una scusa che ci raccontiamo, in realtà non abbiamo la voglia o il coraggio di confrontarci col dispiacere e metterci in una posizione scomoda».

Secondo un’indagine della rivista Elle, il fenomeno Ghosting è più femminile che maschile (il delta è dell’8% circa), ma gli esperti fanno notare che ciò non sarebbe dovuto a un maggior cinismo femminile, ma piuttosto alla riottosità del maschio medio, almeno quello italiano, a lasciare. L’uomo in genere preferisce farsi piantare: infila una serie di bugie e bidoni sentimentali che nessuno reggerebbe a lungo, così il partner chiude la partita per sfinimento. «Esiste anche il “mi tengo aperta una porta, non sia mai che cambio idea dopo”, che è molto egoistico, ma è un comportamento diffuso», commenta l’esperta.

Da qui partono poi altri due fenomeni: l’Orbiting, il controllo a distanza via social, e lo Zombieing, la riapparizione e la riscomparsa.

La manovra tipica del narcisista

Sparire è un tipico atteggiamento del narcisista, l’uomo che gode nell’esercitare un potere sulla partner alternando il bastone (le sparizioni appunto) alla carota (il love bombing e le dichiarazioni d’amore esagerate). Uno studio della British Columbia University descrive queste personalità manipolative come fredde e controllate, caratterizzate da un senso di dominanza e superiorità, spesso prive di empatia e incapaci di provare rimorso.

«La versione cattiva è quella di chi ha un vero e proprio disturbo del comportamento, il cosiddetto narcisista patologico, per fortuna non troppo diffuso nella realtà delle relazioni», precisa Maria Giovanna Luini. «Altro è parlare di un tratto narcisistico in una persona, che è un fenomeno diffuso, presente un po’ in tutti, ma che è diventato ipertrofico proprio per l’atteggiamento di emulazione da social di cui abbiamo parlato prima. Il narciso diventa il centro del suo mondo, gli altri contano finché hanno un interesse per lui, poi possono scomparire, anzi mi volatilizzo io senza il minimo senso di colpa».

Le conseguenze del dileguamento

Quanto può fare male il Ghosting? Il legislatore filippino lo descrive come un atto “mentalmente, fisicamente ed emotivamente estenuante” per chi lo subisce. Può anche “ridicolizzare” fino all’“ umiliazione”, aggiungendo che “gli studi hanno dimostrato che il rifiuto sociale di qualsiasi tipo attiva gli stessi percorsi del dolore nel cervello di quello fisico, il che significa che esiste un legame biologico tra rifiuto e sofferenza. Questo vale per amici e partner, nello stesso modo” (fonte CNN).

«Uno dei primi studi qualificati sul Ghosting è stato quello del New Scientist, che ne ha descritto le caratteristiche di base e gli effetti», aggiunge Luini. «Che possono essere davvero pesanti, perché lascia un sospeso che ha a che fare con un vero e proprio lutto, dove però non ti fanno vedere la salma. Non avviene quindi un addio definitivo, reale e conclusivo, perché assomiglia di più al caso della persona dispersa. Non c’è quindi il senso della storia finita, non c’è una parola fine: per quanto brutale e doloroso, meglio dire “non mi interessi più” che sparire. Il the end, in un lutto è un passaggio necessario, altrimenti può lasciare strascichi pesanti».

Esiste una sorta di DNA emotivo che può essere danneggiato da certi traumi psicologici? «Il Ghosting ha questo effetto nefasto e lascia ferite profonde: dolore, rabbia e sconcerto entrano in noi e modificano la nostra emotività», spiega Luini. «Se non di DNA possiamo parlare di epigenetica, cioè di espressione dei nostri geni. Essere sospesi e prendere coscienza di giorno in giorno che c’è stato un lutto e noi non ce lo aspettavamo è tremendo. È una presa di coscienza che spesso non trova pace, se non con l’aiuto di un esperto».

Ma esiste un Ghosting peggiore di altri? Ci sono storie che finiscono così prima ancora di prendere corpo, altre dopo anni di relazione. «Di sicuro chiudere con il silenzio quando si ha un vissuto relazionale di anni è il peggio», conclude la dottoressa Maria Giovanna Luini. «Succede per esempio negli amanti di lungo corso, quando uno dei due è scoperto dal coniuge e sparisce di colpo. Ma il top del male si ha quando il “defunto” ritorna e poi risparisce».

Tre consigli strategici

1. Non chiedere consiglio agli amici. «Non raccontare a tutti cosa è successo, domandando perché e cosa fare: il risultato è il caos di suggerimenti contrastanti», avverte Maria Giovanna Luini. «In più, parlare una notte intera di lui o lei con l’amico diventa, ogni volta, la celebrazione di un lutto infinito. Ci vuole un vero esperto».

2. Contatta il fantasma. «A una settimana dalla sparizione scrivi o telefona al ghost: “scusa, cosa è successo così mi regolo: non ci sentiamo più, non ci vediamo più?”», suggerisce Luini. «Il tono deve essere calmo, non accusatorio o da vittima. Se non c’è risposta o il ghost accampa scuse, basta. Stop».

3. Non raccontiamoci favole. Non attacchiamoci a idee del tipo “ma lui è combattuto, dubbioso, forse mi vuole ancora”: chi non si fa sentire non è interessato.

E dopo il ghosting scatta l’orbiting e lo zombieing

Sempre “grazie” alle tecnologie, al fenomeno del Ghosting ne seguono spesso altri due, molto impattanti sulla nostra psiche. Innanzitutto l’Orbiting, che consiste nella presenza del fantasma sui nostri social dopo l’abbandono. Ci segue, mette un like a un commento, oppure posta degli stati di WhatsApp che sembrano dei messaggi trasversali. «Un tormento, perché ci illudiamo che gli interessiamo ancora, e ci torturiamo al pensiero di contattarlo o meno», commenta Luini.

Lo Zombieing, da Zombie, è invece il ripalesarsi del fantasma. «Anche dopo un anno dalla “dipartita”, ed è davvero destabilizzante, soprattutto se poi la ripresa della storia si chiude di nuovo con una sparizione».

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