È un tumore solido, maligno e tipico dell’età pediatrica, raro (l’incidenza è di circa un caso ogni 40 mila nati vivi) ma comunque il più frequente dopo leucemie e neoplasie cerebrali. Il neuroblastoma origina dal sistema nervoso simpatico, ovvero quel sistema che controlla alcune importanti funzioni involontarie del nostro organismo, come respirazione, digestione e battito cardiaco (da qui “neuro”) ed è costituito da cellule che non vanno incontro a una normale maturazione nella vita fetale (da cui “blastoma”).
«Definito anche tumore neuroblastico periferico, interessa soprattutto i bambini in fascia prescolare: il picco di incidenza si registra intorno ai 2 anni di vita, ma in generale può insorgere a qualsiasi età, mentre è raro negli adolescenti ed eccezionale nell’adulto», racconta il dottor Massimo Conte, vice presidente dell’Associazione italiana per la lotta al neuroblastoma, medico pediatra presso l’Istituto G. Gaslini di Genova e coordinatore italiano del Gruppo di lavoro Neuroblastoma dell’Associazione italiana ematologia oncologia pediatrica.
Cos’è il neuroblastoma
«Questo tumore maligno, che ha un’incidenza complessiva di circa 15 mila nuovi casi all’anno nel mondo, di cui circa 150 in Italia, nasce dal sistema nervoso simpatico e come tale può insorgere in qualsiasi distretto corporeo dove si trovano tali strutture, anche se nella maggior parte dei casi si manifesta a livello di addome e dei gangli paravertebrali, una sorta di catena che si estende dal collo al coccige, con una localizzazione “privilegiata” nelle ghiandole surrenali», riferisce il dottor Conte.
Gli studi epidemiologici hanno identificato situazioni che predispongono alla patologia, come alcune sindromi genetiche (per esempio, la sindrome di Beckwith, la neurofibromatosi o più raramente la sindrome di Down), mentre non sono noti al momento eventuali “trigger” ambientali, cioè stimoli esterni come l’esposizione a sostanze tossiche oppure particolari mestieri o abitudini di vita dei genitori.
Quali sono i sintomi
Spesso, il neuroblastoma esordisce con segni e sintomi tipici di una banale influenza: febbre, stanchezza, pallore, inappetenza e perdita di peso. «In genere, però, la sintomatologia varia in base all’estensione del tumore: quando è localizzato in una sola sede, il riscontro è sovente casuale e avviene durante un’ecografia addominale o una radiografia del torace eseguite per altri motivi;
quando invece la malattia è avanzata e presenta metastasi a distanza, in particolare a carico del midollo osseo e dello scheletro, i sintomi sono sistemici, per cui il bambino può avere febbre, cambia il tono dell’umore, manifesta disturbi del ritmo sonno-veglia, lamenta dolori ossei e presenta ematomi spontanei su tutto il corpo, che si formano in assenza di traumi», descrive l’esperto. In genere i sintomi sono rapidamente progressivi, per cui non passa molto tempo dalla loro insorgenza alla necessità di rivolgersi al pediatra di libera scelta oppure al pronto soccorso.
Come si arriva alla diagnosi
A una diagnosi di certezza si arriva solo attraverso l’esame istologico di un campione tumorale o dell’intera massa, se asportabile. La stadiazione della malattia deve prevedere poi lo studio del tumore primitivo con delle indagini radiologiche (ecografia, Tac e risonanza magnetica) e ricercando nelle urine del bambino alcune sostanze che questo tumore tipicamente produce, ovvero degli acidi (come quello vanilmandelico), la cui presenza in elevate concentrazioni può essere già orientativa della diagnosi.
«Il quadro viene poi completato con una scintigrafia, eseguita iniettando nel sangue un isotopo radioattivo che va a fissarsi solo nelle cellule malate, e con uno studio del midollo osseo, attraverso il prelievo di una piccola quota di sangue midollare dalle creste iliache. Una corretta stadiazione alla diagnosi è fondamentale, visto che da questa dipendono sia la prognosi sia il trattamento», tiene a precisare il dottor Conte.
Come si tratta
Nei bambini con malattia localizzata, ovvero con un’unica massa presente in qualsiasi distretto corporeo, il trattamento può essere unicamente la chirurgia per asportare il tumore. «Nella malattia metastatica, invece, la prognosi è purtroppo spesso infausta, perché la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi non supera il 40-45 per cento dei bambini. In questo caso, i trattamenti sono molto articolati e durano circa un anno, in cui si abbinano chemioterapia, radioterapia, chirurgia, autotrapianto di midollo osseo e immunoterapia», tratteggia il dottor Conte.
Si tratta di protocolli pesanti, sia in termini di durata sia d’intensità, ma che sorprendentemente i bambini tollerano molto bene: «In età pediatrica, infatti, l’organismo è plastico e ha una grande capacità di metabolizzare le sostanze tossiche introdotte con le cure. Per di più, nei bambini sono assenti le co-morbilità che spesso complicano le cose, ovvero malattie concomitanti come diabete, cardiopatie o malattie pneumologiche che limitano i trattamenti e amplificano gli effetti collaterali».
L’importanza della ricerca
Grazie alla ricerca scientifica, sono stati compiuti grandi passi avanti nella comprensione e nella cura di questa malattia: «Oggi possiamo contare su tecniche radiologiche scintigrafiche sempre più sofisticate, ma soprattutto si stanno studiando farmaci “intelligenti”, in grado di riconoscere selettivamente e colpire in modo specifico particolari mutazioni espresse dalle cellule tumorali, riducendo gli effetti collaterali dei chemioterapici classici», ammette il dottor Conte.
«Attualmente, il 75% dei bambini con neuroblastoma guarisce, ma resta ancora lo zoccolo duro delle forme più gravi, in cui la sopravvivenza è ancora inferiore al 50% dei casi». L’importante è affidarsi a strutture specializzate e di eccellenza: «L’Istituto G. Gaslini è uno di questi e, dal 1976, rappresenta il centro coordinatore italiano per la diagnosi e la cura di questa malattia».
Cosa possiamo fare noi
L’Associazione italiana per la lotta al neuroblastoma rinnova anche quest’anno la sua campagna di Natale, l’iniziativa di raccolta fondi “Dono ricerca. RiDono la vita”, allo scopo di finanziare progetti per la cura del neuroblastoma e di altri tumori solidi pediatrici. Un modo per sostenere la ricerca è quello di scegliere i doni di Natale suggeriti sul portale dell’associazione (fra cui il kit portacandele “Luce di speranza”, nella foto), che si possono richiedere attraverso il sito, nella sezione ANB Store, scrivendo all’indirizzo di posta elettronica natale@neuroblastoma.org o telefonando ai numeri 010.9868319 oppure 010.9868320.
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