Un piovoso pomeriggio di fine autunno si è prestato a creare l’occasione per un riuscito cenacolo letterario presso la biblioteca Provinciale di Avellino dove si è conclusa la rassegna letteraria “ Avellino in versi”, ideata e promossa da Maria Ronca che, nell’arco di cinque incontri, moderati dal brillante Gianluca Amatucci, ha offerto spunti di riflessione sul contatto dei poeti con la realtà che da sempre li circonda, tra storie di periferia e profezie sociali di pasoliniana memoria, per poi sottolineare la valenza del viaggio come occasione per rinnovare se stessi, fino alla premiazione dei migliori elaborati poetici della violenza di genere, tramite il concorso “ Urla la poesia”. Più pacate ma non meno aderenti al quotidiano si sono rivelate le poesie di Elena Opromolla, lette in sala il 10 dicembre scorso dalla dr.ssa Ines Urciuoli che hanno subito catalizzato l’attenzione del pubblico, tutte inserite in una raccolta di poesie che si propone con il titolo programmatico “Olena”, a metà tra crasi e cambio iniziale vocalico, che sta ad indicare la volontà dell’autrice di raccontarsi, quasi “giocando” con le parole, che diventano affermazione di identità ma anche esigenza di scambio con le altre sensibilità per arricchire la propria. “Ogni esperienza di vita – chiarisce il Prof. Pellegrino Caruso, il quale ha curato la prefazione dell’opera – torna come “ricordo”, ricondotta etimologicamente al cuore in diverse poesie che cercano idealmente quel limbo di infanzia lontana, che sembra isola di approdo sicuro dell’animo, che le tempeste della vita non riescono mai a sommergere.”
Basta solo avere la volontà di essere attenti alle varie traiettorie della vita, con la capacità di “cambiare”, come recita il brano di Alex Britti, rievocato dal sassofonista Pietro Mariconda che ha curato gli intermezzi musicali della serata.
Per l’Autrice i dolori nella vita esistono, i fili della vita sono “intricati, invisibili” ma la “comunicazione” etimologicamente intesa come “condivisione” può rendere meno grave la solitudine del dolore individuale, che si risolve in abbracci fraterni, nella pace del “nido familiare” pascoliano ma anche nella leopardiana “social catena”.
“Le poesie della Opromolla – chiarisce Caruso- nascono come nero ricamo sulla pagina bianca, elaborate in ogni fase della giornata, dall’alba al mezzogiorno, dal meriggio alla sera, magari nella luce soffusa di uno studiolo che le consente di tenere la mente sveglia anche di notte e che risente di quelle atmosfere che Machiavelli suggeriva al Vettori in una delle sue Lettere più note, a contatto con “li antiqui grandi”. L’autrice, cosciente della caducità e della velocità della vita, si riserva sempre quei varchi cari a Montale, quei “correlativi oggettivi” come un cancello che d’improvviso puo’ aprire a mondi nuovi.”
Vera forza propulsiva della silloge poetica, presentata con soddisfazione dalla Prof.ssa Gabriella Guidi, in rappresentanza della Multimage edizioni, resta l’amore che spinge nello spazio dell’azione.
La Opromolla nel corso della serata si presentazione del suo libro di poesie, che segue i suoi racconti di “ Oltre la fiaba” resta, comunque, donna calata nel proprio tempo, che percepisce tutte le difficoltà dell’ “uomo tecnologico” che brancola nel buio del potere, del denaro e del terrore, in una condizione di disagio universale, ieri come oggi, da Belfast a Tel Aviv, da Kabul fino a Kiev.
L’autrice si racconta come attenta insegnante che, prima di ogni appello su registro elettronico, ha sempre percepito nei suoi allievi brulicanti energie, alla ricerca di ogni “attimo fuggente” pur celato dalla consapevolezza della sua labilità, va vissuto con quella leggerezza che cancella l’inquietudine. La vita è una meteora sfuggente, un sogno evanescente ma resta la possibilità comune a tutti di rinnovarsi, perché ciascuno può rivelare all’altro quell’uomo sempre nuovo che alberga in ciascuno di noi, che si irrobustisce con la pratica dell’esperienza e si emoziona con la forza del sentimento. “Importante – conclude Caruso – è non distaccare mai le proprie conoscenze dalla vita perché, come avvertiva il De Sanctis, bisogna sempre evitare che la cultura sfibri sentimento ed immaginazione. La poesia dell’Opromolla nasce di certo in tempi di crisi, in cui i vecchi orizzonti stanno deludendo, i progressi sembrano regressi ma l’uomo, fino alla fine della vita personale ed universale, avrà sempre la capacità di delineare nuove prospettive, affidandosi al potere catartico della poesia che si fa, citando Orazio, pictura, possibilità di tracciare scenari che consentiranno a novelli Omero ed Orfeo di smuovere tutti gli ostacoli che si frapporrano sempre fra gli uomini e la serenità perché ci sarà sempre un cancello di speranza, un’orchidea di nuovi profumi che seducono desideri e sogni concreti di serena convivenza tra tutte le creature.”
Non è un caso, infatti, che, dopo Avellino le poesie dell’ Opromolla saranno presentate anche a Napoli il 14 dicembre in occasione della Giornata Internazionale dei diritti umani come “ strumento di pace”, affidate alla voce recitante di Clotilde Punzo ed al soprano Vittoria Gava, in un pomeriggio curato da Ersilia Di Palo.
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