E’ stato il confronto con Pellegrino Caruso a partire dal volume “Orazio Flacco. Problemi testuali nel Libro I dei Carmina”, Abe edizioni a chiudere la seconda edizione della rassegna “Avellino letteraria” ideata da Annamaria Picillo, diventata vero riferimento culturale sul territorio. Un confronto, introdotto dalla giornalista Daniela Apuzza, che è stata l’occasione per riflettere sul valore della cultura classica e sul concetto di filologia che non può mai essere scienza esatta. Annamaria Picillo ha sottolineato come la rassegna sia nata all’indomani della pandemia dalla volontà di dare nuova linfa al tessuto sociale del territorio nel segno dell’amicizia e dell’amore, vero motore di ogni azione. Apuzza ha spiegato come la rassegna abbia raggiunto il suo obiettivo, quello di essere innanzitutto un salotto che permettesse agli autori di dialogare tra loro. E’ stata quindi la giornalista Floriana Guerriero a soffermarsi sulle ragioni del volume che nasce dalla passione per la ricerca dell’autore, docente di latino e greco al Convitto Colletta e dalla consapevolezza della centralità che ancora riveste la cultura classica nel tempo in cui viviamo. Guerriero ha posto l’accento sulla capacità dell’autore di ripercorrere la ricchissima varietà di commenti e note di filologi di età classica, umanistica e moderna che hanno accompagnato la produzione dei Carmina, caratterizzata da grande popolarità, come dimostrano gli oltre 800 manoscritti fioriti in diverse regioni. “Caruso – ha spiegato Guerriero – sembra concordare con il Bentley, tra i maggiori studiosi dei Carmina, sul fatto che il testo non debba essere mai considerato uno spazio chiuso e immobile, quanto piuttosto un oggetto suscettibile sempre di nuove interpretazioni. Ecco perché il compito del filologo non può mai dirsi concluso ma è sempre un work in progress. Il merito dell’autore è quello di passare in rassegna tutte le scelte linguistiche possibili, anche quelle più ardite”. Caruso si è soffermato quindi sulle qualità di un buon filologo che non può che partire dallo studio e dunque dalla conoscenza dell’autore e del contesto ma a ciò deve affiancare una congenial intimacy con l’autore, una capacità di ‘congetturare’ cercando poi conferma alle proprie congetture e la massima onestà intellettuale nel dare spiegazioni delle proprie scelte. Il dubbio deve essere il suo compagno di viaggio, capace sempre di mettere in discussione le proprie interpretazioni. Gli studi oraziani appaiono di grande complessità proprio perché caratterizzati da una foresta di tanti rivoli in cui ci si rischia di perdere”. Quindi Caruso ha parlato del valore che può ancora rivestire la cultura classica per i giovani “Ai giovani dico sempre di essere padroni della parola, ricordando che ‘per verba ad sidera’, dalle parole si può giungere fino alle stelle. Solo partendo dalle parole si può trovare il proprio orizzonte di senso. Ecco perché ricordo sempre loro i verbi delle stelle, considerare, desiderare e assiderare, dall’osservazione attenta al desiderio”. Infine ha ricordato il prezioso lavoro compiuto da Francesco Pincelli, docente di educazione musicale che ha musicato le odi di Orazio, nel segno di due anime che si uniscono. A Marco Parisi e Roberto Lombardi il compito di far rivivere alcuni carmina come l’Ode di Orazio a Mecenate, parole, quelle di Orazio, che si caricano di un valore forte quando esorta a non chiudere gli occhi di fronte a ciò che non ci piace. Di grande forza la testimonianza di don Gerardo Capaldo che ha ricordato il valore di cui si carica la cultura in tempi così difficile, di qui l’invito all’impegno comune per difendere la nostra società”. Particolarmente apprezzati anche gli intermezzi musicali a cura del soprano Antonella Carpenito e dalla pianista Chiara Donnarumma. A portare i propri saluti Edgardo Pesiri, alla guida dell’associazione Carlo Gesualdo e il sindaco Gianluca Festa che si è detto soddisfatto della buona risposta del pubblico a quello che è diventato un vero salotto letterario in uno die luoghi più belli della città
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