Di Monia Gaita
Sono una donna, sono un uomo, sono una persona.
Sono la fallita, la moglie, la professionista,
la madre, la single, la sbandata.
Sono l’operaia, il medico, l’avvocato,
la segretaria, la sarta, l’infermiera.
Sono la dirigente, l’economista, la maestra,
la disoccupata.
Quella del lavoro irregolare,
che non arriva o arriva pelo pelo a fine mese.
Sono la benestante che compra per riempire il vuoto,
quella che a volte perde, a volte vince
la scommessa con la vita,
che deve ancora versare un grosso importo
ai sogni sciolti dentro l’acido
di cui non resta traccia.
Quella che stenta a capire ciò che è giusto
e che trattiene anche gli amori sghembi
sul dorso dei minuti troppo a lungo.
Sono l’inconclusa che vedi scendere d’inverno
con la sciarpa doppia,
quella della fortuna prossima ventura
con ottant’anni di ritardo.
Cavalco il dubbio di non farcela
con la paura di trovarmi la casa devastata,
i figli morti, l’anima appesa per più crimini
alla forca.
Sono una donna, sono un uomo, sono una persona.
Provo a resistere a chi mi offende,
mi rompe, mi consuma,
zampillo dai follicoli di chi mi vuole serva.
E sulla panca di quei limiti che ho sempre detestato
prego che il cielo non ridiventi ostile.