Gli ultimi quattro anni hanno stravolto i bilanci delle famiglie irpine, come nel resto del Paese, che ormai quasi per metà sono assorbiti dalle spese obbligate: nel 2023 le famiglie infatti spenderanno per abitazione, elettricità e le altre utenze in media più 1.300 euro al mese, oltre 400 al mese in più rispetto al 2019, pari ad un incrmento del 45,5%”. E’ il dato allarmante che il presidente provinciale di Confesercenti di Avellino, Giuseppe Marinelli, riferisce, sulla scorta di un’analisi condotta dall’organizzazione su spesa, redditi e risparmio delle famiglie.
“Complessivamente quest’anno – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – le famiglie italiane spenderanno in media 2.846 euro al mese, 286 euro in più rispetto all’ultimo anno prima della pandemia (2.560 euro). Una crescita, però, non dovuta all’aumento dei consumi, ma interamente all’inflazione energetica. Si spende dunque di più acquistando di meno. Un risultato che oltretutto potrà essere ottenuto solo attraverso un ulteriore sacrificio da parte delle famiglie, che dovranno bruciare ancora una quota consistente dei propri risparmi, per sostenere i propri livelli di consumo, pari a 6,5 miliardi di euro nell’intero Paese. Una erosione della liquidità confermata dai dati del sistema bancario, dai quali risulta una riduzione dei depositi nel primo trimestre 2023 di 11 miliardi rispetto allo stesso periodo 2022.
Come già detto, a crescere, in questi quattro anni, sono state soprattutto le spese per l’abitazione e per le utenze, che più hanno risentito degli aumenti di energia e gas. Nel 2019 le famiglie spendevano per questa voce in media 896 euro al mese, il 35% del budget mensile; oggi l’esborso è arrivato a 1.304 euro, occupando quasi la metà (il 45,8%) del bilancio familiare. La stangata sulle bollette per l’energia inevitabilmente ha tagliato lo spazio per gli altri consumi. Nel 2023 le famiglie spenderanno in media circa 210 euro in meno all’anno per l’abbigliamento, 384 euro in meno per i trasporti, -374 l’anno per spettacoli e cultura, e 321 euro l’anno in meno per servizi ricettivi e ristorazione. Le uniche voci di spesa a non restringersi sono quella per i prodotti alimentari e le bevande, che fanno segnare però un aumento sensibile dei costi”.
“La media della spesa delle famiglie – ha concluso Marinelli – e la sua composizione fa registrare forti scostamenti territoriali. Nelle regioni del Nord d’Italia emerge una spesa media più alta e dunque una disponibilità maggiore, mentre quelle del Sud costituiscono il fanalino di coda del Paese. In questa fase, pertanto, si conferma e si accentua l’immagine di un’Italia a due velocità, con un Mezzogiorno sempre più in difficoltà e con le aree interne ancora più penalizzate”.
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