di Gerardo Di Martino
Il Lecco in Serie B? No, il Perugia. Anzi la Reggina. Forse il Brescia. E in serie C? Lecco. No, Perugia. Facciamo Reggina piuttosto che Brescia. Ormai siamo avvezzi alla bagarre. C’abbiamo fatto il callo. Ordinaria amministrazione. Ci sta. In Italia ci sta. E così, la storia si ripete, ogni anno, puntuale. Come il giorno segue la notte, i calendari di B e di C vengono diligentemente infarciti di “X”, simbolo che nell’Antico Egitto stava a rappresentare “il mucchio” per l’appunto e che oggi testimonia un’inaccettabile consuetudine: far partire i tornei con un posto (ancora) vacante, una licenza (ancora) da decidere, una squadra (ancora) fantasma. Pazzesco! Per la verità, quest’anno la disputa è risultata molto gradevole, integralmente tesa, com’è stata, a far intendere a tutti che quei canoni di logicità e ragionevolezza – a cui, prim’ancora che le norme, dovrebbero rifarsi organi ed interpreti – segnano un confine invalicabile sul terreno della parità e dell’uguaglianza, lì dove avere le medesime chanche senza guardare al punto di partenza, è momento che attraversa l’attitudine di una decisione ad essere “giusta”, sol perché ancorata al senso comune.
Dunque, cosa è accaduto?
Che all’esito della passata stagione calcistica, la società Calcio Lecco è risultata promossa, sul campo, dalla Serie C alla B; il Perugia retrocesso in C, così come il Brescia. Con la Reggina già in B, non ammessa al campionato e quindi sospesa tra i professionisti e i dilettanti. Eravamo a fine luglio e ad agosto, anziché avviare la stagione calcistica, si è aperta quella dei ricorsi alla giustizia amministrativa ordinaria, come al solito. Il TAR Roma, prima, ed il Consiglio di Stato, poi, hanno ridisegnato i tornei, stabilendo che al campionato di B non avrebbe partecipato (come non parteciperà) il Perugia, frattanto già in B, né la Reggina; bensì Lecco e Brescia, entrambe nel frattempo “retrocesse” in Serie C. Ovvio. Insistono nell’Ordinamento principi generali, forgiati nella logica e nell’opinione comune, i quali non possono non permeare e conformare “il mondo sportivo”. Sono questi che, proprio per la loro peculiare natura, sanciscono che qualsivoglia comportamento sia esigibile, prima che dovuto.
La scadenza per comunicare lo stadio ove giocare non potrà mai essere ragionevolmente fissata nel giorno successivo alla partita che decreta la promozione della società (caso Lecco – Perugia, ad esempio). Perché non esiste nell’Ordinamento una situazione “tiranno” cui sfugge la possibilità di impedire l’inutile ed ingiusto sacrificio delle altre, parimenti bramose di tutela. Per ciò, siamo solo noi! Per ciò, nella mischia, nessuno come noi. Forse che sia arrivato il momento di anticipare la decisione su chi sale e chi scende – e, per l’effetto, su ricorsi e reclami nonché pagamenti e contestazioni – al momento della conclusione dei campionati, anziché in vista dell’inizio dei successivi? Non eviteremo l’usuale valzer (che dipende da ben altro) ma, quanto meno, potremo goderci squadre pronte, campionati allestiti e calendari completi, incredibilmente senza “X”.
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