Irene Vella dopo l’obesità e la chirurgia bariatrica: «Sono rinata»

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“Io all’inferno ci sono stata e ne conosco anche il peso specifico: quarantadue”. Quarantadue erano i chili di troppo che soffocavano il corpo e l’anima della giornalista Irene Vella, editorialista del magazine femminile online DiLei, che ha scritto la sua storia di ex obesa nel diario autobiografico Un chilo alla volta (Urra Feltrinelli), con dovizia di particolari. Quei dettagli di sofferenza di chi mangia sempre troppo, di chi è oggetto di sguardi tra il disgusto e la compassione, di chi fa finta di accettarsi però, di fatto, non si sente una curvy ma solo grassa. E non si riconosce più, dentro e fuori, perché una persona che ha provato sulla propria pelle una taglia oversize sa che ciò significa anche smarrire la propria identità. E ritrovarla, se il peso scende come è successo a Irene.

Il viaggio di andata e ritorno dall’obesità è stato un percorso dentro la tua vita, è così?

Non si diventa mai grassi, o peggio obesi, per caso. Quando si prendono chili su chili sei consapevole di quello che ti sta succedendo, solo che vieni risucchiato da un dolore dentro di te che ti travolge e spinge a mangiare sempre di più. Per cui metterlo a tacere, abbuffandoti, sembra l’unica soluzione possibile per sopravvivere.

Il tuo problema, che nome aveva?

Mio marito ha subito un trapianto di rene, l’organo gliel’ho donato io due mesi dopo il nostro matrimonio e per 18 anni è stato bene. Finché nel 2020 il problema (insufficienza renale cronica, la sindrome di Berger) si è ripresentato in tutta la sua “cattiveria”. È stato il punto di non ritorno: sono sprofondata in un vortice in cui ho capito che l’amore non era bastato a guarirlo. Mi sentivo sconfitta, perché non l’avevo salvato dalla dialisi per tutta la vita. E quando è sparita l’illusione della “favola a lieto fine”, sono saltati i freni inibitori a tavola. Ho soffocato il pianto con il cibo.

In questi anni difficili quanti chili hai preso?

Già a 39 anni, per colpa della menopausa precoce, ho preso i primi 10 chili di troppo. Dimagrire? Certo, ci ho provato. Non c’è stata dieta in circolazione che non abbia fatto, ma senza successo. Per tanto tempo sono stata stabile sugli 85 chili, e per 178 centimetri di altezza erano ancora accettabili, non si vedevano così tanto. Il grande salto l’ho fatto quando mio marito, nel 2018, si è ammalato di nuovo: in un anno e mezzo o poco più sono arrivata a toccare 118 chili. Mangiando tanto e male. Non ho mai sofferto di binge eating (disturbo d’alimentazione incontrollata) ma ai pasti esageravo con le porzioni.

288072Te ne rendevi conto?

Sì, ma non riuscivo a tornare indietro. Mille volte mi sono messa a dieta: ok per due giorni, il terzo crollavo. Avevo bisogno di strafogarmi. Di dolci, soprattutto: dopo tre etti di pasta alla carbonara, ero capace di fare fuori una vaschetta intera di gelato. Come se avessi una voragine nello stomaco che non si riempiva mai. In quei frangenti perdevo di vista le conseguenze dei miei eccessi. Mi rendevo conto di essere “enorme” solo quando mi guardavo allo specchio. Di fronte alla mia figura riflessa abbassavo lo sguardo. Ancora adesso, con 42 chili in meno, ho sempre paura di quello che lo specchio mi può rimandare indietro.

Ma tu come ti percepivi?

Finché sono stata morbida, su quegli 80-85 chili che non snaturavano troppo la mia immagine, sono riuscita ancora a sentirmi bene. Sì, ero tonda, ma normale ai miei occhi. Tra l’altro, mi piace vestirmi bene, truccarmi, curarmi, quindi puntavo a valorizzare i miei punti forti, come il viso. Anche perché con il lavoro che facevo (inviata di trasmissioni televisive nazionali) un certo tono dovevo pur tenerlo. Dopo aver lasciato la tivù e superato una determinata soglia, non sono più riuscita a “volermi bene”.

La presa di coscienza quando è avvenuta?

Quando ho iniziato a dormire con il respiratore per la sindrome delle apnee notturne, ho capito che avevo superato il limite e dovevo riprendere in mano la mia vita. Per un dovere morale verso i miei figli: hanno già un padre con una malattia importante che li ha portati a vivere una situazione di grande incertezza per il futuro, non potevano avere anche la madre “disabile” per obesità. Ho pensato: i miei figli non meritano due genitori fuori gioco. Almeno io, dimagrendo, posso ancora proteggerli.

Perché la scelta della chirurgia bariatrica?

Dopo tanti anni di restrizioni alimentari inutili avevo bisogno di uno stop fisico. Era il mio stomaco che doveva dirmi basta, smetti di mangiare, poiché la mia testa non ci riusciva. Tra l’altro, rientravo nel range ideale per sottoporsi a questo tipo di operazione: BMI 35 con patologia, la sindrome delle apnee notturne gravi. Ne avevo anche 300 a notte, la più lunga di 2 minuti senza respirare. Correvo un rischio cardiovascolare molto alto. Sono stata operata a Porto Viro, in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.

288071Hai avuto paura?

No, è stato tutto rapido, indolore e pienamente ripagato! Ho fatto l’intervento nel maggio 2021 e in otto mesi ho perso 42 chili. Adesso ne peso 72 e posso mangiare di tutto, finalmente! Mi tolgo ogni soddisfazione che voglio, tipo fare colazione con cappuccio e cornetto. Certo, lo pilucco un pezzettino alla volta durante la mattinata, ma sono a posto così. Non ho sensi di colpa perché ho sgarrato e neppure l’affanno di cucinare qualcosa di diverso per me rispetto alla famiglia. Mangio esattamente quello che porto in tavola per loro, sono cambiate solo le quantità. Se faccio la pasta ne assaggio subito 20-30 grammi, il resto dopo mezz’ora. Ma il mio piattino non manca mai. Mi gratifico senza farmi del male.

Ritornare in forma significa…

Essere un’altra persona: senti dentro di te una forza mentale che non avevi più, ti ritorna il fiato nel vero senso della parola, ritrovi il gusto di autogratificarti. A 72 chili mi sono fatta dei regali, piccoli ma importantissimi per la mia felicità. Come una foto con i tacchi, accucciata. Ci sono riuscita, e per una donna che fino a due anni prima non era in grado di legarsi le scarpe da sola è una conquista. L’obesità è una prigione, e non esagero: ti senti imprigionata in un corpo che limita i movimenti, lo spirito, i desideri anche più banali. Quando mi sono tolta quel peso dall’anima, ho iniziato a dire sì alla vita. A uscire di più, per esempio. Senza vergogna di andare al ristorante con gli amici. I grassi trovano imbarazzante mangiare davanti agli altri perché hanno paura del giudizio.

Cosa conta nel successo di quest’intervento?

Chi crede che la chirurgia bariatrica sia una scorciatoia, sbaglia. Per la buona riuscita di quest’operazione bisogna metterci grande impegno, fisico e mentale. Io, uscita dall’ospedale, davanti alla pasta che avevo cucinato per la mia famiglia mi sono messa a singhiozzare: non potevo più usare il cibo come paracadute contro lo stress della vita, e questa “mancanza” mi addolorava. Non hai più una valvola di sfogo emotivo.

Ora che rapporto hai con il cibo?

Lo adoro da sempre, per me è legame, ricordo, divertimento. Non è un nemico da combattere, semmai da blandire. Infatti, mi autodefinisco “la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera”: i dolci mi appaiono più belli e buoni di prima, alla luce di una nuova stagione!

Il percorso verso l’operazione

«Prima dell’intervento, ho seguito una dieta chetogenica che mi ha fatto perdere circa 5 chili», ricorda Irene Vella. «Il regime dietetico pre-ricovero è soprattutto una prova che l’équipe chirurgica fa per valutare se il paziente obeso riesce, mentalmente, a seguire le indicazioni dietetiche. Dopo accurati test e analisi, l’operazione di riduzione dello stomaco è durata circa un’ora e, nel giro di tre giorni, sono tornata a casa. Da quel momento è iniziato una specie di svezzamento: le prime due settimane sono stata a dieta liquida, poi semiliquida e, infine, sono tornata a un’alimentazione normale. Non c’è una tabella alimentare da seguire: le dosi prescritte dal dietologo sono indicative, è lo stomaco che comanda sul tuo senso di sazietà: se è pieno subito dopo un boccone, smetti di mangiare».

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