Di Guido Bossa
Nel contatto ravvicinato con la realtà della imminente ripresa autunnale, il populismo di governo che aveva imperversato nel torrido agosto mediterraneo si sta vistosamente attenuando fino a perdere per strada i connotati più marcati. Così è per il prelievo straordinario sugli extraprofitti delle banche, annunciato alla vigilia di Ferragosto con la grancassa della propaganda, protagonista la presidente del Consiglio in prima persona che ci aveva “messo la faccia” con grave scorno del suo vice Antonio Tajani nemmeno informato alla vigilia e subito salito sulle barricate anche per difendere gli interessi della cassaforte “amica” della famiglia Berlusconi. Il fatto è che la nuova indiscriminata tassa rischia di sfiduciare i risparmiatori, solleva dubbi di costituzionalità e infine pare non piacere all’autorità bancaria europea, che ha sospeso ogni giudizio in attesa di vederci chiaro. Risultato: mentre è appena iniziato l’iter di conversione parlamentare già si profila un corposo ridimensionamento della misura, i cui effetti in termini di gettito potrebbero essere ridotti e diluiti nel tempo, privando il Tesoro di entrate indispensabili per far quadrare i conti pubblici. Lo stesso potrebbe accadere per il “decreto Caivano”, varato sull’onda dell’emotività ma ora sottoposto al vaglio dell’efficacia, nella sperimentata consapevolezza che un reale controllo del territorio non può essere garantito da sole misure di sicurezza. E’ stato del resto il destino del complesso armamentario dei provvedimenti di ordine pubblico proclamati e via via ridimensionati dal governo, a partire dal “decreto rave” dell’esordio fino alle numerose e contraddittorie “grida” contro migranti e clandestini, rivelatesi presto di dubbia praticabilità quando non controproducenti. Così, quel che resta del populismo di facciata è in fin dei conti poco più dell’effetto annuncio, che forse paga nell’immediato sul piano del consenso ma rischia di presentare un conto pesante se poi le promesse non vengono mantenute. Qualche punto di decimale in meno nelle rilevazioni di fine estate mostra quanto meno una sospensione di giudizio in settori significativi dell’opinione pubblica. Di qui alla fine dell’anno, quando dovrà essere approvata la manovra di bilancio per il 2024, il bagno di realtà dell’esecutivo potrebbe rivelarsi quanto mai sgradevole, visto che le previsioni della Commissione europea appena rese note ridimensionano le performance finanziarie del nostro Paese come di tutta l’Europa, Germania in testa. In questo caso, però, il rischio è che non valga il motto “mal comune mezzo gaudio”, perché non sembra proprio che la congiuntura negativa possa portare a più miti consigli i partner che sollecitano il ritorno a misure di rigore particolarmente penalizzanti per chi è afflitto da un alto indebitamento. E la polemica di sapore populista avviata dal governo italiano contro il commissario Gentiloni rischia di alienarci ulteriormente le simpatie europee.
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