Come avere denti bianchi e sani: buone abitudini ed errori

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Denti sbeccati, ingialliti, macchiati, sensibili. Ne vediamo tanti, eppure non sempre è un problema di incuria. Anche i più attenti “igienisti orali fai da te” possono cadere in errori, indotti da un’assente o cattiva informazione. Esistono abitudini nuove sulle quali i dentisti iniziano ora a mettere in guardia: tutti sappiamo per esempio che il tabacco macchia lo smalto, ma anche svapare, cioè fumare una sigaretta elettronica, che è la tendenza che più si sta diffondendo soprattutto fra i giovani, ha lo stesso effetto? Sembra di sì, dai primi studi. E poi ci sono consuetudini dannose dure a morire (come il bicarbonato per sbiancare i denti) che si aggiungono alle mode dell’ultimo momento (come bere acqua e limone appena svegli), trendy ma poco salutari per la bocca.

«Le persone notano prima di tutto l’effetto estetico di un danno allo smalto, ma questo è spesso l’anticamera di un problema di salute», commenta Clotilde Austoni, odontoiatra presso il Servizio di odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano e responsabile del Cored, il primo centro odontoiatrico in Italia specializzato nella prevenzione e trattamento dell’erosione dentale causata dai disturbi della nutrizione.

Spazzolino morbido o duro?

Molti pensano ancora che uno spazzolino troppo morbido non pulisca bene. «Gravissimo errore, che rischia di danneggiare denti e gengive», avverte la dottoressa Austoni. «Le setole devono essere morbide! Infatti, se utilizziamo spazzolini più aggressivi rischiamo di graffiare lo smalto dei denti e consumarli, è solo questione di tempo».
Ci sono persone che hanno i denti gialli perché hanno usato mezzi e tecniche sbagliate, al punto da usurarli ed esporre la dentina, cioè lo strato sottostante lo smalto, e che è naturalmente giallo. È poi una zona innervata, quindi compare la sensibilità dentale.

«Quanta forza usiamo nel lavarci i denti? È la seconda domanda da farci. Lo spazzolino manuale, che va benissimo, non ci dà però il grado di pressione che imprimiamo sullo smalto, cosa che invece fanno i più avanzati spazzolini elettrici che hanno un sensore che dà l’allarme». Elettrico è meglio dunque? «La scelta è bene farla col dentista, che conosce i limiti della nostra igiene. Se è buona con lo spazzolino tradizionale, perché cambiarlo? Se invece ci sono delle zone della bocca che si fa fatica a raggiungere, allora vale la pena pensare ad un aiuto».

Attenzione poi a spazzolare i denti con il movimento corretto: se lo strumento è manuale mai in orizzontale o su e giù freneticamente (danneggia i tessuti gengivali), ma si parte dalla gengiva e si va verso il dente, come una spennellata, staccando ogni volta lo spazzolino. Anche l’elettrico non richiede movimenti “su e giù”: va accompagnato mantenendolo perpendicolare al dente in prossimità della gengiva e passato così elemento per elemento.

Il dentifricio: poco ma buono

«Per l’igiene quotidiana di dentifricio ne basta poco (dopo i 6 anni la forma di un pisello) e deve contenere fluoro. In teoria il nostro spazzolino a setole morbide, se ben usato, fa da solo tutto il suo dovere, ma l’aggiunta di un dentifricio fluorato ha un senso scientifico in quanto anticarie. Il dentista poi potrà suggerire dentifrici che, oltre al fluoro, contengono delle molecole remineralizzanti (come le idrossiapatiti e il calcio fosfato amorfo) per reintrodurre i minerali che perdiamo con l’alimentazione».

Alcuni di noi passano lo spazzolino sotto l’acqua convinti di “attivare” le proprietà del dentifricio: «Inutile, anzi, una volta fatta l’igiene, l’ideale sarebbe non sciacquarsi completamente la bocca; faremo lavorare il fluoro anticarie per più tempo».

Aspettare 20 minuti dopo il pasto

La regola di attendere una ventina di minuti prima di lavarsi i denti dopo il pasto non vale per tutti, ma solo per chi ha lo smalto consumato per erosione, bruxismo o altro. «Se ho denti indeboliti e li spazzolo subito dopo mangiato, esercito un’azione aggressiva in un momento in cui i miei denti sono già sotto attacco da parte di acidi. Infatti, ogni volta che introduciamo un alimento i batteri presenti in bocca se ne nutrono e producono acidi; l’acidità viene contrastata dalla saliva che nell’arco di 15-20 minuti riequilibra il pH della nostra bocca, ecco perché è bene attendere. Attenzione però: se non abbiamo 20 minuti per aspettare non rimandiamo l’igiene».

E per chi ha denti normali? Prima li lavi, meglio è.

Lo scrub ai denti con frutta e verdura

Le verdure e la frutta fibrose e croccanti come la carota o la mela, ma anche la frutta secca prevengono la carie perché non si attaccano allo smalto, ma anzi aiutano a rimuovere meccanicamente i residui e aiutano la crescita dei batteri buoni della bocca.

«Tra le ultime “mode” vi è quella di usare le fragole come scrub antimacchia, per via dei semini del frutto: è sconsigliato perché si tratta di attività abrasive, cosi come sfregare con le foglie di salvia lo smalto. L’entità e la velocità dei danni dipende dalla frequenza e dalla forza con cui usiamo questo “scrub”, che è da evitare».

Agrumi e cibi molto acidi come il pomodoro e l’aceto poi, avendo un pH basso, se assunti con elevata frequenza possono erodere i denti ma non demonizziamoli: l’importante è non eccedere. Spremute e succhi di frutta? Non tutti i giorni, soprattutto se lo smalto non è a posto. Occhio al consumo frequente di bevande energetiche e sportive e alla cola: anch’esse hanno un pH molto acido. Vietatissima, infine, la famosa acqua e limone al mattino: quest’ultimo ha un pH circa di 2,4; considerato che lo smalto dentale inizia a dissolversi a 5,5, è un’abitudine da eliminare».

Zuccheri uguale carie?

Ci sono alimenti e bevande che contengono zuccheri che favoriscono lo sviluppo della carie, ma molto dipende da noi, e cioè da quanti e quanto spesso ne consumiamo. I dolci non vanno banditi, perché la cosa più importante è avere una buona igiene ed evitare gli eccessi. Una dieta bilanciata già ci protegge da ciò.

«L’abitudine peggiore è invece mangiare a tutte le ore, fra spuntini vari e assaggi, non importa se siano zuccheri o no, perché costringiamo i batteri a produrre acidi in continuazione e la saliva non ha il tempo di riequilibrare il pH della bocca. E così si dà spazio alla carie. Se I bambini hanno più carie di altri in genere è per l’abitudine di avere sempre qualcosa in bocca: e il cracker (che si appiccica ai denti come quasi nessun altro alimento), e la merendina, e il pezzo di frutta…».

Da dove arrivano le macchie ai denti

Tè, caffè, tisane, vino e frutti rossi possono macchiare temporaneamente i denti (ma con l’igiene dentale si risolve).

«Attenzione non tanto alle bevande calde (la temperatura conta se si ha sensibilità dentale), ma a quelle che sorseggiamo a lungo, come il tè. Più è il tempo di contatto con i denti della bevanda pigmentante, maggiori saranno le macchie. Non esageriamo».

Due insospettabili nemici dei denti

Mangiare le pellicine delle dita o le unghie a lungo andare rovina lo smalto.

«Nessuno ci pensa, ma è un problema, perché queste sono abitudini difficili da abbandonare: forse scoprire che i propri denti si sbeccano, diventano meno solidi e più sottili, fragili e meno belli può a aiutare a riflettere di più su un gesto che spesso si esegue senza accorgersi. L’altro insospettabile è il fumo di sigaretta elettronica: non è esente dall’indurre macchie. Si stanno facendo i primi studi sul tema: sembrerebbe aumentare il rischio di carie, e in alcuni soggetti le macchie sarebbero più frequenti».

Lo sbiancamento fai da te

«Su diversi siti internet si consiglia ancora il bicarbonato in polvere da usare come “dentifricio” sbiancante: si tratta di una sostanza fortemente abrasiva che non ha nessun potere sbiancante. Magari è in grado di rimuovere le macchie, proprio perché abrasiva, ma danneggia lo smalto che si graffia e consuma. In questo modo i denti, poi, tendono a macchiarsi più velocemente. Attenzione ad alcuni dentifrici “sbiancanti” che sono abrasivi per via dei granuli in essi contenuti (il grado di abrasività si chiama Rda): è bene farsi consigliare all’acquisto dal dentista per capire quale sia il grado di Rda individuale e quanto utilizzarli», conclude la dottoressa Clotilde Austoni.

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