come funziona, pro e contro

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Avere denti bianchi e splendenti è il desiderio di molti. Il nuovo trend, infatti, è un approccio olistico al benessere, dove anche l’estetica soddisfa il bisogno crescente di un rapporto appagante con se stessi e, di conseguenza, con gli altri. Siccome il sorriso rappresenta lo strumento relazionale per eccellenza, con cui possiamo esternare la nostra felicità e trasmettere ottimismo, aumentano le richieste di sbiancamento dentale, una metodica che consente di rimuovere le macchie indesiderate sui denti.

«È fondamentale evitare i rimedi fai-da-te, come le miscele di sale, bicarbonato e succo di limone che talvolta vengono mescolate al dentifricio, per non graffiare lo smalto dentale: oltre a non ottenere i risultati sperati, predisponiamo i denti a diventare più ruvidi e, paradossalmente, a macchiarsi di più», evidenzia il professor Mario R. Cappellin, odontoiatra, professore a contratto di Ergonomia e Discipline odontoiatriche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore generale dell’omonima Clinica Dentale Cappellin a Torino.

«Attenzione anche ai dentifrici sbiancanti, che contengono particelle abrasive altrettanto dannose e, comunque, incapaci di andare “sotto la superficie” dei denti come uno sbiancamento professionale. Si possono usare solo per brevi periodi, qualche giorno al massimo, per esempio nei casi in cui si è usato un collutorio a base di clorexidina, che ha pigmentato lo smalto».


Perché i denti si macchiano

Se osservassimo i denti al microscopio, ci accorgeremmo che queste strutture non sono lisce e compatte come appaiono alla vista, ma presentano milioni di minuscoli canali che dall’esterno si prolungano verso l’interno e sono necessari per la loro costante remineralizzazione.

«Per esempio, la sensazione di freddo che possiamo avvertire quando sorseggiamo una bevanda ghiacciata è dovuta proprio alla presenza di questi “cunicoli”, che rendono sensibili i denti», descrive il professor Cappellin. «In questi canali, finiscono per depositarsi tutte quelle sostanze che possono macchiare i denti, come teina, caffeina, coloranti alimentari o fumo di sigaretta, che alla lunga determinano l’ingiallimento del sorriso. Lo sbiancamento permette di liberare quei canali, eliminando gli accumuli indesiderati e consentendo la remineralizzazione dello smalto dentale».


Lo sbiancamento dentale professionale: i pro

Il primo step di un trattamento professionale di sbiancamento dentale consiste nell’applicazione sulle gengive di una pasta liquida, che viene fatta indurire con una luce polimerizzante per renderla una sorta di “diga”, necessaria per evitare il contatto delle sostanze sbiancanti con le mucose. A quel punto, sui denti, vengono applicate delle sostanze in gel, come il perossido di idrogeno o di carbamide. «Se vengono “attivate” da una particolare luce a led o laser, la seduta dura circa 15-20 minuti nel complesso; senza questa luce, invece, occorrono mediamente 25-45 minuti, a seconda dei passaggi necessari per ottenere il risultato desiderato», descrive il professor Cappellin.

Al termine del trattamento, i denti possono apparire con un aspetto gessoso, ma questo effetto – dovuto alla disidratazione – si auto-risolve nell’arco di poche ore grazie all’azione naturale della saliva. «Per i 15 giorni successivi, poi, è fondamentale evitare il fumo di sigaretta, i cibi contenenti coloranti alimentari e i vegetali molto pigmentati», raccomanda l’esperto.
Inoltre, è importante effettuare lo sbiancamento dentale dopo una seduta di igiene professionale; in caso contrario, se è presente un elevato accumulo di tartaro, questo non si “sbianca” e risulta più evidente.

Lo sbiancamento dentale professionale: i contro

Per quanto sicuro ed efficace, lo sbiancamento dentale professionale va eseguito al massimo una volta ogni 12-18 mesi: una maggiore frequenza può determinare una sensibilità patologica dei denti, al punto che diventa dolorosissimo bere dell’acqua a una temperatura leggermente inferiore rispetto a quella ambiente.

«Inoltre, bisogna essere realisti nelle aspettative: questa tecnica elimina il colore giallo dei denti, ma non il grigio», tiene a precisare il professor Cappellin. «Molte persone desiderano ritrovare un sorriso splendente: su questo aspetto, lo sbiancamento non può intervenire, perché non riesce a conferire luminescenza ai denti dall’aspetto opaco che è dovuto, per esempio, a cure antibiotiche seguite in tenera età oppure a una peculiarità individuale».

L’unico modo per intervenire sul grigio è scegliere interventi più invasivi, come il ricorso alle faccette oppure alle corone dentali. «Inoltre, lo sbiancamento dentale non può essere effettuato sui pazienti con malattia parodontale in fase attiva, che va prima curata, e non è consigliabile neppure per chi ha vecchie otturazioni in composito ingiallite molto grandi, che dopo risulterebbero più evidenti, a meno che non vengano rifatte».

Lo sbiancamento dentale domiciliare: i pro

A casa, invece, possiamo eseguire in autonomia lo sbiancamento dentale grazie ad apposite mascherine trasparenti, in cui vanno poste delle sostanze sbiancanti presenti nel kit, da calzare sui denti per circa un’ora (o secondo le indicazioni riportate sulla confezione). «Questo tipo di tecnica può essere utile come mantenimento dello sbiancamento professionale per stabilizzare i risultati nel tempo: si può utilizzare una volta ogni 4-6 mesi», indica il professor Cappellin. «Anche in questo caso, è preferibile chiedere un consiglio preventivo a un igienista dentale per escludere una malattia parodontale, la presenza di tartaro o altre eventuali controindicazioni al trattamento».

Ma è vero che lo sbiancamento dentale, domiciliare o professionale che sia, può aumentare il rischio di carie? «Assolutamente no. Le carie nascono solamente da una condizione di scarsa igiene orale o, più raramente, da una salivazione molto scarsa, dovuta magari a particolari terapie mediche. Lo sbiancamento, invece, non può incidere sulla comparsa di carie né assottiglia i denti».

Lo sbiancamento dentale domiciliare: i contro

Il principale svantaggio del trattamento domiciliare è la minore “potenza” delle sostanze sbiancanti che vengono utilizzate: questo è legato a una questione di sicurezza, visto che a casa i pazienti potrebbero utilizzare le mascherine in maniera incongrua.

«Peraltro, qualora non si ricorra al consiglio di un professionista, ci si potrebbe imbattere in strisce sbiancanti e kit di dubbia serietà che vengono commercializzati online, anche sui principali canali di vendita», indica il professor Cappellin. «Spesso non arrivano dalla Comunità europea e, di conseguenza, non devono sottostare al nostro regolamento sulla sicurezza generale dei prodotti, per cui possono contenere sostanze tossiche che da noi sarebbero vietate».

Attenzione all’età

Per legge, lo sbiancamento dentale è eseguibile solo su pazienti maggiorenni. «La scelta deriva dal fatto che i denti, dopo la loro fase di eruzione, non sono perfettamente formati nello smalto per circa tre anni», spiega il professor Cappellin, che conclude: «Siccome canini e premolari erompono tardi nella bocca, la norma ha posto la maggiore età come soglia prudenziale, anche se molti ragazzi di 15-16 anni presentano già una dentizione perfettamente formata».

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