La sua musica è indubbiamente saldamente installata nella memoria collettiva di tutti, Ennio Morricone infatti ha scritto alcune delle più belle pagine di musica per il cinema, brani musicali legati alle prove migliori di grandi autori, capaci di entrare nel cuore di tutti, parlando il linguaggio universale dell’emozione.
Poche ore fa, Morricone è scomparso, a 92 anni, a cause delle conseguenze di una caduta con frattura del femore. Lucido fino alla fine, circondato dalla famiglia, il Maestro premio Oscar ha consegnato ora alla Storia alcune delle più belle colonne sonore della storia del cinema: da “Per un pugno di dollari” a “Mission”, da “C’era una volta in America” a “Nuovo Cinema Paradiso”, pellicole per le quali aveva costruito uno scintillante abito di suoni, tanto bello da conquistarsi uno spazio proprio e passare dalle sale cinematografiche a quelle da concerto.
Le sue esequie, come annunciato dal legale della famiglia, si terranno in forma privata per rispettare quel “sentimento di umiltà che ha sempre ispirato gli atti della sua esistenza”; intanto il web e i social hanno iniziato immediatamente a rendere un enorme e sentito tributo con migliaia di post pieni di commozione.
Abbiamo voluto sentire alcuni esponenti della musica colta e del cinema irpino per capirne il legame e l’affetto con il Maestro scomparso.
Il M° Gianvicenzo Cresta, compositore di musica contemporanea di livello internazionale e docente di Teoria dell’Armonia e Analisi presso il Conservatorio Cimarosa, ci spiega più tecnicamente le caratteristiche peculiari di questo grande autore: “Benché abbia fatto parte di quel movimento di compositori di musica contemporanea e sperimentale che abbe un picco negli anni ’70 con l’improvvisazione dell’ensemble Nuova Consonanza, Ennio Morricone ha trovato la sua definitiva vocazione come grande autore di musica per il cinema. Credo sia stato il più grande, la sua musica sono i personaggi dei suoi film, la caratteristica del suo modo di comporre è l’essere italiano, con tutto il senso della cantabilità, per dirlo in modo semplice della melodia, aveva una prontezza e una naturalezza del gesto creativo che ne ha determinato l’originalità proprio in questa libertà. La naturalezza del canto, del resto, in Italia ha radici antiche, parte dal ‘500 per arrivare fino ad oggi, questa sua italianità, capacità di sincerità melodica è a mio avviso la sua caratteristica più importante”.
“Il motivo che mi fa sentire particolarmente vicino ad un artista come Ennio Morricone – dice il regista e video-artist Antonello Matarazzo – è che il suo valore è incomparabile a quello dei grandi che hanno lasciato tracce nella storia della musica grazie alla propria peculiarità. Il suo genio, al contrario, è consistito nel non imporre la propria e nel non rimaner vincolato ad uno “stile”, cosa che gli ha consentito di spaziare da Chet Baker a Edoardo Vianello, da Sergio Leone a John Carpenter, imprimendo tuttavia sempre qualcosa di inconfondibile ma difficilmente riconducibile ad una particolare tecnica filologica. Un grande maestro, una sorta di architetto dei sentimenti, in grado di espropriare le proprie urgenze espressive per mettere il proprio talento al servizio dell’umanità”.
Commosso il ricordo del pianista Luis Di Gennaro, reduce dai primi concerti post-lockdown a Pordenone e Arezzo dove, con grande successo, ha inserito anche frammenti morriconiani nelle sue imprevedibili trame sonore. “Io reduce da una nottata insonne di ritorno ad Avellino, viaggiando con un Intercity notturno (di quelli sgangherati) Arezzo – Napoli, ho appreso la notizia da un tuo messaggio. Del Maestro Morricone potrei raccontarti di come mi intrufolai nel suo attico di Via Ara Coeli, con un famoso sassofonista e di come lui dinanzi a noi fece nascere un vero e proprio standard jazz .Di come la sua scrittura sia tanto amata anche dai jazzisti, perché miscela alchemica di un grande tema melodico con una forma A-B- A e sotto una tessitura di accordi che vengono da lontano: da un gran Canyon dell’Arizona o da un duello tra pistoleri. E invece no. Lui a vedere quell’America dei Canyon non c’era mai stato . Potere dell’immaginazione e del genio che attinge dall’iperuranio platonico. Ti scrivo mentre il finestrino di questo treno si colora di arancio e un piccione lascia un ricordo sul vetro. Non è un fiore. Ma la sua origine. Veniamo tutti da qualche cosa e a qualche cosa torneremo. Potrei raccontarti dell’ultimo concerto che Il Maestro ha diretto in Campania, 11 e 13 luglio del 2017 alla Reggia di Caserta e alla mia meraviglia, come un bambino con il gelato in mano, ascoltare il soundcheck pomeridiano , lì sul palco. Grazie ad un’ampia mancia data ad uno steward. Di tutto questo non te ne parlerò, perché se da una parte Morricone ha -letteralmente- cambiato in meglio la vita di molti di noi, dall’altra quando scriviamo che la sua musica resterà in eterno, beh,
stiamo sbagliando. Questa società non ha più gli strumenti per tramandare il bello del passato, anche prossimo: basti vedere come ripudia e combatte quotidianamente quel poco di bellezza che c’è in giro. Quindi, resterà poco o niente delle meraviglie che il Maestro ci ha dato in tanti anni. E sapete che vi dico? Che se i posteri sono “appezzottati”, che se la vedano tra di loro. Non sarà il ricordo a far grande chi grande lo è stato davvero”.
Anche il M° Antonio Polidoro, già docente presso il Conservatorio di Napoli, ne evidenzia le qualità artistiche con queste parole: “Peccato che le sue straordinarie colonne abbiano “annebbiato ” la sua interessante produzione , per cosi’ dire, “colta”. Era tra i migliori allievi di Goffredo Petrassi, padre nobile della musica contemporanea italiana. Nonostante i successi e l’Oscar, penso che questa “assenza” nelle programmazioni di musica contemporanea fosse uno dei suoi crucci.”