Idee Resistenti. La playlist di Edvige Bruno, la passione per il museo e la musica – IL CIRIACO

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Edvige Bruno

L’ospite di oggi è Edvige Bruno, volto familiare a chi frequenta le sale del Museo Irpino dove lavora da alcuni anni con Mediateur contribuendo alla rinascita della benemerita istituzione culturale cittadina da qualche anno ripartita tra la storica sede di Corso Europa e la più recente nell’ex Carcere Borbonico che ora ospita la sezione dedicata al Risorgimento.

Edvige Bruno

Entrata in Mediateur come catalogatrice, mentre collaborava con magazine locali e l’Università da cui era appena uscita con corona d’alloro e un perfezionamento, Edvige Bruno lavora con passione alla diffusione della conoscenza dell’arte e alla valorizzazione dei beni culturali. Tra una lezione di yoga, fit boxe, power pump e swing, oggi si dedica al digital management e al content editing, allo sviluppo di progetti di comunicazione e promozione, alla pianificazione e gestione di attività culturali e prodotti multimodali, alla supervisione editoriale e redazionale. Affascinata dalla bellezza romantica del tempo che passa sui luoghi e sulle cose, quando può raggiunge borghi abbandonati e gost town durante lunghi giri per le montagne (senza mai tradire del tutto il mare) in compagnia di appassionati trekker.

Come hai vissuto il periodo della quarantena?

“Inizialmente ho goduto delle giornate senza orario, senza impegni e incombenze. Di lunghe maratone di film notturni e alzate tardi delle mattine seguenti. È durato poco. Ben presto ho cominciato a subire la pesantezza dello stare sempre seduta alla tavola della cucina, alla scrivania, sul divano o al tavolino fuori al balcone. Così ho cominciato a mangiare e lavorare in piedi, solo al divano non ho rinunciato!”.

Cosa hai fatto di nuovo o che tralasciavi da tempo durante il lockdown?

“Ho aderito a due iniziative interessanti come #leggiperme e #donatoridivoce per l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e ho cercato di imparare la Lingua dei Segni. In realtà, mi sono iscritta anche a lezioni di ebraico e a un corso di calligrafia rinascimentale. Poi una domenica qualsiasi di inizio aprile mi son ritrovata in una stanza virtuale a discutere in inglese durante un aperilingua su Amazon Chime (quante piattaforme ho scoperto!)”.

Cosa hai scoperto su di te e sul microcosmo domestico che ti sei ritrovata a vivere, come tutti, con una intensità mai sperimentata prima?

“Di essere intollerante, sì, lo ammetto. Sono intollerante, è assodato. Il mio microcosmo domestico dovrà necessariamente cambiare ed essere composto necessariamente di molti più spazi all’aperto. Concordo pienamente con un architetto intervistato di recente in tv. Devono essere rivisti i nuclei abitativi e le costruzioni condominiali che devono prevedere ampi cortili interni o giardini residenziali e grandi terrazzi sul tetto comuni e accessibili a tutti. Io ho cercato di salire sulla sommità del mio condominio, ma ho scoperto essere spiovente ahimè!”.

Come hai continuato a lavorare o a progettare cambiamenti per ciò che concerne il tuo lavoro?

“Poca differenza ha interessato il mio lavoro se non il luogo, che in questi mesi, come tutti del resto, è stata la propria casa. L’unico vezzo è stato quello di allestire un posto per quanto possibile ogni volta diverso. Ora il mio ufficio diventava la veranda con poltrona puff anni ‘80, MacBook su un trespolo verde, tante piante e raggi di sole tra le veneziane, ora il balcone sulla strada, d’un tratto deserta e silenziosa, con il set da giardino e il backdrop con le montagne nelle Skypecall. Da queste postazioni, terminato il dovere, passavo ad aggiornami con le tante possibilità di webinar che la pandemia ci ha offerto, con streaming conference e live event sul crowdfunding, l’accessibilità, la rigenerazione urbana, la realtà aumentata, AmbiensVR e musei virtuali sommersi, ma anche Creative Europe, il web design con il tema Divi di WordPress ed Elementor. Wow messo così tutto in fila, mi temo da sola!”.

Fai parte di un team di lavoro molto affiatato, la cosa è stata utile anche in questo momento?

“Sicuramente. Ho la fortuna di lavorare e confrontarmi con menti con cui si è creata molta intesa e a volte cerco di anticipare tempi e volontà, una sorta di gioco intellettuale a cui mi lascio andare per verificarne ancora il livello di affiatamento. Beh la verità è che non sempre ho indovinato! Il momento attuale di allontanamento fisico dal gruppo e luogo di lavoro ci ha permesso di sperimentare nuovi strumenti e soluzioni, riconvertendo con facilità processi già avviati ma non ancora del tutto consolidati. Certo è che lo smartworking pur se si è rivelato una valida alternativa, per me non potrà sostituire la postazione alla scrivania, riunioni e sopralluoghi, compresi quelli in Costiera Amalfitana”.

Tra le prime iniziative di cui è stata stabilita la ripresa ci sono proprio i musei, cosa significa un museo adesso?

“Non è stata proprio una delle prime iniziative, certo però è avvenuta in netto anticipo rispetto ad altri luoghi della cultura, come cinema e teatri. Prima di tutto ci son stati i bar pur se con apertura limitata, i locali per il cibo d’asporto, le librerie con gran sorpresa di tutti (ma erano già attive le edicole) e le chiese cattoliche. Il museo ora come ora non credo abbia sostanzialmente cambiato la sua funzione, adesso l’ha solo ancor più rafforzata! Le sue prioritarie missioni educative, di aggregazione comunitaria, di solidarietà, e non solo, non dovrebbero altro che essere finalmente rimarcate e affidate alla portata di tutti. Mi auguro con sincerità che adesso gli enti o i gestori preposti alla valorizzazione e promozione della cultura non abbiamo paura di far esplodere le potenzialità di un contenitore che ha delle mura solo per necessità costruttive ma per sua insita natura ha tanta voglia di espandersi tra la gente! Un piccolo riscontro positivo però ho già potuto verificarlo. Il ripensamento obbligato, ad esempio, dei percorsi di visita e di conseguenza la maggior cura, attenzione e qualità rispetto al pubblico sono dei buon segnali che devono durare”.

Cosa pensi che hai, che abbiamo imparato in questa circostanza?

“Credo che abbiamo tutti imparato, me in primis, ad accertare le nostre reali capacità di forza, recupero, auto-ricostruzione e reinvenzione. Ognuno con i propri tempi, chi a riprese alterne, chi con un gran balzo iniziale e, al contrario, una graduale discesa finale (qui, parlo di me) ha conosciuto la propria effettiva abilità di farcela con le sole risorse interiori. E spero che ne faremo gran tesoro”.

I fatti degli Stati Uniti seguiti all’omicidio Floyd sembrano smentire quel sentimento di umanità e unità che pervadeva i social e i balconi nelle settimane precedenti, sembra già tornato il solito “homo homini lupus”…

“Piuttosto non direi che sia già tornato, ma che nei sotterranei non ha mai smesso di agire. Sai quando la coltre bianca della neve cala sulle città e copre tutto con il suo candore? Improvvisamente sembra tutto meno squallido, ma poi ben presto si scioglie creando mucchi grigio-sporchi ai bordi delle strade e riportando tutto allo stato di degrado che aveva nascosto, almeno per un po’. Con questo non voglio paragonare l’emergenza sanitaria a una romantica nevicata notturna, ma abbiamo vissuto l’estemporaneità di quel momento sentendoci tutti vulnerabili, così fragilmente umani e per questo accorati. Per quanto riguarda il solito homo homini lupus, nel pieno della pandemia abbiamo assistito alla consueta diatriba tra Nord e Sud con scontri tra Presidenti di Regione, dirigenti sanitari e rappresentanti della ricerca. Già lì dov’era il sentimento di unità?”.

È vero che la bellezza salverà il mondo? Forse la salvezza arriverà dai musei?

“Perché qualcuno lo dubita ancora?! Togliamo con convinzione anche il forse!”.

La playlist

Ho aperto lo storico del mio Spotify e risalendo al periodo della quarantena ho trovato in ordine di ascolto:

• Bandabardò – Se mi rilasso collasso
• Modena City Ramblers – I Cento Passi
• Francesco De Gregori – Viva l’Italia

Evidentemente, la mia musica in prima fase si è affiatata – ma privatamente – ai cori patriottici dai balconi italiani, ma hanno risentito di un pizzico di retaggi di piccole ribellioni passate e mai sopite. Il primo titolo mi identifica molto.

• Ella Fitzgerald & Louis Armstrong – Summertime
• Leonard Cohen – Hallelujah

Dopo la fase, chiamiamola così, di intima riscossa, ho avuto quasi subito bisogno di musica rilassante. I miei stati d’animo altalenanti sono molto palesi in queste scelte sonore.

 

 

 

 

 

 



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