Pronti a tutto per salvare l’areale del Greco, anche a alla mobilitazione generale come avvenne nel 2017. La decisione dell’Ato (che in realtà è stata una mera presa d’atto delle indicazioni della commissione tecnica) di realizzare il Biodigestore a Chianche ha immediatamente compattato il fronte del no. Sindaci, amministratori, comitati, cittadini, imprenditori della filiera del vino: tutti insieme per evitare che venga penalizzato, forse irreparabilmente, un territorio che ha una vocazione ben precisa, grazie alla quale l’Irpinia si è fatta conoscere ben oltre i suoi confini. «Non ho idea – dice Stefano Di Marzo, presidente del Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia – di come sia maturata la decisione di Chianche, ma mi pare che ci sia qualcosa di torbido dietro una scelta che noi operatori della filiera del vino, ma anche sindaci, cittadini e comitati, riteniamo assolutamente inopportuna». Già, la scelta. Formalmente assunta dal Consiglio d’Ambito ma in realtà, è la tesi di chi contesta la decisione, un “copia e incolla” del lavoro della commissione. «Del resto – sottolinea Di Marzo – la politica, quando non vuole assumersi l’onere di una scelta, si rifugia dietro le commissioni e i tecnici». Una cosa appare certa: si tratta solo del primo atto di una battaglia che andrà avanti per molto e che il fronte del no al Biodigestore è deciso a combattere fino in fondo. «Nei prossimi giorni – spiega il Presidente del Consorzio – ci incontreremo tutti e decideremo come andare avanti a difesa del territorio. Non escludiamo nulla, nemmeno una mobilitazione come quella del 2017». Il refrain è lo stesso e chiama in causa la politica «che non ascolta il territorio, che dovrebbe assumersi la responsabilità di scegliere e non lasciare che a decidere sia un comitato tecnico perché queste scelte incidono su un territorio che ha tutt’altra vocazione. Stiamo lavorando all’organizzazione dell’edizione 2020 del “Treno dei 3 Docg” che dovrebbe attirare un numero sensibile di turisti interessati a visitare quelle zone. E’ un modo per coniugare l’aspetto viticolo-enologico con le moderne tendenze del turismo. E in queste aree un impianto per la lavorazione dei rifiuti è una cosa assolutamente improponibile».