Perché lo sport (anche agonistico) fa bene ai trapiantati

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Si terranno a Bormio dal 3 all’8 marzo i Giochi mondiali invernali dei trapiantati. Lia Bellis del Centro Nazionale Trapianti: «Lo sport riduce gli effetti collaterali delle terapie immunosoppressive e permette a chi ha avuto un trapianto il ritorno alla vita sociale»

Subire un trapianto di organo non significa vivere a ritmi ridotti, anzi, i trapiantati possono fare sport e addirittura misurarsi in competizioni agonistiche come Mondiali e Olimpiadi. Proprio a Bormio si svolgeranno dal 3 all’8 marzo 2024 i World Transplant Winter Games, i Giochi Mondiali Invernali dei Trapiantati di organi e tessuti. Un appuntamento giunto alla 12ª edizione che rappresenta dunque il sigillo di un pieno ritorno alla vita di chi ha dovuto superare questo ostacolo.

Trapianti record in Italia 

Secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia nel 2023 si è registrata una crescita record di trapianti di organi, 4.462 interventi, rispetto ai 3.876 del 2022. Un dato significativo che a pochi giorni dai Mondiali invernali dei trapiantati acquista ancor più valore.

«I trapiantati in Italia sono più di 50mila», spiega Lia Bellis, dirigente medico al Centro Nazionale Trapianti e referente scientifica dell’area trapianti e sport. «E dagli ultimi dati si tratta di una popolazione in costante crescita. Manifestazioni come Mondiali e Olimpiadi con atleti trapiantati rappresentano dunque la miglior vetrina per dimostrare quanto lo sport faccia bene per un recupero fisico, ma anche per un ritorno a una vita sociale e relazionale».

Perché lo sport fa bene a chi ha subito un trapianto

Lo sport nelle persone trapiantate fa bene perché attutisce gli effetti collaterali della terapia immunosoppressiva. «Il trapiantato deve prendere farmaci a vita per tollerare l’organo ricevuto ed evitare il rigetto. La terapia ha però degli effetti collaterali: problemi cardiovascolari, osteoporosi, riduzione della massa muscolare, alterazione del metabolismo», sottolinea l’esperta.

«Lo sport permette di ridurre questi effetti, in particolare lo sci, in quanto accresce la forza muscolare e le prestazioni anaerobiche di chi lo pratica. I benefici sono ampiamente documentati e quindi la nostra azione è di incentivare la pratica sportiva nei trapiantati».

Per l’agonismo serve una certificazione

Se l’attività fisica è indicata a tutti i trapiantati, uomini e donne, senza limiti di età, l’agonismo è consigliato a chi ha subito un trapianto di organo, di midollo e a donatori viventi a determinate condizioni.

«Innanzitutto, deve esserci la volontà dell’atleta. Spesso si tratta di persone che già prima del trapianto erano impegnate nello sport agonistico; qualche volta, invece, la voglia di gareggiare viene dopo l’intervento come effetto compensatorio», puntualizza Bellis.

«In ogni caso, l’ultima parola per l’attività agonistica spetta ai medici di medicina dello sport. Non ci sono limiti, neppure per i trapiantati di cuore. Si tratta però sempre di soggetti selezionati a cui viene preparato un programma personalizzato e con il vincolo di misurarsi solo con atleti nelle stesse condizioni».

A Bormio 16 storie di rinascita

Saranno 18 gli atleti nazionali trapiantati che prenderanno parte ai Giochi invernali di Bormio di cui 16 trapiantati e 2 donatori da vivente. La manifestazione, organizzata da Aned (Associazione nazionale emodializzati, dialisi e trapianto), prevede dodici discipline invernali: slalom (gigante, parallelo e con snowboard), super G, biathlon, sci di fondo (5km, 1 ora e 3 km a squadre), ciaspole (2 km orienteering a squadre) e curling a squadre.

I concorrenti, suddivisi per fascia di età e di genere, possono prendere parte fino a cinque gare individuali, oltre alla competizione a squadre. Alcuni degli atleti impegnati nelle gare sono già pluripremiati come Marco Panizza, oro nello sci di fondo, Erminio Rigos, oro nello slalom, ed Eugen Vikoler, oro nelle ciaspole e nel biathlon. Sono campioni rinati dopo un trapianto che hanno contribuito nel 2020 al successo della Nazionale trapiantati ai Mondiali in Canada dove  li azzurri hanno conquistato sei medaglie d’oro, cinque d’argento e due di bronzo.

L’aquila mascotte dei trapiantati e dei donatori viventi

Per rappresentare la voglia di volare in alto degli atleti impegnati in gara, è stata realizzata una mascotte con le sembianze di un’aquila. «Si chiama Donato ed è il simbolo della forza delle persone che affrontano e superano le sfide che la malattia cronica impone», fa notare la referente scientifica Cnt. «Ma è anche l’espressione della generosità di chi con il proprio coraggio dona questa seconda chance ai malati. Un ruolo spesso dimenticato che invece è fondamentale. Per questo i giochi invernali saranno una vetrina anche per loro».

A scendere in pista saranno due donatori da vivente e la loro presenza sarà il miglior messaggio per incentivare la donazione. «Nei donatori i rischi sono quasi nulli, il loro gesto è di grande generosità con un impatto favorevole su tutta la famiglia del trapiantato», conclude Bellis. «Sono persone speciali che per tutta la vita avranno il beneficio di poter fare controlli clinici frequenti e leggi che tutelano la loro salute».

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