ecco perché e le soluzioni

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Esiste un oggetto senza il quale non possiamo vivere, inutile negarlo: è il cellulare. Basta perderlo per renderci conto che è peggio di aver smarrito le chiavi di casa. Ma vivendo incollati a questo device consumiamo molto di più l’accessorio principale che ci serve per usarlo: la vista. Tanto che negli ultimi anni, la presbiopia, il difetto refrattivo in grado di rendere difficile o impossibile leggere, oppure distinguere bene le immagini da vicino, fa la sua prima comparsa al compiere dei 40 invece di “attendere” i 43 e, a volte, anche i 47 di un decennio fa.

Così, i presbiti in Italia sono arrivati a 28 milioni. Ma chi sono i “neo-presbiti”? Un’indagine Hoya li descrive come quarantenni giovani, dinamici e molto social. E allora, come gestire questo difetto della vista che interferisce ormai prestissimo nelle nostre vite e con cui dobbiamo poi convivere per almeno altri 40 anni? Ce ne parla Alessandro Sammartino, oculista presso il Policlinico San Donato di Milano.

I telefonini sono come lo stress: è sempre colpa loro…

Questa volta è proprio colpa loro, o meglio, è responsabilità nostra e di come li usiamo, cioè troppo e male. Infatti li utilizziamo perennemente e in tutte le posizioni, di solito troppo da vicino, in ogni condizione di luce e spesso senza usare gli occhiali per pigrizia, anche se li abbiamo già.

Con il computer, invece, siamo molto più ligi: la distanza fra schermo e sguardo, di solito, è quella giusta, inforchiamo le lenti più spesso per prepararci a un utilizzo prolungato, assumiamo in genere una postura che è di certo migliore di quella sdraiata sul divano o a letto. Quindi la presbiopia fisiologica, quella dovuta all’invecchiamento dell’occhio, teoricamente è rimasta sempre databile dai quarant’anni in su, mentre è cresciuta quella da eccesso di visione da vicino, da device appunto, anticipandola alla soglia minima d’età. Oggi, quindi, possiamo dire che un presbite “naturale” non esiste quasi più, perché tutti abbiamo almeno un telefonino e lo usiamo tantissimo.

Che cosa sbagliamo?

A parte la frequenza d’uso, quasi senza pause, la distanza alla quale teniamo il telefono è mediamente troppo ridotta e ciò avviene molto di più che col computer e il tablet, dotati di schermi più grandi e tastiere che impongono una minima lontananza. Lo sforzo di mettere a fuoco a 20 cm circa è infatti ben superiore di quello che facciamo a una distanza di 40 cm. Paradossalmente, dovremmo tenere il cellulare come un presbite che non usa gli occhiali, con le braccia un po’ allungate. Più vicino portiamo l’oggetto che dobbiamo vedere, maggiore sarà lo sforzo per metterlo a fuoco.

Ma perché i presbiti tendono a non mettere gli occhiali?

Perché hanno eccessiva fretta, fanno troppe cose insieme. Il quarantenne di qualche decennio fa conduceva una vita più semplice e lenta. Aveva il “tempo” di indossare l’occhiale e rimetterlo via subito dopo, finita la necessità di usarlo, che non era continua come oggi. Utilizzando questi device con i quali facciamo tutto, passiamo costantemente da una visione lontana a una ravvicinata. Pensiamo a una situazione di relax, per esempio: siamo al bar con un amico. Dobbiamo scegliere dal menu cosa bere, parlare con lui che è a un metro di distanza, cercare il cameriere per ordinare, guardare il messaggio sul telefono perché potrebbe essere urgente mentre l’amico ci mostra un filmato divertente trovato su internet.

È la fotografia di un normale momento della nostra vita che è diventato stressante da un punto di vista visivo. Finché una persona è under 40 tutte queste cose le fa senza neanche pensare e contemporaneamente ma, più prima che poi, si finisce dall’oculista, che propone la soluzione più semplice ed efficace: gli occhiali. Allora la domanda è: ma li devo portare sempre? Basta pensare alla scena del bar per capire di sì o quasi, poiché passi continuamente dal lontano al vicino, anche se hai solo quel difetto visivo.

Insomma, rifiutiamo un po’ un bisogno che copre quasi tutti i momenti della giornata.

Il compito dell’oculista è far capire che non stiamo costringendo nessuno a una sorta di nuova schiavitù, ma semplificando una vita che ha già quelle esigenze di visione. È un problema di look? Ci sono le lenti a contatto, che funzionano benissimo e si possono alternare agli occhiali a seconda di occasioni sociali e necessità, ma in modo non continuo, per preservare a lungo la salute degli occhi: al lavoro metto gli occhiali, non le lentine.

Consiglio gli occhiali anche agli sportivi, che garantiscono visione di qualità in situazioni dinamiche e proteggono dai traumi, che non sono rari in certe discipline. Insomma, l’occhiale è un “nuovo” accessorio che deve entrare nella quotidianità, proprio perché nella nostra vita ne è arrivato prepotentemente un altro e onnipresente, il telefonino. Certo, non siamo riusciti ancora a realizzare delle lenti che facciano esattamente quello che fa l’occhio, ma sono sempre più performanti e personalizzabili. L’oculista deve quindi lavorare, anche psicologicamente, su una nuova visione di se stessi.

Modelli pronti all’uso premontati che si comprano ovunque: cosa ne pensa?

Sono gli occhiali di chi li prova, o dovrebbe provarli all’inizio. Possono funzionare come una gomma di scorta, ma non ci farei un viaggio di tanti km. Diciamo che possiamo tenerli di emergenza nel cassetto. E poi, senza visita oculistica, la gradazione giusta diventa un’opinione personale: l’occhiale premontato è una lente di ingrandimento, non la soluzione personalizzata e ottimale. Un occhiale così, anche se sbagliato di gradazione, non può peggiorare il difetto visivo ma è in grado di far venire mal di testa ed è stancante, alla lunga.

Se non si vogliono gli occhiali si può fare il laser?

Sì, esistono due tecniche. La prima lavora sulla compensazione di visione fra occhio dominante (quello che dà il segnale più importante al cervello) e normale, che riceve le stesse immagini dell’altro ma serve soprattutto a dare la profondità di campo. Il laser opera il dominante per fargli vedere meglio da lontano, mentre l’altro occhio lo si lascia meno performante dalla distanza, perché così si ottiene una profondità di campo da vicino che consente di non usare l’occhiale.

L’altra tecnica, più recente, utilizza il laser per eliminare il difetto di visione da lontano e poi si crea, al centro della cornea, una sorta di bottone, di area, sfruttabile per la visione da vicino. Ma nessuna di queste due tecniche offre una visione così buona come quella che può dare l’occhiale perfetto.

E inserire le lenti per la presbiopia nell’occhio?

È una soluzione che propongo più spesso delle tecniche laser, che hanno dei limiti e vanno poi ritoccate quando si forma la cataratta, cioè il cristallino invecchia opacizzandosi. Ma le lenti impiantate correggeranno tutti i difetti, dalla miopia alla presbiopia, ed eliminano l’eventuale cataratta.

Ce ne sono di varie categorie, monofocali o multifocali: alcune possono dare anelli luminosi di notte, per esempio la luce del semaforo appare ad aloni fastidiosi. La tecnologia Edof (acronimo in italiano di Estesa profondità di fuoco), invece, è l’ultima arrivata nel mondo delle lenti intraoculari e permette una visione ottima in diverse circostanze, senza inconvenienti notturni. Al punto da evitare gli occhiali anche in questi casi.

La soluzione in una goccia

Un farmaco, cioè un collirio, già approvato in Usa dalla Food and Drug Administration (FDA), è in grado di migliorare la visione da vicino. Il principio attivo si chiama pilocarpina, e gli oculisti già lo utilizzano nei casi di ipertensione oculare, cioè per abbassare la pressione nell’occhio. Si è scoperto che questa molecola ha l’effetto del sole d’estate: fa restringere la pupilla.

Quindi, mettendo delle gocce negli occhi al mattino, chi è presbite potrebbe non usare gli occhiali per ore. Però deve ancora arrivare in Italia e non sappiamo se sarà un farmaco adatto per tutti i casi. Inoltre, visto che restringe la pupilla, di giorno si vedrà bene ma alla sera, o in situazioni di scarsa luce, si avranno difficoltà a vedere l’ambiente circostante perché, quando c’è poca luce, la pupilla deve dilatarsi. E allora, occorrerà di nuovo indossare gli occhiali.

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