Oli vegetali: come sceglierli e usarli

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L’oro verde, il re incontrastato della dieta mediterranea, apprezzato in tutto il mondo per le sue note fruttate, erbacee, di pomodoro verde o leggermente piccanti che gli conferiscono quel sapore pieno e inconfondibile, è l’olio extravergine di oliva, il condimento principe che regna sulle nostre tavole e che ha un ottimo profilo nutrizionale, grazie alla prevalenza di acidi grassi monoinsaturi e alla presenza di vitamine A ed E. Ma abbiamo a disposizione anche altri oli vegetali. Ecco una miniguida per capire come scegliere, benefici e controindicazioni.

1) Olio di cocco

107907L’olio di cocco composto per l’86 per cento da grassi saturi. «Tra questi predomina l’acido laurico, un grasso dal modesto potere aterogeno, cioè non in grado di favorire l’aterosclerosi, se viene consumato con moderazione», spiega il professor Nicola Sorrentino, medico specialista in scienza dell’alimentazione e dietetica, direttore scientifico della IULM Food Academy.

«Per contro, l’olio di cocco ha un’elevata quantità di MCT (medium chain triglycerides, trigliceridi a catena media) che hanno il vantaggio di essere immediatamente assorbiti, soprattutto dal fegato, ed essere subito convertiti in energia senza il rischio di accumularsi come grasso corporeo. Inoltre, gli MCT sono termogenici, aumentano il dispendio calorico e aiutano a bruciare più calorie. Bastano due cucchiaini di olio di cocco al giorno, pari a 10 ml suddivisi a pranzo e cena, per aumentare il metabolismo energetico di circa il 5 per cento».

Sempre gli MCT regalano un precoce senso di sazietà e sono perciò indicati a chi soffre di obesità e sovrappeso, per ottenere un buon equilibrio del peso corporeo. Per questa ragione l’olio di cocco può essere inserito dai nutrizionisti, a piccole dosi, nelle diete dimagranti. Sazia, ha una buona palatabilità e, poiché alla temperatura di 15-18° solidifica, si può usare al posto del burro e spalmato in sottilissimo velo, si può aggiungere sul pane di segale o su una fetta biscottata integrale a colazione.

2) Olio di colza

Viene estratto dai semi della colza (Brassica napus), una pianta appartenente alla famiglia delle Brassicacee di cui fanno parte anche cavolfiori, cavoli, cime di rapa e cavolini di Bruxelles. In passato è stato messo sotto accusa per la presenza di acido erucico, che è cardiotossico.

«Alte dosi e uso costante possono infatti portare a una malattia del cuore, compromettendone la funzionalità: la lipidosi del miocardio. Per limitare il problema nel 2015 il CNSA (Comitato Nazionale per la Sicurezza Alinentare) del Ministero della Salute, adeguandosi a una direttiva europea, ha stabilito nel 5% il limite massimo di acido erucico presente in ogni alimento. Circa l’olio, sono state così selezionate varietà di Brassicacee prive di acido erucico e oggi l’olio di canola, una colza “riveduta e corretta”, ne è completamente esente. Ragion per cui è sicuro per la salute», spiega la dottoressa Tiziana Toso, biologa nutrizionista specializzata in genetica medica e scienza dell’alimentazione a Padova.

3) Olio di semi di girasole e di arachidi

«L’olio di girasole apporta molti Omega 6 (la metà dei quali è data dall’acido linoleico coniugato, CLA). Il problema è che ne assumiamo troppi. Non solo viene alterato il rapporto “Omega 6-Omega 3” ma dal CLA l’organismo sintetizza una molecola, l’acido arachidonico, che è a sua volta precursore di sostanze biologicamente attive come i trombossani (favorenti l’aggregazione piastrinica) e le citochine proinfiammatorie». Per questa ragione molte industrie si sono attrezzate in senso salutistico impiegando l’olio di girasole “alto oleico”, una varietà geneticamente modificata al fine di arricchirlo di acido oleico (monoinsaturo della serie omega 9) e riuscire così a controbilanciare l’eccesso di CLA.

Stesso discorso vale per l’olio di semi di arachidi che però, a dispetto del nome, tende a formare meno acido arachidonico, responsabile dell’infiammazione di organi e tessuti. Apporta, infatti, meno CLA di quello di girasole e ha quasi il doppio di acido oleico. Quindi è un’olio di qualità superiore, oltre ad avere una buona resistenza al calore (punto di fumo: 235°C) che lo rende adatto per friggere.

4) Olio di canapa

114924Spiccano dagli scaffali dei negozi di alimentazione naturale e hanno conquistato le tavole per l’invidiabile profilo lipidico. «Tanto per dare un’idea, un cucchiaio di olio di semi di canapa (circa 10 ml) racchiude 1,7 grammi di Omega 3, gli acidi grassi insaturi a catena lunga presenti anche nel pesce e raccomandati sotto forma di integratori per la loro capacità di comportarsi da “spazzini” delle arterie, delle coronarie in particolare, riducendo la frazione “cattiva” del colesterolo (LDL) a tutto vantaggio di quella “buona” (HDL). Inoltre, tra gli Omega 3, spicca l’acido alfa-linolenico (ALA), il più importante di questa serie, indicato dagli esperti come maggiormente utile per trattare problematiche cardiovascolari (colesterolo e trigliceridi alti, aterosclerosi, coronaropatie) e per  contrastare l’ipertensione arteriosa», puntalizza il professor Nicola Sorrentino.

Leggero e dall’odore gradevole, l’olio di canapa ha un sapore leggermente tostato che ricorda quello delle mandorle o delle nocciole. Va usato a crudo e conservato in frigorifero, per conservare le sue proprietà organolettiche.

5) Olio di lino

Buona fonte di Omega 3 è anche l’olio di semi di lino, che viene utilizzato esclusivamente a crudo (con la cottura perde le sue proprietà) e che non è apprezzato da tutti per il suo retrogusto amarognolo, che ricorda quello delle noci. Come quello di canapa, è costituito per il 60 per cento da acido alfa-linoleico (ALA), dai noti effetti antiossidanti, antinfiammatori e vasoprotettivi (o antitrombotici).

«Rispetto a quello di canapa, vanta una piccola percentuale di lignani, polifenoli che favoriscono la peristalsi intestinale e hanno un effetto emolliente sulle feci, rendendole di facile esplusione. Per questa azione blandamente lassativa, l’olio di semi di lino viene consigliato a chi soffre di stipsi, come parte integrante di una dieta sana ed equilibrata», risponde Sorrentino.

Controindicazioni? Recenti studi suggeriscono che interferisce con i farmaci anticoagulanti, prescritti per rallentare la coagulazione del sangue, specie negli anziani. In questo caso, va evitato.

6) Olio di mais

Buona la composizione dell’olio di semi di mais: su 100 g, 15 sono di grassi saturi (una percentuale bassa ma non bassissima), 31 di monoinsaturi e 51 di polinsaturi. Quindi vincono gli acidi grassi essenziali, considerati amici dell’uomo, tra cui spicca l’acido linoleico coniugato (CLA), prezioso per mantenere in buona salute le membrane cellulari e per prevenire le malattie del cuore e dei vasi, purché non si ecceda nel consumo.

Tuttavia l’olio di mais ha dei difetti: ha un punto di fumo basso e si ossida alla temperatura di 160 °C. È perciò sconsigliato per friggere.

7) Olio di soia

E che dire dell’olio di soia? «Non è così salutare come molti pensano», avverte il professor Sorrentino. «Rispetto ad altri oli apporta discrete quantità di vitamina E, ma il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 è squilibrato a vantaggio dei primi, essendo 8:1. E oggi la moderna lipidomica (la scienza che analizza la composizione di acidi grassi presenti nelle membrane cellulari) ci dice che per stare bene il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 all’interno del nostro corpo dev’essere 3:1 o al massimo 4:1. Altrimenti si rischia di favorire una forma di infiammazione sistemica, silente ma non per questo meno dannosa, alla base di molte patologie». Per raggiungere un buon equilibrio lipidomico di membrana è quindi preferibile cucinare con altri oli vegetal».

L’American Oil Chemist Society, in base a studi compiuti dall’Università del Minnesota, ha sottolineato che l’olio di soia usato per friggere rilascia un composto organico tossico per la salute, chiamato HNE (4-idrossinonenale), prodotto attraverso perossidazione lipidica. Per questa ragione l’olio di soia va consumato a crudo o per cotture a basse temperature.

8) Olio di vinaccioli: uno scudo contro i radicali liberi

Che cosa sono i vinaccioli? Sono i piccoli semi della vite che si trovano all’interno dell’acino d’uva. Dalla loro spremitura si ottiene un olio dal sapore delicato, che ricorda il profumo dell’uva con un lieve sentore di noce. Può essere utilizzato crudo, cotto e anche per friggere, poiché ha un elevato punto di fumo, intorno ai 230 °C, anche se si consiglia di non superare la soglia dei 180°C.

Circa gli acidi grassi essenziali che lo compongono, ha un ottimo rapporto tra Omega 6 (rappresentati principalmente dall’acido linoleico) e Omega 3 e, rispetto agli altri “competitor” alternativi all’olio evo, vanta un alto tenore di antiossidanti, pronti a neutralizzare i radicali liberi. Merito della vitamina E (27 mg per 100 g, pari al 225% della dose giornaliera raccomandata) e di alcuni composti fenolici, chiamati procianidine, che constrastano lo stress ossidativo, contribuendo anche a migliorare l’elasticità della pelle.

È quindi un olio multitasking, indicato soprattutto nella dieta degli “over 50”. «Attenzione, però, a non esagerare con questo condimento», avverte il professor Sorrentino. «Molti pensano che un olio leggero e salutare sia meno calorico, invece ricordo che tutti gli oli vegetali, essendo composti integralmente da lipidi, apportano poco meno di 900 calorie per 100 g. Anche in questo caso, quindi, conviene limitarsi a due cucchiai al giorno».

Il trionfo del Ghee

Il Ghee è il burro chiarificato usato in India e nei Paesi del Sud-Est asiatico, reperibile anche nei nostri supermercati, sull’onda di una vera e propria moda alimentare. «Il burro Ghee viene privato dell’acqua e della componente proteica e ha quindi un contenuto di grassi superiore a quello del burro tradizionale, di cui circa il 60 per cento sono saturi», chiarisce il professor Nicola Sorrentino.

Perché allora è in auge? «Perché è più digeribile, ha più vitamine (A,D,E, K2 e B2) e minerali (calcio, magnesio, fosforo e potassio), antiossidanti fenolici ed è ricco di acido butirrico: aiuta a sfiammare la mucosa intestinale e a mantenere in buona salute il microbiota, favorendo i “batteri buoni”. Va, però, consumato con moderazione perché ingrassa più del burro standard: 876 calorie per 100 g, contro 750».

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