Emiliano Stella, la personale al PAN tra arte e impegno ecologista – IL CIRIACO

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Emiliano Stella

Dal 6 agosto al 6 settembre, nella Sala Loft del PAN Palazzo delle Arti a Napoli, sarà visitabile la personale del pittore avellinese Emiliano Stella dal titolo “Microsfera PE”.

Si tratta di un importante traguardo per l’artista che con i suoi dipinti, disegni e installazioni lancia un grido di dolore per i danni che ogni giorno l’uomo arreca all’ambiente marino, sporcandolo con ogni sorta di rifiuto, soffocandolo con le letali microplastiche che si inseriscono nella catena alimentare dei pesci e ritornano, come una nemesi, nell’alimentazione dell’uomo.

“Il materiale che utilizzo normalmente per realizzare le mie opere – spiega Emiliano Stella – è già proveniente dal riciclo. Scampoli di cotone, pezzi di tela denim, cartapesta realizzata con carta da macero, sono alcuni dei materiali che diventano dipinti, immagini, brandelli di realtà trasfigurati dall’intervento artistico. Lo scorso anno ho insegnato discipline pittoriche al Carcere di

 Bellizzi, da lì proviene la carta da macero usata nelle opere; l’idea della mostra è nata proprio lì. Dopo una prima esposizione nella galleria d’arte ARXT di via Mancini e a Berlino, in appuntamenti espositivi incentrati sulla stessa tematica: i danni arrecati alla natura dall’uomo”.

Curatrice della personale è Barbara Matetich, il catalogo è invece supervisionato dallo storico e critico d’arte Marcello Carriero, entrambi saranno presenti con l’autore al vernissage che vedrà anche la partecipazione di Domenico D’Alessio, ricercatore di ecologia marina presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.

Partiamo proprio dalle parole di quest’ultimo per delineare il tema della mostra, quello del rapporto tra uomo e natura. Si tratta di un rapporto, spiega D’Alelio, decisamente conflittuale. “A partire da 300.000 anni fa, – scrive il ricercatore – Homo sapiens sapiens ha attraversato la propria storia soppiantando altre specie umane, occupando lo spazio vitale della fauna selvatica, laddove questa già non costituisse fonte diretta di proteine; imparando a prodursi il cibo da sé, a prescindere dalle condizioni di temperatura, umidità e radiazione solare; arrivando ad annullare, attraverso la tecnologia, quegli “ostacoli” naturali alla propria progressione demografica. Una corsa rapidissima – cosa sono 300.000 anni, a fronte dei 4 miliardi e rotti di anni di Vita sulla Terra? – ha condotto l’umanità a trasformare la natura in un terreno conquista, passando da un conflitto con essa di ordine materiale, ad uno più subdolo, intellettuale: a cosa serve una natura selvatica se possiamo “addomesticarla” a nostro vantaggio? Finché il progresso e la conseguente crescita demografica non hanno condotto alla distruzione dello stesso ambiente del quale progresso e crescita si sono fino a qui nutrite”.

Sul versante più propriamente artistico la curatrice Barbara Matetich afferma nel catalogo che: “La ricerca di Emiliano è frutto di un approccio interdisciplinare che ha messo in relazione l’arte, il patrimonio ambientale, l’estetica e la semiotica con il tema della valorialità degli ambienti e dei territori. La sua arte è autenticata come strumento d’identità civile e sociale innescando processi innovativi nel rispetto della sostenibilità ambientale, economica, culturale e sociale. E’ costante una metodologia di analisi attraverso l’integrazione delle diverse discipline – dall’area biologica, medica, pedologica, ecologica, geologica, fisica e chimica a quella dell’architettura e del design, affrontando progetti di ricerca che spaziano dalla gestione al monitoraggio, dal recupero all’uso sostenibile delle risorse ambientali alla protezione dai rischi naturali e antropici. Adottare misure di salvaguardia nei confronti di paesaggi sempre più deturpati è uno dei compiti che oggi l’arte dovrebbe assumere nel non facile compito di tenere assieme etica ed estetica. Un percorso di tutela e promozione ambientale facilitato dal suo stesso codice di lettura: l’arte dell’abitare l’ambiente e possibilmente dell’abitarlo felicemente. Il progetto di Emiliano ha l’ambizione di disegnare una breve cartografia visiva di organismi fisici compositi di paesaggio e patrimonio artistico e umano”.

Interessante il punto di vista del prof. Carriero che scrive: “Tecnicamente i quadri di Stella sono eseguiti con una pittura scabrosa che echeggia da lontano le stesure informali, ma non sono più i muri di Froutrier, bensì mari inquinati e discariche, luoghi di un conflitto non più interiore ma assolutamente esteriore, ambientale. Queste figure sospese nel vuoto, isolate e confuse sono il coagulo dei miasmi sono le tracce della nostra civiltà mortifera. La bottiglia, così come la balena oramai assorbita dal torbido impasto dello sfondo, sono causa ed effetto di un futuro nefasto. L’uomo si mostra, attraverso le tracce del suo passaggio inglorioso, quale violentatore arrogante di un equilibrio. Ciò che un tempo era consapevole gioco di piacere diventa incubo dell’irreversibile deriva planetaria.  L’uomo che ha ceduto definitivamente alla cultura, sicché la natura dopo esser stata interrogata, sfruttata, corrotta ora è ridotta a un simulacro manipolato pronto a una micidiale ritorsione. L’ostilità di questa nuova natura non è quella che minacciava il selvaggio, bensì quella che uccide l’uomo nel suo stadio di arrogante divinità”.

 



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