«Tutela dell’ambiente non è giardinaggio, ma è tutela dei nostri diritti fondamentali. La politica delle scelte calate dall’alto come quella di impiantare un biodigestore nelle terre del Greco di Tufo, in nome del profitto e non delle esigenze reali delle comunità locali, va fermata. Un altro sviluppo è possibile, anche in Campania». L’avvocato Luca Saltalamacchia, da sempre impegnato in azioni di tutela dell’ambiente e dei diritti umani, è candidato alla carica di Presidente della Regione Campania per “Terra”, il “terzo polo” che mette insieme partiti di sinistra, comitati, associazioni impegnati nella tutela del territorio.
Qual è l’obiettivo di “Terra” per la Campania?
«Mettere l’ambiente al centro del dibattito politico. Il concetto di ambiente è stato largamente abusato e si presta a facili strumentalizzazioni: per noi chiaramente è qualcosa che va oltre l’amore per il verde o per tutto ciò che appartiene al mondo naturale. La nostra visione, per semplificare, va ben oltre il “giardinaggio”. Sono un avvocato che si è sempre battuto per questioni ambientali e nella mia attività professionale ho sempre rinvenuto accanto a situazioni di inquinamento o degrado, violazioni di diritti fondamentali. Devastazione ambientale è compromissione dei diritti delle comunità. E questo in Campania è più che evidente. Se si inquinano i corsi dei fiumi, si interrano i rifiuti tossici, si bruciano e spargono in atmosfera sostanze tossiche, il risultato è incremento di malattie, morti, tumori. Tutelare l’ambiente non è uno slogan, significa promuovere una visione complessiva della Campania in cui diritti fondamentali non vengano calpestati dalla devastazione dei nostri territori portata avanti nel nome del profitto di pochi».
Quindi un’altra idea di sviluppo…
«Quando parliamo di sviluppo sostenibile molti ci guardano col sorrisetto ironico e ci giudicano come i soliti idealisti. In realtà la necessità di percorrere strade di sviluppo diverse da quelle attuali incentrate sulla massimizzazione del profitto e sulla crescita incondizionata e costante, la impongono trattati internazionali che l’Italia ha ratificato, leggi europee e nazionali. L’Italia si è impegnata in questo senso a raggiungere determinati target e di provare a modificare l’attuale sistema economico per cercare di renderlo quanto più ecosostenibile».
In questo contesto, le aree interne come l’Irpinia che ruolo hanno giocato?
«Quello di territori da conquistare e saccheggiare. Conosciamo abbastanza bene questioni come quelle della Valle del Sabato e del biodigestore di Chianche. Il problema è sempre lo stesso: se si continua a considerare le periferie cittadine o le aree più rurali, quali appunto le zone interne come l’Irpinia, terre da saccheggiare, luoghi in cui la principale preoccupazione è abbattere i costi del ciclo produttivo scaricando residui industriali nel Sabato o immettendo nell’aria sostanze inquinanti, se anche di fronte alla necessità di impianti quali un biodigestore si sceglie di localizzarli nel mezzo dei vigneti del Greco di Tufo, significa che la logica è sempre la stessa. Non tenere conto delle esigenze locali, delle popolazioni e dei territori, ma solo di quelle di chi poi dovrà trarre profitto da quelle opere. Sotto questa prospettiva l’Irpinia, ma anche territori come la periferia di Napoli, diventano terre di conquista per calare dall’alto progetti senza alcun coinvolgimento delle comunità locali. Certo ci sono scelte da fare che possono anche risultare impopolari, ma la politica del prescindere totalmente dalle esigenze reali dei territori, va fermata».
Perché non è stato possibile, da sinistra, mettere insieme tutte le forze alternative a De Luca e Caldoro come Potere al Popolo e Movimento cinque stelle?
«Premetto che personalmente sono stato catapultato in questa avventura da poche settimane, ma il percorso che ha portato alla nascita di “Terra” viene da lontano. So che inizialmente c’è stata una vicinanza anche con Potere al Popolo, ma la nostra è nata come una lista collettiva per cui anche i partiti che ne fanno parte hanno dovuto fare, in nome di un progetto collettivo, un passo indietro e rinunciare al proprio simbolo o ad imporre candidature calate dall’alto. Evidentemente Potere al Popolo non ha voluto rinunciare alla sua specificità, scelta che rispettiamo ma dettata da loro dinamiche interne. Diverso il discorso sul Movimento cinque stelle. Un partito di governo che con una facilità impressionante è passato dalla alleanza con la Lega a quella col Pd e con la stessa velocità ha cambiato idea sulla maggior parte delle questioni nazionali dirimenti, Tav e Tap su tutte. Una forza che non può essere compatibile con la nostra visione politica: non possiamo imbarcarci soggetti che scrivono una cosa nei programmi elettorali, poi se si trovano a dover occupare posti di potere cambiano idea alla velocità della luce. Ciò non toglie che all’interno del M5S tanti hanno idee molto vicine alle nostre ma il loro partito ha dato ampia prova sul campo di non essere affidabile, anche in Campania».
Quali saranno i criteri di scelta delle candidature al consiglio regionale?
«Saranno quelli che hanno portato alla creazione della lista: no professionisti della politica, sì persone collegate al territorio, che hanno sempre speso la loro vita politica o associativa per la tutela dell’ambiente. Con coerenza cercheremo di dare spazio a tutte quelle realtà territoriali impegnate nel contrasto alla malapolitica».
Che tipo di campagna elettorale state organizzando?
«Non faremo i tradizionali comizi o incontri elettorali, saremo davanti o in prossimità dei siti inquinati e di tutti quei luoghi che gridano vendetta. Certamente saremo in Valle del Sabato e non solo. Incontreremo comitati e cittadini per spiegare le nostre ragioni e raccogliere le loro istanze. Sono e resto un outsider della politica, ma ho accettato di partecipare a questa esperienza con estremo convincimento proprio mi permetterà di proiettare quanto fino ad ora ho fatto nella mia vita, e continuerò a fare, in un campo più ampio. Il motivo dell’impegno politico attuale è semplice: la Campania è terra martoriata, ma è anche la mia Terra».