Di Gianni Festa
Erano gli anni Settanta. Segretario della Dc irpina era Giuseppe Pisano, preside e, soprattutto, giornalista. Accadde che il segretario nazionale della Dc, Amintore Fanfani, convocò Pisano a Roma per contestargli la sua azione in provincia indirizzata al sostegno del centrosinistra che allora rappresentava in Italia una formula più avanzata rispetto al centrismo degasperiano. Al “rimprovero” di Fanfani Pisano rispose: “Centrosinistra? Lo chieda a De Mita” e si congedò dal “Rieccolo”, nomignolo che gli fu affidato per il suo comparire e scomparire dai palazzi del potere. Da quel giorno il centrosinistra a guida Dc non ha mai smesso di conseguire successi in provincia di Avellino. Fino, naturalmente, al risultato del recente ballottaggio che ha incoronato Laura Nargi a sindaco del capoluogo irpino. Di più. Mentre in quasi tutti i capoluoghi chiamati al voto il centrosinistra è cresciuto, ad Avellino ha fatto registrare una clamorosa battuta di arresto. Si potrebbe dire che si è consumata la fine di una grande storia politica. Ma il voto non ha premiato il centrodestra meloniano, fatta eccezione di Fratelli d’Italia che, con assoluta coerenza, non se l’è sentita di confondersi con l’anomala ammucchiata. Questo è avvenuto ad Avellino, se si intende ragionare di politica. Che, purtroppo, è stata latitante in questo turno elettorale. In realtà il cosiddetto campo largo del centrosinistra ha subito una dolorosa sconfitta per i motivi più diversi. Anzitutto per responsabilità di chi solo formalmente ha guidato il Pd ponendosi all’ombra di quanti hanno osteggiato la candidatura di Antonio Gengaro. Né si può ignorare che ha vinto il populismo, nel senso che ha trovato continuità quel becero clientelismo che ha corrotto anche chi si era presentato come l’alfiere del civismo onesto. C’è poi da considerare il fatto che, in vista delle elezioni regionali, c’è stato chi ha arato il terreno del personalismo immorale giocando su più tavoli per prepararsi all’incasso. Osservando gli abbracci di chi ha ottenuto il successo, viene da pensare che un’ombra cupa si addensa sulla città già mortificata da una questione morale che ha fatto diventare vittime i carnefici. In questo quadro non si può non sottolineare come nel tempo della precedente consiliatura, il Pd e la sinistra non sono stati in grado di elaborare una politica per la città, aggrovigliandosi in uno scontro fazioso che ha consentito di venir meno a quel necessario controllo democratico, virtù essenziale per delegittimare chi abusava dei poteri in città. Siano appalti o corruzione o ancora infiltrazioni camorristiche dei clan, o ancora della pretesa di quella legalità che si andava smarrendo.
Ora spetta alla prima donna sindaco Laura Nargi, investita di un enorme responsabilità, di far veleggiare la nave verso approdi sicuri. Lo ha promesso con la voce rotta dall’emozione nel momento in cui ha ottenuto il consenso della metà degli avellinesi. All’altra metà ha promesso pacificazione e rappresentanza senza distinzioni. A lei spetta diradare quella cupa ombra che pesa sul capoluogo. C’è un obiettivo che rende nobile il ruolo che va a svolgere: il bene comune. La sua storia personale e familiare, i suoi trascorsi politici, le sue scelte talvolta di rottura con vecchi schemi, la grande dignità che ha ricevuto da una famiglia impegnata nel sociale sono patrimonio di garanzia. Che però potrebbe venire meno se dovesse, in nome di un successo populista e clientelare, porsi alla guida di chi non ama Avellino, di chi l’ha saccheggiata, violentata nella sua tradizionale onestà, mortificata nella sua superba storia culturale. In questo dia subito dimostrazione di cacciare fuori dal tempio i nemici, profittatori di Avellino, percorrendo la strada della legalità, la sola che può segnare una reale svolta verso il bene comune. Noi vigileremo senza fare sconti.