Un operatore di pace che credeva fortemente nel potere del dialogo tra fedi differenti, capace di comprendere con lungimiranza le trasformazioni sociali e politiche della società, di portare in tutto il mondo la lezione del Concilio Vaticano II, senza mai smettere di interrogarsi sul ruolo della Chiesa. E’ il ritratto di monsignor Luigi Barbarito emerso nel corso dell’omaggio a lui dedicato al Palazzo Abbaziale del Loreto che ha visto protagoniste le comunità di Atripalda e Mercogliano. Un omaggio suggellato, a sette anni dalla morte, dalla nomina a membro alla memoria nel comitato d’onore dell’Università Cattolica Montemurro D’Ippolito. A ricordarlo, tra racconti e testimonianze, il rettore dell’Università Montemurro-D’Ippolito Ciro Romano, il cardinale Francesco Monterisi, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura e Decano dell’Università Montemurro-D’Ippolito, il vescovo di Avellino Arturo Aiello, don Luca Monti, parroco di Sant’Ippolisto ad Atripalda e Jacopo Barbarito, nipote dell’arcivescovo, i sindaci di Atripalda e Mercogliano Paolo Spagnuolo e Vittorio D’Alessio.
E’ il professore Romano a sottolineare come il conferimento dell’onorificenza di membro del comitato dell’Università Montemurro nasca dalla grande attenzione di Monsignor Barbarito all’impegno culturale, convinto che fosse necessaria una presenza della testimonianza cristiana anche nel mondo culturale. L’abate Guariglia ricorda il legame forte del nunzio apostolico con Montevergine “L’ho conosciuto durante gli anni della formazione a Montevergine, dove veniva sempre d’estate per ritemprarsi dalle fatiche dell’anno di lavoro. Ricordo che se ne stava sempre nell’atrio ad accogliere i pellegrini, Era un grande Cicerone, li accompagnava nei diversi luoghi del santuario. Aveva Montevergine nel cuore, ripeteva spesso che, se non fosse stato per l’altitudine, sarebbe volentieri venuto a vivere qui. Era un nonno per la comunità. Amava profondamente questa terra e parlava sempre di Paolo VI, sotto il cui pontificato si era formato e per il quale aveva una grande ammirazione”.
E’ quindi il cardinale Monterisi a consegnare la forza del suo magistero “Ci univano comune origini. Era un sacerdote meridionale orgoglioso della sua terra, qui aveva ricevuto la sua prima formazione e lo sottolineava con forza. Dimostrava l’amore per le radici attraverso le qualità morali e spirituali che caratterizzavano il suo impegno di diplomatico e il suo stesso modo di fare, dall’intelligenza alla cordialità. Il comune servizio diplomatico ci teneva spesso lontani e nell’ultima parte della sua esistenza, anche dopo la nomina a membro della Congregazione della Santità non veniva spesso a Roma ma ho sempre guardato a lui come un fratello più grande da cui trarre ispirazione ed esempio”. Ricorda gli inizi nel campo della diplomazia vaticana dal 1953 al 1969 come segretario della nunziatura apostolica in estremo Oriente e in America latina, un lavoro subordinato ma prezioso. Al centro del suo impegno il sostegno alle comunità cattoliche, il tentativo di favorire la pace, la comprensione dei problemi dell’uomo”. Monterisi ricostruisce il contesto in cui si trovò ad operare Barbarito “Erano gli anni in cui la Chiesa sviluppava i frutti del Concilio Ecumenico con Papa Giovanni e Paolo VI, in cui il mondo si trasformava. Nel 1969 fu nominato da Paolo VI nunzio apostolico ad Haiti e alle Antille. Quella che ha rappresentato per lui una prova del fuoco. Una terra difficile, quella di Haiti in cui Barbarito è stato chiamato a difendere la comunità cattolica, perseguitata dall’allora dittatore, portando avanti un’azione costante per favorire la pace. Un impegno proseguito con la nomina nella giurisdizione di Dakar comprendente i paesi del Senegal, del Mali, della Guinea, della Mauritania. Qui ha interpretato al meglio lo spirito missionario della Chiesa in territori caratterizzati da una maggioranza musulmana ma anche dalla presenza di comunità cattoliche Il compito a cui era chiamato era quello di passare il testimone al clero locale, individuando sacerdoti nativi a cui affidare la guida della diocesi. Di qui la grande sensibilità dimostrata nelle scelte da effettuare”. Un percorso, quello di Barbarito, proseguito dal 1978 al 1997 in un contesto differente, dall’Australia alla Gran Bretagna “La sfida era quella di superare il vento del secolarismo imperante anche tra le comunità cattoliche, con una netta diminuzione della pratiche religiose e delle ordinazioni e sviluppare una nuova evangelizzazione. Un compito a cui si è dedicato con tutte le sue energie, favorendo anche un forte riavvicinamento con le confessioni cristiane a partire da quella anglicana. La conferma dell’efficacia del lavoro svolto arriva dal riconoscimento ottenuto da autorità non cattoliche. La stessa Regina Elisabetta lo ha nominato Cavaliere onorario della Santa Croce proprio per la sua capacità di operare per una conciliazione tra anglicani e cattolici. Successivamente non ha mai smesso di interrogarsi sui compiti e le problematiche a cui era chiamata la Chiesa nella società di oggi”. Per ribadire come “E’ stato un esempio per tutti noi e un vanto per questa terra”
E’ quindi il sindaco di Atripalda Paolo Spagnuolo, presente insieme all’assessore Lello Barbarisi e a numerosi esponenti dell’amministrazione, a ricordare come Barbarito non avesse mai reciso i legami con le sue radici “Voleva essere seppellito nella chiesa di Sant’Ippolisito, lì dove sono conservate le reliquie del martire di Sant’Ippolisto. Era un uomo di grande umiltà, come testimonia anche l’affetto di coloro che continuavano a chiamarlo Zi Luigino, ma anche di profonda saggezza, sempre attento alle sorti della sua Irpinia. Quando fui eletto sindaco per la prima volta avevo 38 anni e Barbarito volle incontrarmi, data la mia giovane età, per darmi dei consigli. Ci vedemmo “ncoppa a preta della Madonna” che guarda al monte Partenio. Mi spiegò che sarei stato costretto a fare delle scelte impopolari. Mi chiese di fare ogni sera lo stesso esercizio ‘Se riuscirà a guardare i suoi occhi nello specchio, significherà che la sua scelta sarà stata dettata da una coscienza pulita’. E’ l’insegnamento che mi porto dietro. Quella stessa premura l’ha sempre conservata nei confronti dell’Irpinia”. E ricorda come con il pronipote di Barbarito, Jacopo, consigliere comunale a Giano Umbro sia nato un vero gemellaggio destinato a produrre nuovi frutti
A ricordare il magistreto di Barbarito anche il sindaco di Mercogliano Vittorio D’Alessio “Il suo è stato un messaggio di conciliazione e dialogo, ha dato prova di una grande capacità diplomatica, ha seminato pace, ascolto e accoglienza. E oggi un modello a cui ispirarsi in un tempo costretto a fare i conti con la guerra. Ha sempre compreso come la diversità fosse una ricchezza. Conservava con Mercogliano un legame basato sulla spiritualità di luoghi come Montevergine e il Loreto e proprio alla Biblioteca del Loreto ha voluto donare documenti legati alla sua attività di nunzio apostolico, testimonianze delle sue esperienze di vita”.
E’ quindi don Luca Monti della parrocchia di Sant’Ippolisto a ricordare come “la nostra comunità ha visto crescere questo figlio, lo ha accolto nella stagione della sua fragilità, ha ospitato le sue spoglie. Sulla sua tomba campeggia un passo delle Beatitudini ‘Beati gli operatori di pace”. Monsignor Barbarito è stato un operatore di pace, di coloro che devono dare fastidio a qualcuno per portare avanti le stesse battaglie che portava avanti Cristo”.
A prendere la parola è, poi, il pronipote Jacopo “Difficile per me scindere l’aspetto umano da quello religioso. E’ entrato in seminario giovanissimo, ha sempre avuto piena consapevolezza della sua vocazione. Da parte mia, solo ad adulto ho compreso la forza del suo impegno, ha sempre creduto nel dialogo interreligioso in un momento di rapidi cambiamenti, superando steccati. Ha acquisito coscienza molto presto di problemi che caraterizzavano il mondo della Chiesa, dalla secolarizzazione al fanatismo religioso, senza mai smettere di coltivare il confronto tra confessioni religiose differenti, affascinato dall’umanità, convinto che ogni diversità dovesse essere tutelata”. Ricorda come 2Quando parlava d’Irpinia il cuore gli batteva, gli piaceva tornare nella sua terra, prendere un caffè a casa della vicina, parlare dei colori dell’Avellino calcio, fermarsi a scambiare quattro chiacchiere con gli amici. Non si è mai vantato dei risultati raggiunti nel suo lavoro di diplomatico, delle relazioni che era riuscito a stabilire”. Tocca, infine, ad Aiello tracciare le conclusioni “Questa cerimonia ci ricorda l’importanza del ricordare, poichè viviamo in un tempo senza memoria, di qui il valore del tentativo di recuperare un segmento di storia che è dentro di noi ma deve essere risvegliato”. Sottolinea con forza come “La nostra diocesi è fiera di lui” e ricorda la complessità di un ruolo come quello dek nunzio apostolico “Il suo è un servizio nascosto, rappresenta la Santa Sede nei luoghi lontani, è chiamato a comprendere le esigenze del popolo, a farsi portavoce di ciò che accade in quei territori, evitando il rischio di letture fuorvianti dal centro, si fa strumento di raccordo con le periferie. Il suo interesse deve essere rivolto all’umano e a ciò che è spirituale. La nunziatura ha il polso di ciò che accade all’interno della Chiesa, del cammino delle diocesi, ecco perchè può individuare anche i candidati all’episcopati”. Loda la sua capacità di essere “cittadino del mondo, senza perdere contatto con le radici, magari parlando alla regina d’Inghilterra di Sant’Ippolisito, certo di avere sempre un posto in cui tornare”. E colpisce la presenza in sala anche di rappresentanti dell’ambasciata di Haiti a conferma della riconoscenza nei confronti di Barbarito. E’ quindi la volta della consegna del titolo alla memoria ai familiari Luigi e Jacopo, seguita da quella di socio onorario dell’Accademia all’abate Guariglia.
E’, invece, una teca allestita nel Palazzo Abbaziale a raccontare il percorso di Barbarito, a partire dal titolo di Cavaliere della Croce consegnatogli dalla regina Elisabetta
L’omaggio proseguirà alle 19, nella chiesa di Sant’Ippolisto di Atripalda con la celebrazione di una santa messa in suffragio, presieduta dal cardinale Francesco Monterisi. Una cerimonia – promossa con il patrocinio della Regione Campania, del Consiglio Regionale della Campania, dei Comuni di Mercogliano ed Atripalda.