“Tu s’ femmina”, un archivio di memoria orale da salvaguardare che racconta l’identità delle donne

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Un prezioso archivio di memoria orale da salvaguardare. E’ il progetto curato da Mariangela Cioria e Maria Paglia da cui è nato il volume “Tu s’ femm’na” edito da Delta 3, presentato questo pomeriggio presso la sede dell’Università del Tempo Libero con l’associazione Irpinia mia Aps Trevico. A confrontarsi con le autrici Rita Imbimbo, presidente associazione Tempo Libero Terza Età, Raffaella Calabrese De Feo, presidente Associazione IrpiniaMia, Gaetana Aufiero, scrittrice. Ad introdurre l’incontro il professore  Aurelio Meschini.  E’ Aufiero a sottolineare il valore di un volume, impreziosito dalla postfazione di Silvia Scola “che dà voce alle grandi madri, al sacrificio di tante donne costrette al silenzio ma capaci al tempo stesso di sostituire gli uomini nei campi, quando questi erano costretti ad emigrare, di comprendere il ruolo cruciale dell’istruzione per immaginare un futuro diverso. Sarà l’alfabetizzazione a consentire loro di uscire dallo spazio domestico, di affacciarsi alla vita pubblica. E’ evidente che la storia di queste donne è la nostra storia. Ritroviamo le vicende delle nostre nonne che dovevano sottostare ai mariti, senza poter dire una parola, il dramma delle vedove bianche che vedevano i mariti partire per gli Usa e crearsi lì una nuova famiglia senza più tornare.  Ma c’è spazio anche per le donne lungo le vie del grano che zappavano e si davano al contrabbando. Fino alla centralità del cibo nella vita contadina e nella cultura femminile, senza dimenticare il misterioso potere delle erbe con le loro proprietà medicinali. Le due autrici sono riuscite a rammendare la storia, sono diventate pescatrici di anime, la storia di Trevico diventa specchio di un’identità che si fa legame con le radici ma anche capacità di abbracciare l’alterità”

E’ Meschini a ricordare come “le donne sono sempre state ingabbiate in ruoli ben precisi , ora figlie, ora sorelle, ora madri, a cui è affidata la cura di fratelli, figli, mariti. Ruoli da cui fanno ancora fatica a liberarsi. Oggi, per fortuna, assistiamo ad una nuovo sguardo sulla storia, una nuova attenzione alla cultura delle donne che vuole definire la propria identità, lontano da qualsiasi forma di omologazione”. Quindi pone l’accento sul valore di un “archivio che ci piacerebbe fosse custodito dall’Università di Salerno”. Paglia si sofferma sul graduale processo di acquisizione di consapevolezza che ha visto protagoniste le donne “Quello che abbiamo voluto consegnare è un racconto dal basso, attraverso interviste da cui emerge come la svolta sia stata rappresentata dall’accesso all’istruzione. Poichè è chiaro che se una donna non ha istruzione è più facile da sottomettere. Centrale nelle interviste è il quotidiano, le donne intervistate raccontano le loro vite, le loro giornate sempre uguali, segnate da rituali ben precisi, non certo da grandi avvenimenti. Una svolta che si affianca a quella dell’emigrazione che le vedrà costrette a gestire da sole campi, negozi, proprietà e famiglie. Sono donne pronte ad affrontare tutti i sacrifici per i loro figli in una società in cui perdevano ogni diritto sulla dote che consegnavano al marito”. Preziosa anche la testimonianza di Cioria che spiega come il libro “nasce dalla necessità da parte delle donne di interrogarsi su ciò che siamo, a partire dai valori di lavoro e famiglia. In queste interviste, raccolte a casa o nel negozio che gestivo, le donne parlano liberamente delle loro vite, indicando loro stesse gli eventi che le hanno segnate. Sono donne come Mirella, mastra che usava la squadra, sono le pettinatrici o comunque espressione di mestieri scomparsi, sono donne che consegnano un patrimonio fatto di filastrocche e dialetto”



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