«Da pediatra di un piccolo comune dell’Alta Irpinia conosco bene le difficoltà del territorio e, per la prima volta, ho deciso di dare una mano con impegnandomi, oltre che professionalmente, anche politicamente. Per poter aiutare tutti, bisogna restituire dignità alla sanità territoriale. I tagli subiti nella nostra terra sono un’assurdità». Adele Nigro, medico pediatra di Montella, candidata alle elezioni regionali nella lista Noi Campani con De Luca ideata da Clemente Mastella, si presenta e illustra le ragioni del suo impegno politico.
Cosa l’ha spinta ad accettare la sfida elettorale?
«La volontà di impegnarmi per un territorio che, per ragioni professionali, conosco benissimo. Da trenta anni faccio la pediatra e ho imparato a conoscere problematiche non solo sanitarie, ma anche sociali e culturali delle nostre comunità. Quindi ho deciso che, in questa fase della mia vita, fosse giusto impegnarmi oltre che professionalmente anche politicamente in prima persona senza alcuna presunzione, ma mossa dall’unico intento di dare una mano al territorio. E’ la mia prima esperienza politica, nonostante a livello comunale, sia a Castelfranci che è il mio paese di origine, sia a Montella dove vivo, abbiano sempre provato a coinvolgermi. Per ragioni di deontologia professionale però ho evitato sempre di candidarmi alle amministrative perché il pediatra in un piccolo paese deve essere riferimento di tutti senza rischiare di complicare le relazioni umane. Ma la politica, in casa, l’ho sempre respirata sin da bambina. Mio padre era molto attivo in quella politica intesa come impegno sociale e servizio alla comunità. Sul solco del suo insegnamento, nasce il mio impegno in questa competizione elettorale».
Perché con “Noi Campani”, il partito del sindaco di Benevento Clemente Mastella?
«Innanzitutto ci tenevo a sostenere il Governatore De Luca che, anche durante questi mesi di emergenza, ha segnato la differenza per la Campania soprattutto in campo sanitario. Ho avuto la possibilità di entrare nella squadra di “Noi Campani”, formata da persone nuove alla politica, e ne ho condiviso il progetto. Poi ritengo che, anche in prospettiva futura, sia utile immaginare progetti condivisi con la città di Benevento. Unire Irpinia e Sannio, due province piccole e accomunate dalle stesse caratteristiche, ma fino ad oggi schiacciate dal gigantismo di Napoli e delle città di Caserta e Salerno, non può che essere un bene. Sarebbe un valore aggiunto per le due province. Faccio un esempio che conosco bene: ad Avellino ci sono 44 pediatri, a Benevento circa 30, a Napoli 400. Come facciamo noi aree interne ad avere voce se non mettendo insieme due realtà così affini anche dal punto di vista, culturale, sociale, economico, naturalistico».
Data la sua esperienza professionale qual è la ricetta per una buona sanità in Irpinia?
«Innanzitutto va potenziata la sanità territoriale: medici di famiglia, pediatri, distretti sanitari. Bisogna restituire dignità alla sanità territoriale, per poter arrivare ad aiutare tutti. I medici di base vanno sostenuti e bisogna ridurre la burocrazia, favorendo il rapporto medico paziente sia sotto il profilo umano che sanitario. Aumentare i rapporti tra periferia ed ospedali, cosa fondamentale che ha insegnato la pandemia, ripopolare i distretti che sono privi di figure sanitarie e parasanitarie, prima avevamo cardiologi, otorini, endocrinologi, dermatologi. Bisogna aumentare le cure domiciliari per anziani e disabili, perché è inutile costringere queste persone già deboli a continui spostamenti verso le strutture di Avellino, Ariano Irpino o Napoli. E poi non è più rinviabile l’organizzazione di centri diurni diffusi per aiutare i bambini affetti da sindrome dello spettro autistico che sin da piccoli vanno nei centri accreditati esistenti e vengono seguiti dallo psicomotricista, dal logopedista, dallo psicologo ma fuori da lì le famiglie sono sole, non hanno nessuno al loro fianco».
Cosa ha insegnato l’emergenza Covid?
«Innanzitutto che non si possono riempire gli studi medici di potenziali casi Covid altrimenti ne vedremo ancora delle belle. Ci vogliono indicazioni nette e precise, e una sburocratizzazione delle procedure. Mi è capitato di dover fare 20 telefonate per avere il risultato del tampone effettuato da un mio paziente. Il risultato dall’ospedale o dall’Istituto Zooprofilattico va all’Asl che poi comunica al medico di famiglia che poi lo comunica al diretto interessato. Passaggi che rischiano di arrivare tardi. Ma soprattutto la pandemia ha messo in luce la necessità di potenziare e mettere in condizione di lavorare bene gli ospedali periferici. Altro che chiusure. I plessi di Sant’Angelo dei Lombardi, Solofra, Bisaccia rappresentano una risorsa necessaria per il territorio. Se un mio piccolo paziente si frattura arriva ad Avellino dove non lo possono operare, viene portato quindi al Santobono a Napoli dove lo bloccano e gli dicono magari di ritornare perché non c’è posto. Quel bambino, senza una rete ospedaliera diffusa che non lasci scoperte intere fette di territorio, resterà con la sua frattura non curata per giorni. Un cittadino di Calitri che necessita dell’ospedale dove deve arrivare, a Potenza? Il taglio alla nostra rete ospedaliera, perpetrato negli anni, è un’assurdità».