“La nostra lista mette al centro l’uomo ed è questo il tratto distintivo. Tutelando l’ambiente, invertendo il ciclo produttivo, intendendolo non più solo come quantitativo ma anche qualitativo, si possono anche abolire le disuguaglianze”
Così Annamaria De Stefano, candidata per la lista Terra alle prossime Regionali.
Come nasce la sua candidatura?
“Nasce per dare continuità a quella delle ultime cittadine nell’ambito della lista Si Può. C’è continuità con il progetto perché ritengo ci siano le condizioni per una coalizione di persone che, a prescindere dalle etichette, possano dialogare per coinvolgere quanti più cittadini partendo dal basso per guardare ai bisogni di tutti. Terra è un luogo dove si può dialogare a prescindere dalle appartenenze politiche. Il programma alla base è quello di tutelare diritti di tutti i cittadini, campani e soprattutto irpini. Il disastro ambientale è sotto gli occhi di tutti ma il punto focale non sono le singole tematiche. Ritengo che sia importante il metodo, ovvero tenere conto dell’integralità dell’economia, guardandola non come divisa in settori ma che deve cercare di mettere al centro non solo il profitto e la produzione ma essere un’economia umanistica, con l’uomo al centro. Le disuguaglianze sono eccessive e una politica economica che sfrutta le risorse mette a rischio la salute e la vita di tutti noi”.
Come si distingue il progetto della lista Terra da quello delle altre liste?
“Il tratto distintivo è la visione unitaria della situazione che viviamo. C’è la necessità di iniziare a fare una programmazione a lungo termine. Ci hanno abituato in questi ultimi 10 anni ad una politica dell’emergenza, cosa anche giusta viste le emergenze legate ad esempio al covid, agli alluvioni o al terremoto che necessitano un intervento immediato, ma questo non deve far dimenticare l’abbandono di un progetto sulle nostre terre in particolar modo. Ad esempio l’emergenza covid che ora è tanto in voga per rilanciare il tema della ripartenza, ha solo accentuato la situazione che vivevamo da più di 10 anni. Adesso chiaramente si cerca di sfruttare queste condizioni ma la speranza è che non vengano sperperate queste occasioni come nel caso del terremoto. Ci sono questi interventi a pioggia pure di consumare questi finanziamenti ma spesso manca una visione unitaria che pensi sul lungo periodo: si distribuisce ricchezza per tornaconto elettorale e non si impiegano queste risorse per un risultato più duraturo come far rimanere i giovani in Campania”.
Quale è il valore aggiunto che può portare alla lista data la sua natura cattolica democratica in una lista spiccatamente di sinistra?
“La mia formazione è sempre stata votata all’attenzione dell’educazione e della formazione delle persone. Ho sviluppato grande capacità relazionale e di fare comunione. Nella lista Terra ci sono delle eccellenze, come persone, che rispecchiamo le eccellenze della nostra terra. Ci sono molte proposte, iniziative o associazioni su questo territorio che non riescono, per una questione di formazione ad avere una visione unitaria. Credo che la capacità di fare sintesi tra più esperienze sia quello che io posso davvero mettere a disposizione di questo progetto”.
Quale è stato l’errore più grande di De Luca in questi 5 anni?
“Innanzitutto una governance regionale che ha portato ad una duplicazione di soggetti istituzionali come i vari comitati e tavoli o gli Ato che, in teoria si fondava sul concetto giusto di voler garantire più presenza sul territorio e una maggiore specializzazione, ma purtroppo è rimasta solo un’idea. In realtà si è creata una confusione sui poteri, anche a causa del sistema delle deleghe. Il concorsone, ad esempio, in realtà ha accentrato un potere che avrebbe dovuto forse essere distribuito ai comuni. Istituzionalmente è sbagliato che il soggetto che cerca le competenze non sia quello che poi le sceglie. C’è stata una proliferazione di soggetti che ha rappresentato la creazione di quei carrozzoni clientelari immobili, fermi sulle medesime posizioni, come Altocalore o Ato. Poi la sostanziale mancanza del principio democratico: le cose che sono state fatte non nascono da una politica condivisa. Il problema di fondo è il metodo e quindi la frammentazione delle responsabilità e dei poteri”.
Da dove deve partire l’Irpinia per rilanciarsi?
“I soggetti sono due: istituzioni e cittadini. Bisogna camminare insieme. In questo momento i due soggetti sono staccati e non si sente partecipazione. Le istituzioni devono recuperare il loro ruolo e promuovere una visione dell’Irpinia non più marginale, non solo come entroterra, alle spalle della costiera. L’Irpinia deve ripartire da un modello irpino, basato su socialità diffusa. Siamo abituati a vedere tutto in ottica produttiva, ma noi dobbiamo ripartire dalle sue radici, fatte di una cultura di solidarietà e di fraternità. Questa è la nostra forza. La bellezza salverà l’Irpinia, quella delle persone e dei paesaggi. Al momento, però, manca una cabina di regia che coordini le eccellenze che sono sul territorio”.