cos’è, a cosa serve, come si svolge una seduta

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Secondo le stime più recenti, almeno 10 milioni di italiani si sono già rivolti a un osteopata per trovare sollievo da mal di schiena, dolore cervicale o altri disturbi.

Ma cos’è l’osteopatia? Quali problematiche può risolvere? E cosa invece non riesce a fare? Nata nel 1874, negli Stati Uniti, da un’intuizione del dottor Andrew Taylor Still, l’osteopatia si basa su una visione olistica del corpo: il paziente viene considerato nel suo complesso, evitando lo studio a “compartimenti” che potrebbe risultare insufficiente soprattutto nelle terapie di lunga durata, nei soggetti cronici e, in generale, quando si desidera andare oltre la semplice insorgenza di un sintomo.

«Siccome lo stato di salute viene inteso come un equilibrio del benessere fisico, mentale, sociale e spirituale, l’osteopatia interpreta il manifestarsi del disturbo come il frutto di un disequilibrio generale che va corretto, sfruttando le risorse di auto-guarigione insite nell’individuo e riarmonizzando la persona nella sua complessità di corpo e mente», spiega Enrico Bernardis, osteopata e chinesiologo a Brescia.

Quando può essere utile l’osteopatia

Nella maggior parte dei casi, le persone si rivolgono all’osteopata per risolvere problematiche dolorose a carico del tratto lombare e cervicale. «Si tratta delle due zone più delicate della colonna vertebrale, sottoposte a notevole stress», evidenzia Bernardis. «Il tratto cervicale deve sostenere, stabilizzare e rendere mobile il cranio, che mediamente pesa 5 chilogrammi ed è spesso impegnato in posture innaturali a causa dell’uso prolungato di pc, tablet e dispositivi mobili».

Lo stesso vale per il tratto lombare, visto che le nostre giornate sono scandite da gesti, azioni e sforzi che portano la schiena a flettersi continuamente, perdendo le sue curve naturali: accade quando ci laviamo, stiamo seduti, ci allacciamo le scarpe, solleviamo un peso e così via.

«Molte persone cercano sollievo anche da contratture muscolari e dorsalgie acute, ma anche da epitrocleiti o epicondiliti, due tipologie di infiammazione che interessano rispettivamente la parte interna ed esterna del gomito», descrive l’esperto.

«Grazie all’osteopatia, è possibile inoltre agire sui meccanismi funzionali che provocano il bruxismo notturno, ma anche trattare cefalee muscolo-tensive, sindromi dolorose viscerali legate a problematiche rachidee oppure a carico del sistema neurovegetativo e distorsioni articolari che possono verificarsi durante la pratica sportiva».

L’osteopatia è adatta anche ai bambini

L’osteopatia è adatta addirittura ai bambini ancora in fasce e, in questo caso, consiste in piccoli e delicati sfioramenti in punti specifici della testa, della colonna vertebrale e del resto del corpo con un approccio assolutamente indolore, tanto che i piccoli si addormentano spesso durante la seduta.

Le manovre, che variano in base alla struttura fisica del bambino e alle eventuali zone di tensione, non esercitano mai una pressione superiore ai 5 grammi, il peso di una piccola moneta: non ci sono manipolazioni o stiramenti né si “tirano” gli arti.

Con sollecitazioni dolci si vanno a risolvere le tensioni che, a cascata, possono provocare difficoltà di funzionamento di altri sistemi organici, trattando per esempio torcicollo congenito, lievi deformità del piede, eccessiva produzione di muco, suzione difficoltosa, coliche, reflusso gastroesofageo, iperattività, disturbi del sonno, stipsi, otiti ricorrenti. Ma l’elenco è davvero infinito.

Quando non può intervenire l’osteopatia

Al contrario, le terapie manuali dell’osteopata non possono sostituire le cure mediche tradizionali in caso di malattie gravi (tumori, infezioni, patologie cardiache), malattie infiammatorie croniche e autoimmuni (come l’artrite reumatoide) o lesioni anatomiche particolarmente severe, come fratture ossee o traumatismi che richiedono interventi medici immediati.

«Questo non significa che un paziente oncologico o con dolori reumatici non possa avvicinarsi all’osteopatia», tiene a precisare Bernardis. «Non possiamo guarire o trattare la sua patologia in quanto tale, però possiamo aiutarlo a migliorare il suo stato di benessere generale».

Il DPR 131/2021 ha formalmente inquadrato l’osteopatia come professione sanitaria, riconoscendogli un approccio primario sui pazienti in grado di riportarli a uno stato di salute a livello di struttura e funzionalità dell’organismo.

Come si svolge una seduta di osteopatia

L’osteopata non lavora sul sintomo, ma ragiona sulla causa del problema. Ciò significa che la seduta comincia sempre con un colloquio approfondito che serve a inquadrare il livello di stress, la qualità del sonno notturno, la professione svolta, la dieta seguita e altri aspetti che potrebbero influenzare il sintomo lamentato dal paziente.

Vengono consultati anche eventuali referti specialistici o esiti di radiografie, risonanze magnetiche e altri esami strumentali, dopo di che si osservano con attenzione la postura, l’appoggio dei piedi, l’assetto delle ginocchia e del bacino, le curve fisiologiche della colonna vertebrale (lordosi cervicale, cifosi dorsale e lordosi lombare) per individuare gli eventuali disequilibri e confrontarli con lo stile di vita condotto dalla persona, attività professionale compresa, che magari potrebbe richiedere una gestualità ripetitiva.

«Spesso è necessario lavorare in collaborazione con altri professionisti, come psicologi, ortopedici, fisioterapisti o dietisti, perché è necessario scardinare le cattive abitudini che stanno alla base del problema per poterlo risolvere», riferisce Bernardis.

Quali manovre si fanno dall’osteopata

Il cuore della seduta consiste poi in una serie di tecniche, come le manipolazioni (le più note sono le HVLA, High Velocity Low Amplitude, cioè ad alta velocità e bassa ampiezza) che servono a restituire mobilità alle strutture rigide e bloccate, ma riescono anche a coinvolgere i tessuti circostanti.

In alternativa si può ricorrere a tecniche miofasciali, che lavorano sulle strutture di collegamento tra i vari muscoli; viscerali, che agiscono sulla muscolatura liscia dell’intestino; craniosacrali, che operano sulla struttura cranio-mandibolare fino all’osso sacro.

Osteopatia, cos’è il “crack”

Spesso si sente parlare del crack, tecnicamente chiamato “popping sound”, cioè delle ossa che scrocchiano dopo una manipolazione osteopatica. A tal proposito, esistono due teorie.

«La prima è il fenomeno fisico della cavitazione, attraverso il quale si genera un’implosione di piccole quantità di gas raccolte nel liquido sinoviale che è all’interno dell’articolazione trattata», racconta Bernardis. «È un po’ quello che accade quando apriamo un barattolo sottovuoto e sentiamo il “clic” del coperchio, che nelle articolazioni corrisponde a una loro maggiore mobilizzazione. L’altra teoria è quella della tribonucleazione, processo in cui due superfici articolari tendono a indurre resistenza alla loro separazione grazie all’attrazione viscosa del liquido sinoviale: con l’aumentare delle forze di separazione, la resistenza viene vinta e si determina l’immediata creazione di una cavità gassosa che produce un rumore tipico».

Questo scricchiolio – che serve a ripristinare la massima mobilità articolare di una certa zona, in base anche all’età e alla condizioni generali del singolo paziente – crea stupore, ma non è doloroso: in alcune persone può succedere di avvertire una sensazione di indolenzimento muscolare nelle successive 24-48 ore dal trattamento, ma questo scompare poi spontaneamente.

Come trovare un osteopata

È fondamentale affidarsi a un operatore serio, consultando il Registro degli Osteopati d’Italia per trovare quello più vicino al proprio domicilio.

Quante sedute occorrono? Dipende. «Generalmente servono dalle 2 alle 5 sedute, fissate a distanza di 15-20 giorni l’una dall’altra, anche se già dopo il primo appuntamento si può percepire un beneficio», conclude Bernardis. «Ovvio, tutto dipende dalle concause che sostengono il problema. Ecco perché il paziente deve essere protagonista attivo del proprio benessere, correggendosi là dove serve nella quotidianità».

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