Paura di essere felici: che cos’è la cherofobia

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Il poeta norvegese Henrik Ibsen sosteneva che la ricerca della felicità in questa vita fosse il vero spirito di rivolta. In effetti, qualcosa di rivoluzionario deve esserci nell’inseguire il piacere in un mondo fatto di conflitti, delusioni e continue prove da affrontare. Purtroppo, c’è chi si arrende: «La cherofobia è la paura di essere felici, una sorta di auto-sabotaggio della mente che impedisce di vivere le esperienze positive», spiega la dottoressa Michela Francia, psicologa e psicoterapeuta presso GVM – Città di Lecce Hospital.

«Pur non rientrando nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, questa fobia è ben riconoscibile da alcuni tratti caratteristici di chi ne soffre, che inizia a considerare la felicità come una potenziale “minaccia” da cui doversi difendere».

Quello che frulla nella testa dei cherofobici suona all’incirca così: “Se le cose mi vanno bene e sono felice, prima o poi tutto finirà e starò malissimo. Meglio starne alla larga”.

Quali sono le cause della paura di essere felici

Come in tutte le difficoltà della sfera psicologica, alla base della cherofobia ci possono essere svariate cause, come un vissuto costellato da diversi traumi ed esperienze negative oppure un’educazione famigliare che ha istillato forti convinzioni, come “nella vita bisogna essere umili”, “l’amore è sofferenza”, “la vita è dura” e così via.

«A quel punto, la persona si convince che sia meglio pensare negativo perché in questo modo è preparata al peggio e non resterà delusa se le cose andranno storte», spiega l’esperta. «In psicologia, questo errore di pensiero viene definito “profezia che si auto-avvera”, perché nella ferma convinzione o nel timore che possano verificarsi certi eventi il soggetto altera il proprio comportamento in modo tale da causare davvero quelle situazioni».

Il cherofobico conduce una vita dove effettivamente le esperienze positive non arrivano, perché inizia a privarsi di tutte quelle situazioni che potrebbero procurargli piacere fisico e mentale: non intreccia relazioni sentimentali, rifiuta di prendere parte ad attività divertenti, evita le opportunità che potrebbero condurre a cambiamenti positivi. E il motivo è sempre lo stesso: il timore che, alla fine, le cose falliscano o che non vadano per il verso giusto.

Quali sono le conseguenze della cherofobia

«Il problema è che questo atteggiamento conduce a isolamento, oltre a tristezza, frustrazione, sbalzi di umore e depressione», commenta la dottoressa Francia.

Tutte le fobie, infatti, implicano degli atteggiamenti di difesa da ciò che si teme e, fra questi, spicca l’evitamento: la persona limita la sua vita sociale, lavorativa e sentimentale per evitare di incorrere in eventi che potrebbero causarle infelicità, perché – nella sua mente – i bei momenti sono precursori di tristezza e sofferenza.

«Il grande problema dei tempi moderni è che si tende spesso a confondere la felicità con il perfezionismo», tiene a precisare l’esperta. «La prima è una sensazione estremamente soggettiva: c’è chi prova felicità mangiando un piatto di pasta, chiacchierando con le amiche, ascoltando la canzone preferita, scartando un regalo inaspettato. Il perfezionismo, invece, è una trappola che porta a considerare la felicità come il sinonimo di obiettivi spesso irrealisti, come avere un’automobile di lusso, guadagnare oltre una certa cifra, avere un fisico scolpito e via discorrendo».

Fare della perfezione un obiettivo di vita comporta l’ansia di dover raggiungere qualcosa che, nel profondo, sappiamo essere pressoché inarrivabile e la frustrazione di non poterlo ottenere, per cui si arriva a temere tutto quello che potrebbe deludere o non essere come vorremmo.


Come superare la paura di essere felici

Per affrontare la cherofobia, è fondamentale rieducarci gradualmente alle sensazioni positive. Questo significa innanzitutto concentrarci sul “qui e ora” mentre viviamo le esperienze, senza lasciarci condizionare dai rimpianti del passato o dalle paure per il futuro. Anziché vagare con la mente, focalizziamoci sul piatto di pasta che stiamo mangiando, sul discorso che ci sta facendo l’amica, sul film che stiamo guardando, sulla passeggiata che stiamo facendo.

«Godiamo delle emozioni positive che proviamo in quel momento, attivando tutti i nostri sensi: gusto, olfatto, udito, vista, tatto», descrive la dottoressa Francia. «Poco per volta, questo allenamento quotidiano ci insegnerà a provare piacere nelle piccole cose di ogni giorno e a non temere più la felicità».

Non restiamo fermi

Anche praticare meditazione o attività fisica può aiutare, perché in quei momenti restiamo concentrati e impariamo a stare nel presente, non nel passato o nel futuro come spesso accade.

C’è anche uno studio condotto dall’Università del Michigan e pubblicato sul Journal of Happiness Studies che ha mostrato come una delle chiavi per la felicità sia muoversi e restare attivi. Non è la prima volta che la scienza mette in luce il rapporto tra felicità e attività fisica, spiegando come non sia necessario sottoporsi a faticose sessioni di esercizi in palestra, perché bastano una pedalata, una corsa nel parco o una lunga camminata per esercitare un effetto benefico.

«Non sottovalutiamo neppure il potere del confronto: socializzare e stare in mezzo agli altri non soltanto stimolano il rilascio di endorfine, che ci fanno stare meglio, ma forniscono anche nuovi punti di vista sulla vita e nuove alternative di pensiero, che ci aprono la mente». Se poi non ce la facciamo da soli, rivolgerci a uno psicoterapeuta può essere utile per risolvere i traumi o i pensieri disfunzionali che stanno alla base del problema.

La felicità si impara

Il fatto che si possa imparare la felicità è dimostrato anche da una delle prime fake news della storia: negli anni Trenta, quando il numero di suicidi stava diventando una vera e propria piaga sociale a Budapest, sui giornali dell’epoca si diffuse la notizia di una scuola dove si insegnava a sorridere alle persone afflitte da depressione, mostrando opere d’arte o ritratti di personaggi celebri e sorridenti, la cui osservazione sembrava avere un potente effetto anche sugli spettatori.

Ovviamente la notizia si rivelò una “bufala”, come la definiremmo oggi, ma dovrebbe comunque farci riflettere su quanto tornare a sorridere sia essenziale e soprattutto possibile. «Lasciamo andare la nostra ansia da controllo, che magari ci fa entrare in crisi per un oggetto lasciato fuori posto o una faccenda domestica che non siamo riusciti a sbrigare», conclude l’esperta.

«Tenendo conto che il bisogno di perfezione nasce dall’insicurezza, perché pensiamo di non dover commettere errori per essere amati, al punto da alzare l’asticella a livelli impossibili, la felicità dipende anche dall’interruzione di questi meccanismi e dall’accettare che non possiamo controllare ogni cosa e tanto meno le altre persone». Alla fine, essere felici è questione di cose semplici.

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