E’ un brutto segnale quello che arriva dall’indifferenza con la quale sembrano essere state accolte le parole dell’ex Presidente di Confindustria, Sabino Basso, oggi candidato alle prossime regionali. L’ex numero uno di via Palatucci, a margine della presentazione della sua lista, Campania Libera, ha definito “imbarazzante” la vista di tante persone che in questi giorni di campagna elettorale affollano, molte in pianta stabile come dei veri factotum del candidato, i comitati elettorali perché bisogna “farsi vedere” e consegnare al politico la sensazione che di lui o di lei “ci si può fidare”. Un costume, ahinoi, non nuovo e certo nemmeno ad uso esclusivo del Mezzogiorno, sebbene dalle nostre parti sia stato, ed ancora è, molto in voga. E’ la politica, quella peggiore, che ha bisogno di alimentarsi attraverso un circuito consolidatosi con gli anni (tu mi prometti, io ti voto e tu, se eletto, mi dai quanto promesso) che è stato più forte di qualsiasi tentativo di cambiamento, di qualunque rivoluzione immaginata o praticata, è riuscito finanche a sopravvivere alla fine dei partiti tradizionali. Oggi proliferano le civiche e i movimenti, all’interno dei quali ci sono quelli con maggiori possibilità di elezione. Ed è li, anzi nei loro comitati, che ci sono le maggiori probabilità di incontrare “i questuanti”, figura tipica della campagna elettorale. Certo Basso, seppure alla prima esperienza politica, sa bene che anche l’imprenditoria ha prestato, spesso e volentieri, il fianco alla stabilizzazione di questo perverso sistema nel momento in cui accoglieva le “richieste” del politico amico che “segnalava”, sempre ma ancor di più nel periodo elettorale, persone da assumere o da “sistemare” in azienda. Lo stesso modus operandi valeva, e vale, per il settore pubblico (leggi concorsi) con la classica “raccomandazione”. E’, purtroppo, una piaga alla quale nessuno (politica o imprenditoria) ha voluto porre rimedio. E dunque sono senza dubbio condivisibili le parole di Basso che però stridono fortemente con “gli assembramenti” che si possono notare nei comitati elettorali. Una scena che si ripete da tanto, troppo tempo e che purtroppo saremo destinati a vedere anche al prossimo appuntamento elettorale, magari con gli stessi protagonisti ai quali, ahiloro, è andata male (il politico “prescelto” non è stato eletto o la promessa non è stata mantenuta) e per questo sono costretti a cambiare comitato. Ecco, la vera sconfitta, la cosa di cui vergognarsi sul serio forse è proprio questa: il “questuante” è diventato un lavoro. Non c’è bisogno del reddito cittadinanza, ma dell’attestato di “frequenza”.