Rosa Bianco
Con “Meglio soli”, Pino Aprile, accompagnato da Luca Antonio Pepe, firma un’opera che si colloca nel solco del meridionalismo più incisivo e militante, proseguendo il percorso intrapreso con “Terroni”. Ma se quel libro aveva il sapore della denuncia storica, questo si configura come un vero e proprio manifesto politico: un’analisi lucida e spietata delle disuguaglianze che affliggono il Mezzogiorno italiano, culminante in una proposta tanto radicale quanto provocatoria—la secessione del Sud come via d’uscita da una condizione percepita non più solo come di marginalità, ma di vera e propria colonizzazione interna.
Aprile e Pepe non si limitano a raccontare un Sud vittima di un destino immutabile. Al contrario, il libro si snoda attraverso una serie di domande scomode, quasi a voler scuotere il lettore dall’assuefazione alle narrative dominanti: perché le regioni meridionali continuano a soffrire di cronica carenza di infrastrutture e servizi essenziali? Chi beneficia davvero delle risorse pubbliche? L’accusa, netta e documentata, è che sia il Sud a essere sistematicamente depredato, mentre la retorica ufficiale ribalta i ruoli, trasformando le vittime in colpevoli.
L’opera si distingue per la capacità di intrecciare il presente con il passato, offrendo una lettura storica che parte dal Risorgimento e arriva fino alle più recenti discussioni sull’autonomia differenziata. Secondo gli autori, l’unificazione italiana ha rappresentato per il Sud non un processo di inclusione, ma l’inizio di una lunga fase di spoliazione e subalternità. “Meglio soli” rifiuta compromessi o edulcorazioni, proponendo una tesi radicale: l’Italia unita ha fallito nel garantire equità e giustizia e forse solo un percorso di autodeterminazione può restituire dignità e futuro al Mezzogiorno.
In un panorama editoriale spesso timoroso di affrontare certi argomenti, Aprile si conferma una voce fuori dal coro, capace di parlare non solo al cuore, ma soprattutto alla coscienza civile. La sua scrittura è diretta, a tratti tagliente, ma mai priva di rigore argomentativo. Non c’è spazio per la nostalgia o per la retorica del vittimismo: ciò che emerge è piuttosto la rabbia lucida di chi rifiuta di accettare l’ingiustizia come normalità.
“Meglio soli” è un libro che divide, inevitabilmente. Ma proprio in questa sua capacità di generare dibattito risiede il suo valore più autentico. È una lettura necessaria per chiunque voglia comprendere, al di là dei luoghi comuni, le fratture irrisolte di un Paese che si racconta unito, ma continua a vivere diviso. Un testo che non chiede approvazione, ma riflessione. E che, nel farlo, riesce a essere più che un saggio: è un atto di coraggio intellettuale.
Come scriveva Bertolt Brecht:
“Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.”
Un monito che risuona tra le pagine di questo libro, che non si limita a denunciare l’ingiustizia, ma invita a considerare la ribellione come un atto necessario, per rivendicare dignità e futuro.
Rosa Bianco