La scintigrafia tiroidea è una tecnica di imaging nucleare che utilizza una piccola quantità di materiale radioattivo per valutare la funzionalità e la morfologia della ghiandola tiroidea. «Questa procedura diagnostica è utile per caratterizzare l’ipertiroidismo, ad esempio, oppure per determinare se un nodulo tiroideo è ipo o iper funzionante, fornendo indicazioni sulla sua natura e sul rischio di malignità», spiega il dottor Ivano Taddei, specialista in Medicina nucleare presso l’Istituto Fanfani di Firenze.
«Solitamente viene prescritta dopo l’ecografia tiroidea, un esame iniziale non invasivo ed economico per valutare le patologie della tiroide, a cui la scintigrafia fa seguito in casi specifici».
All’occorrenza può essere prescritta anche in epoca pediatrica, spesso per chiarire il sospetto di ectopia tiroidea (il posizionamento anomalo della tiroide, non sita come di norma nella regione anteriore del collo) in caso di ipotiroidismo.
Come si esegue la scintigrafia tiroidea
Tramite un’iniezione endovenosa (o talvolta per via orale), al paziente viene somministrato un tracciante radioattivo che mima lo iodio, comunemente il tecnezio-99m, di cui la tiroide – se funzionante – è molto “avida”. Dopo circa 15-20 minuti, la sua distribuzione nella ghiandola viene registrata da una gamma-camera, creando un’immagine che riflette l’attività funzionale dei tessuti tiroidei.
«L’intero processo, compresa l’attesa e l’acquisizione delle immagini, dura 30-40 minuti, ma il tempo effettivo in cui si è sottoposti all’imaging è relativamente breve, circa un quarto d’ora», descrive l’esperto.
Non si tratta di un esame doloroso: il paziente resta sdraiato su un lettino durante la procedura e l’unico fastidio, comunque leggero, può essere legato alla somministrazione del tracciante per via endovenosa.
Come prepararsi alla scintigrafia tiroidea
Non è necessaria una preparazione particolare per la scintigrafia tiroidea e non occorre il digiuno. «L’importante è sospendere nei 10-15 giorni precedenti all’esame l’assunzione di preparati o soluzioni a base di iodio, come sale iodato, alghe marine, multivitaminici o prodotti di erboristeria contenenti iodio, ma anche dentifrici o lavande vaginali addizionati con questo microelemento», sottolinea Taddei.
Nel caso in cui il paziente stia assumendo farmaci iodati, come l’amiodarone, è generalmente consigliato sospendere il farmaco per un periodo di almeno sei mesi prima di eseguire una scintigrafia tiroidea.
Perché queste precauzioni? «La ghiandola tiroidea potrebbe già essere “satura” di iodio, riducendo l’assorbimento del tracciante e compromettendo la qualità delle immagini ottenute: questo potrebbe portare a risultati falsi negativi o alterati, rendendo difficile per i medici fare una diagnosi accurata», specifica l’esperto.
Scintigrafia tiroidea, quali controindicazioni
Non possono sottoporsi alla scintigrafia tiroidea le donne in gravidanza, a causa dell’utilizzo di isotopi radioattivi durante l’esame.
«Queste sostanze, infatti, possono attraversare la placenta e potenzialmente esporre il feto a radiazioni, comportando rischi per il suo sviluppo, inclusi effetti sullo sviluppo della tiroide e altri organi», evidenzia il dottor Taddei.
In caso di sospette problematiche alla tiroide durante la gravidanza, i medici possono optare per metodi diagnostici alternativi che non comportano l’uso di radiazioni, come ecografie o esami del sangue.
Quali sono i rischi della scintigrafia tiroidea
La scintigrafia tiroidea comporta un’esposizione a radiazioni relativamente bassa, inferiore rispetto ad altre procedure diagnostiche, come una TAC.
«Per fare un confronto, l’esposizione alle radiazioni durante un volo aereo verso gli Stati Uniti è superiore a quella ricevuta durante una scintigrafia», assicura l’esperto. Le radiazioni cosmiche provengono dallo spazio e la loro intensità diminuisce man mano che ci si avvicina al suolo. Quando si vola ad alta quota, come in un aereo, si è esposti a livelli più elevati, perché l’atmosfera terrestre offre meno protezione.
«Detto ciò, anche se dopo la scintigrafia non si diventa “radioattivi” nel senso comune del termine, in via precauzionale è consigliabile limitare il contatto stretto con donne in gravidanza e bambini per le successive 24 ore», conclude l’esperto.
Fai la tua domanda ai nostri esperti