a cosa serve, come si esegue, controindicazioni

0
4






Immaginiamo di scansionare il nostro apparato scheletrico, un po’ come accade a oggetti e bagagli negli aeroporti per individuare una qualsiasi causa di allarme. La scintigrafia ossea funziona proprio così, ma a differenza delle radiografie tradizionali non si limita a scattare una “fotografia in tempo reale” del nostro scheletro.

«Questo esame di medicina nucleare permette di individuare determinate lesioni e patologie scheletriche attraverso l’impatto che esse esercitano sul metabolismo osseo, cioè sul modo in cui le cellule delle ossa si rinnovano», spiega il dottor Luigi di Filippo, specialista presso l’Unità operativa di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e ricercatore in Endocrinologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.

Lo scheletro, infatti, è un tessuto vivo, che si modifica e si rigenera per tutta la vita: il continuo lavoro di rimodellamento porta, in media, a sostituirlo completamente ogni dieci anni. «Qualsiasi processo patologico in grado di provocare un danno a questo delicato meccanismo finisce per determinare un’alterazione dell’attività di osteoclasti e osteoblasti, ovvero delle cellule che rispettivamente distruggono il vecchio osso o ne fabbricano del nuovo», specifica l’esperto.

A cosa serve la scintigrafia ossea

La scintigrafia ossea viene prescritta per valutare se nello scheletro sono presenti determinati processi patologici che alterano l’attività metabolica delle cellule ossee.

«L’utilizzo di questo esame è molto ampio nella pratica clinica», assicura di Filippo. «Tipicamente si usa in ambito oncologico per individuare la presenza di lesioni tumorali primitive oppure secondarie metastatiche allo scheletro, che possono provocare un aumento del turnover osseo in quella sede. Ma la scintigrafia può essere utile anche per valutare diverse condizioni ortopediche o reumatologiche, magari a completamento del quadro fornito dalle indagini radiologiche convenzionali, come radiografie, Tac o risonanza magnetica».

Per esempio si possono diagnosticare le cosiddette fratture da stress, che si verificano quando i microtraumi ripetuti causano un carico eccessivo sull’osso che supera la sua capacità riparativa, oppure una patologia specifica dello scheletro, come la malattia di Paget, dove l’organismo distrugge e rigenera più velocemente del normale le ossa interessate, che risultano pertanto dolenti, deformate e più fragili.


Come si esegue la scintigrafia ossea

A seconda del sospetto diagnostico, la scintigrafia ossea può limitarsi allo studio di un singolo segmento dello scheletro, anche se nella maggior parte dei casi è “total body”, perché deve rispondere a un quesito generale, come escludere o confermare la presenza di eventuali metastasi o lesioni infiammatorie in qualsiasi parte del corpo.

«Per effettuare l’esame non occorre una preparazione particolare e non serve essere a digiuno né interrompere eventuali terapie in corso», specifica il dottor di Filippo. «Basta recarsi nel reparto di medicina nucleare, dove al paziente viene somministrato per via endovenosa un radiofarmaco del gruppo dei difosfonati, il 99mTc-MDP, che si lega all’osso in maniera proporzionale alla sua attività metabolica».

A quel punto, segue un’attesa di circa 2-3 ore, necessarie affinché il radiofarmaco si distribuisca nel corpo, durante le quali viene suggerito di bere abbondantemente per favorire una migliore e più rapida distribuzione. Dopo quel tempo di attesa, il paziente viene posizionato sul lettino di un’apparecchiatura detta gamma-camera, in posizione supina, per eseguire le acquisizioni delle immagini: l’esame dura circa 20-25 minuti.

«Subito dopo si può tornare a casa, anche in automobile, perché il radiofarmaco non influisce sulla capacità di guidare e si possono riprendere tutte le normali attività e abitudini di vita e di alimentazione», tranquillizza l’esperto.

Cosa succede nel corpo

Nelle zone dello scheletro in cui il metabolismo osseo risulti accelerato, il 99mTc-MDP si deposita più facilmente e inizia a emettere della radiazioni, che vengono captate dalla gamma-camera.

«Più radiazioni vengono emesse, maggiore è il rimaneggiamento osseo in atto in quella sede», sottolinea l’esperto.

Dopo l’esame, il radiofarmaco viene espulso dal corpo attraverso i liquidi e altri materiali biologici (le urine, le feci e il sangue) che diventano, perciò, debolmente radioattivi per qualche ora.

Scintigrafia ossea, quali controindicazioni

La scintigrafia ossea è un esame sicuro e sono rarissimi i casi di reazione allergica al radiofarmaco. Tutti possono eseguirlo, bambini compresi, eccetto le donne in stato di gravidanza (accertata o presunta) o che stanno allattando il seno. «Seppure l’emissione di radiazioni sia minima e pressoché trascurabile, in via precauzionale è bene evitare di esporre il feto o i neonati a questa fonte», spiega di Filippo.

Nessun pericolo, invece, per chi accompagna il paziente: «Il quantitativo di radiazioni che il paziente emette per qualche ora dopo la somministrazione del 99mTc-MDP è davvero irrisorio, inferiore a quelle a cui potremmo essere esposti annualmente viaggiando in aereo».

Per un eccesso di scrupolo, nelle 24-48 ore successive all’esame, è bene evitare i contatti stretti e prolungati (come stare abbracciati o dormire insieme) con donne in gravidanza o bambini molto piccoli, mantenendo una distanza pari almeno a un metro.

Scintigrafia ossea, quando arriva l’esito

Il referto dell’esame non è immediato, perché le immagini raccolte vanno interpretate dallo specialista.

«È necessario individuare qualunque alterazione che possa indicare un differente metabolismo osseo, da interpretare poi sulla base del quesito diagnostico che ha portato all’esame», conclude l’esperto. «Eventualmente, a seguito, l’esito si può approfondire con esami di imaging come Tac o risonanza magnetica oppure con una biopsia della lesione scintigraficamente captante».

Fai la tua domanda ai nostri esperti


















Source link

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here