di Felice Santoro
Teatro municipale Giuseppe Verdi, ore ventuno del venti marzo scorso. Tutto è pronto per la terza edizione del Premio Salerno Jazz. La platea è al completo e tanti sono i presenti sui bei palchetti . Presentano la manifestazione Concita De Luca, competente e frizzante giornalista salernitana, e Nick The Nightfly – nota voce di Radio Montecarlo, cantante e musicista, direttore artistico del Blue Note di Milano – che apre la serata con la sua voce fuoricampo, per poi evidenziare di essere scozzese, amante dell’Italia, dove vive da anni, e orgoglioso di avere la cittadinanza italiana. L’anno scorso la presentatrice è stata affiancata dal sassofonista romano Stefano Di Battista e nel primo anno dal cantante e polistrumentista foggiano Gegè Telesforo.
Salerno si sta caratterizzando sempre di più come città del jazz con questo particolare premio, unico in Italia nel suo genere. Inoltre, il suo destino è segnato già nel nome : Salerno è anagramma di ( New)Orleans, patria del jazz, che “sbarcò” a Salerno con gli americani nel settembre del 1943.
Sul palcoscenico i musicisti di Salerno Jazz Orchestra, composta da quattro componenti della sezione trombe, quattro tromboni e cinque sassofoni, accompagnati nella sezione ritmica da un trio salernitano con Marco De Gennaro al pianoforte, Dario Deidda, uno dei maggiori bassisti, e Gaetano Fasano alla batteria, diretti dal maestro Stefano Giuliano , anche direttore artistico dell’evento. Vengono premiati otto artisti con uno spazio di circa quindici minuti a testa, articolato in esibizione, intervista e consegna del premio consistente in una statuetta rossa a forma di sassofono , una scultura realizzata da Antonio D’Acunto , maestro ceramista.
La manifestazione è sponsorizzata dalla Regione Campania, dal Comune di Salerno e dalla Confcommercio. I loro rappresentanti hanno premiato gli artisti. In particolare il sindaco Vincenzo Napoli ha rimarcato la crescita del fenomeno jazz che si affianca alla intensa stagione lirica del “Verdi” diretto da anni dal prestigioso israeliano Daniel Oren. Giuliano ha evidenziato che le istituzioni “riconoscono il jazz “. Sono le 21,30 ed il primo a calcare la scena è il sassofonista Francesco Cafiso di Vittoria in Sicilia dove organizza un festival. Enfant prodige su cui scommette nel 2003 il compositore Winton Marsalis di New Orleans, che lo inserisce nella sua band in una tournée in Europa quando l’artista ha soli quattordici anni. E’ stato un assoluto protagonista spaziando da Umbria Jazz a New York. Poi tocca ad Antonio Onorato con la sua chitarra, napoletano con origini a Lacedonia , apprendimento da Pat Metheny, chitarrista del Missouri, intensa spiritualità, ”Siamo tutti uno “, ricorda, ed aggiunge “ Dentro di me Napoli e il Mediterraneo”, anche se la sua musica contiene tutti i Sud del mondo e non si lascia sfuggire l’occasione per un invito alla pace e al disarmo. Esegue il pezzo Tre quarti e un po’ e orgoglioso del premio saluta in particolare Stefano Giuliano e Dario Deidda. Ed è la volta di Simona Bencini, già Dirotta su Cuba, dalla voce raffinata e versatile che si è reinventata. E’ il turno di Giovanni Amato di Nocera Inferiore, un trionfo con la sua tromba che squarcia il silenzio attento. Non ama parlare ma suonare, tra i suoi riferimenti certamente Freddie Hubbard di Indianapolis. Tecnica impeccabile, rigoroso, nella motivazione del premio il suo “ straordinario lirismo”, è definito il poeta della tromba. Ed ora è il carismatico abruzzese di Atessa, Max Ionata, al sassofono, che riconosce il debito musicale con gli Usa , il suo riferimento è stato Stan Getz, sassofonista statunitense. Ricorda “ Baronissi Jazz” , nata nel 1995, primo classificato nel 2000, con direttore e inventore del festival Stefano Giuliano che, di fronte alle incertezze di allora del teatino sul proseguire nel campo musicale, ieri sera gli ha ricordato la risposta secca che gli diede “ Se non lo fai tu chi lo farà?”. La Campania ritorna con il talentuoso Walter Ricci, cantante che pone l’accento sul dialetto. i suoi viaggi in America lo hanno spinto ancora di più ad una fusione, con l’approdo alla Tarantella Jazz. Si esibisce anche al pianoforte e ricorda di aver iniziato come appassionato di Sergio Bruni e Roberto Murolo e sul versante oltreoceano di Frank Sinatra. E al piano è Danilo Rea, che dal jazz è passato alla collaborazione con i maggiori cantanti italiani, da Mina a Gino Paoli. I suoi concerti con solo piano durano un’ora, senza interruzione. La sua capacità di improvvisazione è enorme come sottolinea lo scrittore Diego De Silva che è un suo ammiratore. Rea ricorda che già all’età di ventuno anni si esibiva con Rino Gaetano e Riccardo Cocciante. Si è di fronte ad un gigante nel panorama musicale. L’ottavo, il londinese Tony Momrelle, è considerato l’erede di Steve Wonder e della sua spiritualità. Una passione infinita per il canto, il presentatore Nick , che non ha mancato di esibirsi, ha rilevato che anche a tavola non smette di farlo. Un grande legame fra loro e ha aggiunto che in America quando il rapporto è molto stretto si dice “Sei mio fratello di un’altra madre”.
In conclusione un gioioso gran finale con gli artisti richiamati sul palco. Di nuovo ognuno ha cantato o suonato, poi tutti insieme appassionatamente con un assolo di chiusura di Fasano alla batteria. Una serata memorabile per Salerno con artisti amanti della città che il giorno prima del concerto sono stati notati in giro per le vie cittadine. Il brillante duo che ha coordinato chiude con la sottolineatura che la musica jazz si inserisce con prepotenza nella ricca offerta turistica ed offre un contributo notevole alla crescita culturale della città dell’Irno.