Grasso è bello? Sì e no. Se le guance paffutelle del neonato, ricordandoci i cuccioli di Walt Disney, ci fanno tenerezza, se i fianchi morbidi e rotondi di una ragazza le conferiscono un certo appeal, ad altre forme di grasso la società moderna ha dichiarato una guerra senza quartiere, additandolo come il nemico numero uno. L’avversario da combattere e piegare al mito imperante del fisico magro, asciutto e scattante.
Ma è davvero così dannoso avere qualche chilo in più? No, il grasso non va demonizzato perché, lungi dall’essere un organo inerte, è un “laboratorio biologico” in grande fermento che svolge tante funzioni. Certo, non bisogna esagerare.
Il 36% della popolazione italiana è in forte sovrappeso e il 20% è francamente obeso. Fatto che attenta alla salute e alla longevità perché i molti chili di troppo (non i 2-3 chiletti in più rispetto al peso forma) spianano la strada a patologie quali insulino-resistenza, diabete, sindrome metabolica, aterosclerosi e incidenti cardiovascolari, come ictus e infarto. Senza contare che anche il cervello invecchia prima e che gli obesi, come insegna il Covid 19, sono più vulnerabili alle infezioni.
Bisogna quindi mantenere il peso in equilibrio, senza allarmarsi se l’ago segna un chilo in più, ma evitando di scivolare nel sovrappeso patologico e nell’obesità.
Per scoprire luci e ombre del grasso corporeo, abbiamo intervistato il professor Pier Luigi Rossi, docente di Scienza dell’Alimentazione all’Università di Siena-Arezzo, autore del libro Un corpo nuovo – Conosci il tuo grasso sano e vivi in salute (e a lungo) (ed. Aboca, 20 €).
Quali sono le funzioni dell’adipe?
Tante e tutte preziose. “Coibenta” il nostro organismo, nel senso che ci protegge dal freddo mantenendo stabile la temperatura corporea. Forma le membrane cellulari e ne garantisce la permeabilità selettiva. Fornisce una riserva energetica importante, sempre a disposizione del nostro corpo. È il più importante “serbatoio” di cellule staminali mesenchimali, madri di altre cellule, che hanno il compito di rigenerare tutti i tessuti organici, mantenendoli giovani e vitali. Pensate: ogni ml di grasso racchiude in media 4500 cellule staminali, mentre nel midollo osseo (la seconda “riserva aurea”) la loro concentrazione va dai 100 ai 1000 per ogni ml.
Nel grasso, inoltre, viene depositata la vitamina D, assunta attraverso l’alimentazione o sintetizzata dalla pelle sotto l’azione dei raggi solari, e oggi sappiamo che il tessuto adiposo dialoga costantemente con il sistema nervoso e il cervello attraverso una fitta rete di messaggeri chimici. Infine, il grasso produce ben 600 proteine fondamentali per il metabolismo energetico, nonché diversi tipi di ormoni.
Come capire se ne abbiamo troppo?
L’ago della bilancia non è l’unico indicatore. Meglio affidarsi a un medico per fare l’impedenziometria, l’esame che analizza la composizione corporea. Ecco i parametri ideali.
MASSA GRASSA: Nella donna la massa grassa non deve superare il 24% della composizione corporea, nell’uomo il 20%. La donna, infatti, ha circa il 30% di grasso in più, utile per affrontare la gravidanza, il parto e l’allattamento. resistenza insulinica e diabete
RAPPORTO GIROVITA/ALTEZZA: Un altro indicatore che ognuno può misurare tranquillamente a casa propria, con un centimetro da sarta, è il rapporto tra girovita e altezza. Dividendo il primo per il secondo, il risultato dev’essere uguale o inferiore a 0,49 nella donna e a 0,53 nell’uomo. Se i valori rilevati sono al di sopra, significa che c’è eccesso di grasso e che occorre adottare delle strategie di riduzione del tessuto adiposo, puntando sui due pilastri della salute: dieta e attività fisica.
Esami del sangue: quali valori bisogna ricercare per un check-up completo?
Chi sa di avere troppi chili da smaltire dovrebbe monitorare i valori ematici, almeno una volta all’anno. Occorre misurare la glicemia e l’insulina a digiuno, onde scoprire per tempo le alterazioni metaboliche che portano al diabete (stato di insulino-resistenza). Ma anche valutare l’assetto lipidico. Non soltanto colesterolo totale e frazionato e trigliceridi, come viene prescritto di routine, ma anche i cosiddetti FFA (Free Fatty Acids), cioè gli acidi grassi liberi che circolano nel sangue e che, se in eccesso, combinano un mare di guai.
La loro concentrazione non deve superare i 40 mg/100 ml. Oltre, significa che i trigliceridi racchiusi negli adipociti sono aumentati a tal punto da dilatarne il volume. Un po’ come l’aria insufflata in un palloncino. Per non esplodere, ecco allora che gli adipociti rilasciano in circolo una grande quantità di FFA. Entrando nel torrente ematico, questi causano un’infiammazione multiorgano. Dapprima è il grasso stesso che si infiamma. Poi questa infiammazione, trainata dalle citochine proinfiammatorie come l’interleuchina 6 e il TNF alfa, arriva a toccare gli altri organi e persino il cervello. Tant’è che si parla di neuroinfiammazione e di conseguente decadimento cognitivo, che si instaura più precocemente nei pazienti obesi o in forte sovrappeso proprio perché sono molto infiammati, anche se in maniera silente.
Inoltre gli FFA, queste molecole di grasso che viaggiano nel sangue come una mina vagante, se in eccesso arrivano a infiltrare gli organi interni: fegato, pancreas, cuore, intestino e muscoli. È il caso della steatosi epatica, nota come “fegato grasso”, che viene riscontrata nel corso di un’ecografia addominale anche nei giovani. Ed è anche il caso della sarcopenia, cioè del muscolo infiltrato di grasso che si indebolisce sempre di più. Avete presente le persone che si appoggiano al tavolo per alzarsi dalla sedia? Un altro esame per sapere se il grasso ha generato infiammazione sistemica è la proteina C reattiva.
La parola dieta è il fattore-chiave: quanti e quali grassi bisogna introdurre al giorno?
Un adulto deve introdurre una media di 40 g di grassi al giorno. Oltre alla quantità, occorre prestare attenzione alla qualità delle molecole lipidiche. «Vanno bene i grassi monoinsaturi e polinsaturi presenti nel pesce, nei semi oleosi, nell’olio extra vergine di oliva, nella frutta secca a guscio, nei legumi, nelle uova e nei formaggi di capra», suggerisce il professor Rossi. «Taglio netto, invece, per i grassi saturi di origine animale che contengono frazioni lipidiche (come l’acido stearico, palmitico e miristico) che risultano infiammatorie e tendono a ostruire le arterie con i depositi di colesterolo e trigliceridi. Com’è noto, i grassi saturi a lunga catena abbondano nei formaggi stagionati, negli insaccati, nelle carni rosse a taglio grasso (specie nella zona della pancia del maiale o del manzo), nel burro, nella panna e nelle margarine. Tutti alimenti il cui consumo va ridotto per mantenersi in buona salute».
Anche i grassi vegetali non sono sempre salutari. Pensiamo all’olio di palma, ricchissimo di acido palmitico, e a tutti gli oli di semi (di arachidi, di colza, di girasole) che apportano una quantità eccessiva di Omega 6, a partire dai quali vengono sintetizzate molecole dannose per l’apparato cardiovascolare quali l’acido arachidonico e i trombossani. L’olio di girasole, ad esempio, viene impiegato in modo eccessivo a livello industriale: è presente nei prodotti da forno, negli inscatolati e persino nei fiocchi di cereali per la colazione, nei gelati, nei budini, nella maionese, nei latti vegetali (soia, cocco, riso, mandorle e avena) ai quali viene addizionato per aumentarne la palatabilità.
«Questa invasione di olio di girasole nuoce alla salute perché ha troppi Omega 6, che sono appunto i precursori di composti chimici biologicamente attivi e dannosi. Pensate, nell’olio di girasole il rapporto tra Omega 6 e Omega 3 è 71:1 quando dovrebbe essere 4:1», avverte Rossi. «Gli Omega 6, cioè, devono essere presenti nel nostro organismo in misura quattro volte superiore agli Omega 3, non di più. Consiglio quindi di leggere le etichette quando si fa la spesa, per vedere i grassi usati come ingrediente. Come condimento, va privilegiato l’olio evo, che può essere mescolato a quello di lino o di canapa, preziosa fonte di Omega 3».
È vero che anche i carboidrati aumentano le riserve organiche di grasso?
Vero. Se si introduce una quota di carboidrati superiore a quanto richiesto dal nostro dispendio energetico, questi vengono immagazzinati nel fegato e trasformati in glicogeno, cioè in carburante per i muscoli e il cervello. Una volta raggiunta la saturazione dei livelli di glicogeno, l’eccesso di glucosio e di fruttosio viene trasformato in grassi di deposito. Si formano così delle scorte “non necessarie” di acidi grassi, tra cui l’acido palmitico che scatena infiammazione e crea insulino-resistenza. Alla fine della catena di trasformazione dei carboidrati, si formano così troppi FFA che attentano al nostro equilibrio. Per questo c’è un legame tra obesità, diabete e malattie cardiovascolari.
Troppi carboidrati equivalgono a troppi grassi, a un metabolismo glucidico e lipidico che va in tilt. La parola moderazione, quindi, è d’obbligo. E se non riesci a dimagrire, consulta un dietologo, un biologo nutrizionista o uno specialista in scienza dell’alimentazione. Ti aiuterà a ritrovare nel piatto i tasselli sparsi di quel grande mosaico chiamato salute.
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