Enzo De Caro e Nunzia Schiano rileggono Moliere. Ad andare in scena il primo febbario, al Teatro Comunale di Lacedonia, è “L’Avaro Immaginario”. Sette quadri, un prologo e un epilogo. Un viaggio nel teatro, quello di Molière, un viaggio nel tempo, quello del Seicento, reale e immaginario, di Oreste Bruno da Nola, e la sua famiglia. Lo spettacolo esplora le dinamiche dell’avidità e delle relazioni umane, offrendo spunti di riflessione sul valore delle cose e delle persone. Una fuga: dalla peste, da una terribile epidemia che ha costretto i Nostri a cimentarsi in un avventuroso viaggio verso un sogno, una speranza o solo la salvezza. L’avvicinamento anche fisico a Parigi, al teatro di Molière, la “corrispondenza” che il capocomico invia quotidianamente all’illustre “collega”, la forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel tempo con quella francese di Molière. Si avverte l’importante eredità del rivoluzionario pensiero di Filippo, detto poi Giordano, uno zio prete di Oreste Bruno. In particolare, “L’Avaro” e “Il Malato Immaginario” sono stati i due titoli a cui, una generazione dopo l’altra, i De Filippo, padre e figlio, hanno dedicato seppur con differenti approcci la loro attenzione, sia teatrale che umana, dal momento che per entrambi, come del resto per Molière, il confine tra la rappresentazione teatrale e la vita, è stato davvero sottile